MEMORABILIA N°7: IL SOGNO E IL CORPO
Tra le passioni che rapiscono gli argentini, oltre al tango ed al calcio c’è sicuramente il cinema. La settima musa ha entusiasmato il giovane ed eterogeneo popolo dei nuovi argentini, sin dalla prima decade del novecento in cui i pionieri del cinema muto realizzavano corti metraggi sperimentali. Prestissimo, ancor prima che il cinema giungesse al sonoro, dopo aver conosciuto tutti i passaggi che sarebbero arrivati alla sincronizzazione su di uno stesso supporto, i soggetti scelti per le sceneggiature includevano il tango con i suoi elementi fondanti che già ricoprivano un ruolo mitizzato nell’immaginario collettivo. Da quell’epoca aurorale e smarrita, il tango ha avuto nel cinema argentino un ruolo importantissimo non solo perché ispirava i copioni, ma perché prestava al grande schermo alcuni dei suoi più celebri interpreti a partire da Gardel, seguito dal suo epigono Hugo del Carrill, da Libertad Lamarque, da Tita Merello, da Alberto Castillo, da Homero Manzi, massimo tra i poeti del tango oltre che prolifico sceneggiatore e regista cinematografico.
La traiettoria di questo matrimonio felice, prosegue con vitalità mescolando il sogno ed il corpo: Il sogno delle storie e il corpo dell’attorialità; il corpo dei ballerini di tango e il sogno che evoca nei loro movimenti la sua musica. Così, anche in questi ultimi decenni di revival mondiale del tango, si moltiplicano film di finzione e documentari, imperniati sui vari aspetti di questa cultura. La rassegna presentata al MIC esplora soprattutto la filmografia più recente, per far posto a pellicole di natura e linguaggio diversi, dove il tango è presente nel ruolo di protagonista drammaturgico ma anche in quello meno esplicito dello spirito narrativo, come avviene nelle tre meravigliose opere di Pino Solanas inserite nel programma ed assolutamente imperdibili per gli appassionati di cinema e di tango. In questo quadro non potevano mancare pellicole mai entrate nel circuito della distribuzione europea, come El ultimo bandoneon e El Polaquito, e che quindi proposte in prima visione assoluta.
Tra i momenti più caratterizzanti del cartellone, ci sono due appuntamenti particolarmente significativi che qualificano la profonda relazione culturale intercosa da sempre tra il nostro paese, l’Argentina e il tango. Il primo riguarda il film italiano intitolato El Gaucho e diretto da Dino Risi nel 1965. Il regista racconta con un umorismo dai risvolti amari, le vicende di un Vittorio Gassman, stereotipo dell’ esuberante italianità all’epoca boom economico, che fa parte di una delegazione approdata a Buenos Aires per piazzare un film in un festival e trovare i finanziamenti necessari a concluderlo. Il secondo riguarda la partecipazione dell’Orquesta Minimal Flores del Alma, formata da musicisti italiani da diversi anni impegnati con successo internazionale, alla divulgazione del tango con progetti di varia natura. Ospiti della serata conclusiva, i musicisti riproporranno un’atmosfera analoga a quella delle sale cinematografiche di Buenos Aires nella seconda decade del novecento, dove la musica dal vivo e soprattutto il tango, accompagnava le proiezioni dei film muti. La scelta del materiale filmico, oltre a un delizioso Chaplin, è caduta su due pellicole della prima decade del ‘900: anonime, suggestive e altrettanto rare queste opere si presentano in sognanti immagini dipinte a mano. Ma il clou è riservato ad uno dei capolavori che Luis Bunuel ha realizzato nella sua epoca di visionario surrealista al fianco di Salvador Dalì: si tratta di Le chien andalou, unico film muto di Bunuel, che il regista presentò nella temperie avanguardistica del 1929, occupandosi personalmente di scegliere e diffondere con un fonografo come un dj, la colonna sonora nella quale figuravano due tangos. Le composizioni scelte per questa impresa delicata ed elettrizzante, appartengono al repertorio del tango contemporaneo, musica raffinata e bellissima che l’Orquesta Minimal Flores del Alma propone in esclusiva con il benestare degli autori, entusiasti per gli arrangiamenti originali realizzati da Franco Finocchiaro. Insomma, un programma eterogeneo ed allo stesso tempo coeso nel raccogliere con spirito e curiosità, i diversi modi che legano il tango alle immagini, alle sceneggiature, all’identità nazionale desiderata e inventata dagli argentini per sentirsi un popolo. Anche in queste forme il tango sa convincerci per l’ennesima volta, che nel labirinto del suo cuore prolificano meravigliosi segreti e che l’ultima parola sulla sua proteiforme cultura non potrà mai essere detta.
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