FONDO BACCIOCCHI. NEW ORLEANS A MILANO

 


Il fondo donato dalla famiglia di Roberto Bacciocchi rappresenta un patrimonio unico nell’ambito delle collezioni italiane di supporti fonografici analogici e digitali, in quanto la raccolta riguarda specificatamente le origini del jazz a New Orleans e buona parte delle prime fluorescenze che hanno fatto di questa musica una delle principali risorse nell’espressione sonora del ‘900. Inoltre il valore aggiunto di questo fondo è che a raccoglierlo non è stato un collezionista appassionato, bensì un musicista che con la sua tromba e la sua voce ha approfondito sul campo tutte le sfaccettature multiculturali e stilistiche sviluppatesi dai primi blues rurali all’apoteosi formalizzata da Jelly Roll Morton a King Oliver fino ad Armstrong, interessando una miriade di musicisti. Pertanto i contenuti della ricca collezione di titoli riprendono scrupolosamentegli stili e il pathos di quella aurorale stagione discografica, inaugurata nel 1917 con la grande migrazione a Chicago, dove la maggior parte dei musicisti di New Orleans è approdata quando la congiuntura bellica ha trasformato il vivacissimo porto della Luisiana in un hub militare con la conseguente dismissione del French Quarter dove la vita notturna era animata dalle virtù della musica e da tutti i tipi di vizi. I






nsomma, un polo attrattivo che non si addiceva al rigore della disciplina militare a cui dicevano obbedire gli innumerevoli equipaggi delle navi da guerra attraccate nella rada. La straordinaria epoca degli esordi discografici ci ha lasciato in eredità opere capitali del jazz come quelle registrate dal giovane Louis Armstrong a capo di formazioni leggendarie, ma anche di altri giganti che tutti gli appassionati del jazz conoscono e amano. Oltre a questo significativo drappello di artisti, sono esistiti a New Orleans musicisti che non hanno lasciato testimonianze in quell’età dell’oro, ma hanno dovuto saper invecchiare aspettando la seconda occasione che si è spalancata quando ha preso piede un fenomeno di revival della musica di New Orleans. In questa fase, e siamo già nella seconda metà del ‘900, la produzione discografica è stata prolifica, recuperando nomi di musicisti che potevano testimoniare di prima mano quello che era il suono, il repertorio, lo spirito di New Orleans. Questa seconda ondata è stata anche ispiratrice di jazz band nate in tutti gli angoli del mondo, con il culto per quella musica e le ambizioni di riprodurla coltivando severe ambizioni filologiche. Milano ha partecipato con alcune formazioni riconducibili a questo fenomeno e tra queste, dai primissimi anni ’70, l’Olympia Ragtime Jazz Band che ha visto Roberto Bacciocchi tra i fondatori e leader indiscusso nell’indicare il solco espressivo in cui il  gruppo doveva riconoscersi. 



Olympia Ragtime Band

Un solco sostanzialmente arcaico in cui l’improvvisazione collettiva in auge tra i musicisti afroamericani di New Orleans non era stata ancora battezzata con il nome di jazz. In questo contesto di esperienza spontanea e sorgiva la musica accompagnava la vita sociale dei neri e dei creoli nelle occasioni di festa eccitando nella danza i corpi degli ascoltatori, ma essendo protagonista nei momenti più dolorosi delle cerimonie funebri che la musica accompagnava in maniera ambivalente: profondamente triste prima della sepoltura, follemente allegra al termine della funzione. In questo quadro la cornetta di Bacciocchi si intreccia con le linee disegnate dagli altri strumenti suonati dai compagni dell’Olympia Ragtime Band, declinando un linguaggio quasi dimenticato e squisitamente, orgogliosamente inattuale, quasi a suggerire lo snobismo di chi è consapevole di essere fuori posto come un’esteta decadente che è il più sincero e fiero dei resistenti. Un primitivismo amato e metabolizzato, affatto ellittico e tantomeno infiorettato di virtuosismo, coltivato come ebbrezza di quella semplicità che sa assumete il peso specifico di uno stile. 


Roberto Bacciocchi con Franco Finocchiaro

Per esercitarlo in tutte le diverse opzioni, nel repertorio che Bacciocchi ha proposto con il suo gruppo, oltre agli indispensabili cavalli di battaglia dell’epoca, prevedeva anche le silly song spensierate e sciocche, lo spanish tinge che includeva i ritmi caraibici, naturalmente il blues anche declinato come spirituals di carattere religioso. La collezione di vinili e cd donati alla Biblioteca contiene tutti questi aspetti tipici nelle interpretazioni di esemplari protagonisti del jazz tradizionale ma anche in quelle di una miriade di artisti pressoché sconosciuti ai più. A corollario non mancano testimonianze discografiche di illustrissimi artefici del jazz classico e del mainstream, come Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Ben Webster…., e del rivoluzionario jazz moderno come Charlie Parker, Clifford Brown, Thelonious Monk. A fronte di questo breve rendiconto si può immaginare il Fondo Bacciocchi come il riuscito, dettagliato, imprevedibile autoritratto che Roberto ci ha lasciato di sé. 

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