MEMORABILIA: TANGO DE POLVO Y TIEMPO

Ogni attraversamento del proprio passato si compie fatalmente tra la polvere e il tempo, immergendosi tra le nebbie dell’ oblio, per riemergere alla luce di bagliori sprigionati da un sole che è sempre quello nero della melanconia. Affrontare questo viaggio, in fondo, costituisce sempre un momento del presente che paradossalmente riflette sul futuro. O meglio, su quella parte del futuro contro cui desideriamo ribellarci, perché coincide con un destino di cui non riusciamo ad essere artefici. Questo accade nell’impalpabile tragitto di cui Norah è protagonista, sotto l’effetto emozionale del suo ennesimo ritorno a Buenos Aires, questa volta definitivamente e dopo aver lasciato dall’altra parte dell’oceano l’amato fratello. Con se il ritorno di Norah porta l’agghiacciante presagio che non avrebbe più visto Georgie e che la sottile quanto profonda frattura apertasi molti anni prima, incrinando il loro rapporto affettivo, non si sarebbe mai più potuta ricomporre. Nell’imprescindibile anarchia aurorale con cui si erano consumati gli anni, le vite di Norah e Georgie avevano accolto nel loro cuore quei sentimenti di assenza, nostalgia e solitudine che erano divampati nel tango, attraverso i suoi poeti e con la complicità evocativa di struggenti melodie. Un tango che non era più quello gioioso e spregiudicato che Norah e Giorgie spiavano nell’adolescenza, appostandosi eccitati dietro le inferriate del cancello di casa.
Un tango che si era trasformato nella cartina di tornasole delle frustrazioni amorose e dell’estraneità alle regole del mondo, testimoniando febbrilmente quanto l’uomo fallisce la coincidenza con il suo essere. Con la stessa cadenza penetrante di questa forma del tango, Norah si racconta in un ostinato, incantatorio soliloquio ormai equivalente alla sua stessa esistenza, colta per impulsi nell’istante del trapasso verso la propria verità, tra le impennate e le ricadute di una percezione che fluisce intrecciando ininterrottamente luoghi, affetti, introspezioni. Così le sue magnetiche riflessioni sembrano superare le parole, allargarsi, eccedere persino l’intonazione musicale che trascina i concetti nella regione remota del non verbale, dove sono sfumati in un dolce abbandono che misura la lontananza da qualsiasi riscatto. E’ la certezza che la vita è tutta svanita nelle occasioni mancate, avvolta dall’inquietante silenzio che la parola non è riuscita ad infrangere: reliquiario d’ombra dove si celebra la liturgia del vuoto. 
 








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