MEMORABILIA: ANHAI, CLAIRE, VICKY

                                                                                                                                                                                                                                                      

(nota di copertina del cd Ricordando Astor Piazzolla e i suoi tanghi)


 Tu bruja Buenos Aires goza y dice:

                                                                                                    “Te amo,  Astor, mi Mozart milonguero”,

                                                                                                             y allà, en las azoteas de tus tangos,

                                                                                                         benedice tus dos manos con un beso....

 Horacio Ferrer


Come in un teatro dove si replica ostinatamente una sorta di “recherche du temps perdu” che fascia con il suo manto l’amore, le passioni, la rabbia e l’umanità, l’opera di Piazzolla mette in scena le mille figure della nostalgia. Le sfumature del loro profilo, del loro respiro ritmico, si delineano come ispirate dal mormorio di  quel reticolo di strade infinite  che è una metropoli moderna quale Buenos Aires. Piazzolla la ausculta con orecchio di sciamano , traducendola in una musica che si identifica con essa , forte dell’energia inesauribile di un Re Lear che distilla verità e bellezza dal suo stesso dolore. Questo panorama in cui si innesta la musica di Piazzolla è stato messo a fuoco impeccabilmente dalle dieci interpretazioni che Anahi Carfi, Claire Ibbott e Vicky Schatzinger hanno raccolto in questo cd. Il loro approccio parla dell’intima confidenza che il trio ha con questo seducente repertorio. Le sentiamo ogni volta mettere il dito nel cuore delle partiture per farcele conoscere non solo attraverso i loro ingranaggi ben lucidati da un’esecuzione accurata, ma soprattutto tra le pieghe della loro essenza. Questo frutto palpitante è maturato conquistando il delicato equilibrio tra la rigorosa eleganza dell’impostazione classica e lo charme   riverberato da quella fonte vischiosa e decadente che è l’origine popolare del “ nuevo tango”. Una intensa vitalità ritmica, ricca di infinite soluzioni dona all’intera seduta d’incisione un passo straordinariamente sciolto che riflette una simbiosi nell’ispirazione interiore, o, con Benjamin, “uno stesso atteggiarsi delle mani” che guida in un unisono spirituale le diverse pronuncie. 


Nel calcolo che ha precisato gli effetti degli arrangiamenti sta l’anima manierista del progetto, il suo doppio fondo, ovvero la sua strategia esecutiva nel tessere i fili che formano il leggero taffettà musicale. Eppure nessuna tendenziosità “ a tavolino” ci può apparire così invisibile, quindi giusta ed intrinseca ai diritti reclamati dalla scrittura originaria dei brani. Virato ai filtri di una favolosa lontananza oltreoceanica, l’ascolto ci invita a fantasticare come  un sogno consumato sulla comoda poltrona  salgariana. Le pagine sono altrettante tappe sentimentali che non portano quei leziosi  “colori pastello” tanto detestati allo stesso Astor  , ma una delicatezza che sa essere tenera e forte , una tensione nutrita d’ardore, come se fossero percorse dalla sete di celebrare le vita in quei brevi momenti per cui è valsa la pena di viverla.  Il piano si intreccia al forte, l’acuto al grave in una polifonia mobile e cangiante, il chiaro si alterna allo scuro come in quella pittura fiamminga dove gli squarci di luce fermano il tempo per denunciarne la perdita. Così Adios Nonino, è l’eco struggente di un obolo di dolore ispirato alla scomparsa della figura paterna, mentre,  La Muerte de l’Angel, si apre con il gioco ad incastri di una fuga, disegnando la propria struttura a strati sovrapposti ed ondosi. Alla melodia “ lagrimosa” di Oblivion, accademia del puro piacere per la “revèrie”, fa seguito il taglio cristallino e fosforico di Escualo, episodio che mette in rilievo la solidità ritmica del trio e in primo luogo il violino di Anahi Carfi, qui padrona di una tecnica virtuosa, come in altre composizioni sa essere incline alla malinconia , raccogliendo ed intarsiando un dionisiaco piacere per l’abbandono. 


Le quattro stagioni si Buenos Aires,  Invierno, Otono, Primavera e Verano, sono inventate da Piazzolla su una forma strutturale  pressochè identica , alternando un ritmo carico e appassionato a parentesi liriche nel quale lo splendido cello di Claire Ibbott sospira, colando miele e altro miele sul rosso delle ferite aperte da quelle melodie melanconiche. Tangata si avvia vaporosa e sospesa, di una leggerezza fatta d’aria o di fili f’erba, di pioggia finissima o di maestrale, proiettando lievi campiture di colore che tengono ai margini le ombre e i tremori. Nello svilupparsi di questa suggestione, la partitura mette in chiaro un arazzo che pullula di dettagli. Tra questi , l’assolo di pianoforte conferma l’intensità con la quale Vicky Schatzinger fa propri i caratteri esclusivi dell’universo poetico di Piazzolla. La chiusura, quasi un’elogio alla semplicità,  è affidata a quella felicissima e bruciante composizione intitolata Libertango che nell’interpretazione registrata, mostra tutta la forza della sua immediatezza per sfumare nel finale come l’ultima finissima sabbia di una clessidra.

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