SMITHSON, DALL'ACCUMULO ALLA LAND ART, PASSANDO PER IL MINIMALISMO

Una delle prime esposizioni ospitate nella fiammante galleria dell’americano George Lester che si affacciava su Via Mario de’ Fiori 59, fu quella del ventitreenne Robert Smithson che in seguito ha raccolto una considerevole fama come land Artist. Per quella prima esperienza romana del giugno 1961, Smithson inviò una serie di disegni, guache, inchiostri e collage, di piccolo e medio formato, che nella lettera d’accompagnamento alle opere chiamò “i dipinti che rappresentano la mia crisi spirituale”in cui traspaiono due posizioni contraddittorie: l’attrazione per il cattolicesimo e il bisogno di rovesciarlo. Tra le opere risalenti a quell’epoca, oltre a quelle focalizzati su una iconografia cristiana, ce ne sono altre che possono essere inquadrate in una ispirazione più pop e realizzate con un sovraccarico di materiali eterogenei che includevano l’iconografia della pubblicità e quella dell’immaginario storico artistico della Città Eterna, insieme a disegni acquarellati realizzati dall’artista secondo modalità che ricordano la spontaneità di certi esperimenti automatici dei surrealisti. Tra queste il collage/guache intitolato Creeping Jesus dove insieme a un Cristo crocefisso ci sono suggestioni che rimandano al consumismo contemporaneo mutuato dall’America dream con l’inserto dell’immagine di un automobile, di un frammento di slogan commerciale, d donnine in costume entusiaste del bollitore o del ferro da stiro appena acquistati…e trasformate da Smithson, un pò psichedelicamente, in sante. Pochi anni dopo, verso il 1965, i vorticosi accumuli si esauriscono nell’abbraccio alle teorie minimaliste e quindi alla land art che nel 1969 sperimentò anche a Roma versando un’enorme colata di asfalto giù per il pendio di una cava abbandonata lungo la Laurentina. Queste forme di sculture monumentali legate alla fascinazione per la geologia e le stratificazioni minerali, per l’entropia e per gli earthworks, le aveva definite come “sedimentation of the Mind”.