DIECI DOMANDE A MAJAKOVSKIJ



 

DIECI DOMANDE A MAJAKOVSKIJ

Caleidoscopio cubofuturista

di Franco Finocchiaro


con:

Paolo Agrati, voce recitante

Franco Finocchiaro, contrabbasso


La Rivoluzione Russa ha più di un secolo! Incarnazione dell’Utopia di un mondo in cui i diritti dell’uomo siano finalmente universali, la sua traiettoria ideale è fatalmente andata in collisione con una realtà che ha messo in campo tutte le sue armi per restare sommariamente uguale a quella che era. Certo molte cose sono cambiate da allora e milioni di uomini, anche senza averne coscienza, hanno potuto beneficiare delle posizioni conquistate dalle lotte fondate sulla teoria marxista e sulla strategia leninista. Negli anni dell’incubazione rivoluzionaria, in quelli della sua nascita e in quelli della sua giovinezza, la Poesia ha avuto un ruolo straordinario annunciando il mondo nuovo attraverso una poetica radicale come un tabula rasa. Il fenomeno ha riguardato tutti gli “ismi” che nell’urlare la loro posizione d’avanguardia rispetto ai consolidati sistemi della cultura borghese, sono diventati la voce di un’arte eversiva, dove l’obiettivo classico della bellezza era programmaticamente sostituito con una ricerca concettuale eccentrica. 



In Russia questi esperimenti furono appannaggio di un Futurismo certamente diverso da quello dei seguaci di Marinetti in Italia.  In questo quadro avanguardista si colloca l’opera poetica e teatrale di Vladimir Majakovskij che il poeta ha messo al servizio della Rivoluzione, cantandone gli eroi e i capisaldi teorici su cui si fondava.  Presto, purtroppo si accorse che l’entusiasmo dei primi anni della repubblica, in cui i suoi versi erano acclamati, era virato in un atteggiamento critico da parte dei vertici del Partito: da incensato “poeta operaio”, si ritrovava ad essere ritenuto solamente un “compagno di viaggio”, qualifica che mal celava i sospetti nutriti nei suoi confronti.  In tutto questo, giocavano un ruolo importante  le sue imprese amorose, vissute su basi libertarie e libertine. 



Lo spettacolo “Dieci domande a Majakovskij”, dipinge uno dei possibili ritratti del Poeta sottolineando tutti questi aspetti, in cui la sua vita privata si incrocia con i personaggi e gli eventi della storia, con le loro utopie e le loro disillusioni. La trama della narrazione parte da un avvenimento realmente accaduto, in cui Majakovskij durante una sua turnèe di reading nelle provincie, si è messo a disposizione per incontrare un gruppo di operai che non avevano trovato posto  per l’appuntamento previsto in una Casa del Popolo gremita all’inverosimile.  Gli operai sono chiamati a elencare dieci domande a cui il Poeta risponderà in quel pomeriggio d’inverno.



Lo spettacolo è strutturato in un tempo unico, con monologhi congegnati da Franco Finocchiaro e liberamente tratti dai poemi majakovskijani, a cui si alternano e/o si sovrappongono gli interventi musicali. Mentre Paolo Agrati interpreta i testi utilizzando tutta una varietà di soluzioni sonore sottolineandone il carattere,  la musica di Franco Finocchiaro al contrabbasso, è completamente improvvisata e un alcune circostanze il suo strumento è trasfigurato in un oggetto da percuotere, partendo dalle impressioni emozionali evocate dal testo: per questo ogni recita ha un carattere di irripetibilità. Insomma un caleidoscopio di soluzioni che vanno da momenti struggenti di melodismo ad episodi di vulcaniche esplosioni sonore, reinventando la temperie cubofuturista, in empatica sintonia con il vertiginoso spirito  majakovskijano .

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