FRANCO BATTIATO MISTICO D'AVANGUARDIA

E’ certamente limitativo inquadrare un artista eccentrico come Franco Battiato in quello che possiamo chiamare il panorama della canzone d’autore italiana, sia per l’originalità dei testi, che per l’ispirazione musicale assolutamente eccentrica. Proprio partendo dall’aspetto musicale va ricordato innanzitutto che dopo gli esordi dei secondi anni sessanta, francamente imbarazzanti e testimoniati da una serie di singoli da juke box, il compositore siciliano ha avuto una sorta di illuminazione che lo ha indirizzato verso una formazione accademica, sfociata nel campo sperimentalista più trasgressivo che, all’epoca, era del tutto anti accademico. Il musicista che ha contribuito a sedurlo, indirizzandolo verso il radicalismo elettronico, è stato niente di meno che Karlheinz Stockhausen. E questa stima era così reciproca che proprio il musicista tedesco, a cui il giovanissimo Battiato era riuscito a regalare il suo primo lp Fetus fresco di stampa, in una intervista alla domanda di chi fosse il musicista italiano che lo stimolava di più, rispondeva Franco Battiato. E Sockhausen nel 1974 lo dimostra concretamente invitandolo in Germania per proporgli di interpretare la prima assoluta della sua opera Imori, per mimo e orchestra: a Franco sarebbe toccata la parte del mimo legata ad una partitura di complessità iperbolica e di lettura indecifrabile per il ventinovenne catanese, ancora molto incerto anche nel solfeggio canonico. Tornato in Italia fermamente deciso a colmare le sue lacune, nello stesso anno incide l’album Clic, influenzato dai suggerimenti del Maestro di Colonia e dedicato a lui. A completare l’affresco, va ricordato che cinque anni dopo e al culmine dei suoi più spericolati happening sperimentali, Battiato si aggiudica il concorso pianistico internazionale denominato Karlheinz Stockausen, presentando la composizione L’Egitto prima delle sabbie, che darà il titolo ad un long playng concettualmente minimalista dove la suonerà l’eccelso pianista Antonio Ballista, avvitandosi ossessivamente nell’ininterrotta ripetizione di un solo accordo, sortito utilizzando gli armonici ottenuti attraverso il pedale dello strumento, per una durata complessiva di quattordici minuti. Nella sfera della musica contemporanea sono rubricabili diversi lavori coevi, tra tutti il long Playng M.elle Le Galdiateur del 1975, che in brani quali Orient Effect rimanda a Ligeti con cluster apocalittici che hanno scosso l’organo monumentale della Cattedrale di Monreale, dove è stato registrato con il preoccupatissimo disappunto del parroco turbato dai suoni diabolici fatti fuoriuscire dalle canne abituate alla rigorosa disciplina di Bach e degli altri autori canonici. La fuoriuscita da questa fase, avviene così di soppiatto con l’album del nuovo corso Adieu/San Marco che verrà firmato dai due fantomatici pseudonomi, il cantante Astra e l’autore Albert Kui, seguito da L’era del cinghiale bianco firmato in prima persona da Battiato arresosi alla necessità, come ha dichiarato, “di mangiare”. E il piatto diventa ricco per via di un pubblico sempre più ampio, con una consacrazione popolare nel 1981 quando esce il disco La voce del padrone dove è inciso Centro di gravità permanente, un titolo di grandissimo successo ma importante soprattutto per un legame che probabilmente le moltitudini non colgono. E questa volta il legame non riguarda più lo sperimentalismo musicale di uno Stockhausen, bensì le teorie di Georges Gurdjieff, un cultore delle filosofie orientali ma anche una guida spirituale, nata nel 1877 ad Alessandropoli, in Armenia. Qui è come se quello Stockhausen lasciato alle spalle dal punto di vista musicale, continuasse ad agire come motore messianico della ricerca filosofica e da lì teologica verso il sacro. Un sacro che Battiato ha costantemente inseguito da dilettante senza aderire mai ad una confessione: su questo tema ripeteva “io sono religioso e basta”. Il suo continuo approfondimento interiore fatto attraverso la musica, ha beneficiato nella parte finale della carriera della collaborazione con Manlio Sgalambro, filosofo schopenaueriano con uno spiccato senso per l’ironia e siciliano anch’esso. La loro è stata una collaborazione dialettica che non ha spostato le posizioni di Battiato dal suo orientamento verso le filosofie orientali con una particolare curiosità verso la cultura sufi, ma sentendosi libero di scrivere una Messa Arcaica con i canonici Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei, presentandola nel 1993 nella Basilica di San Francesco d’Assisi. Questo approdo definitivo alle sfere della trascendenza è giunto attraverso diverse tappe, dal cantare l’amore con nostalgia ad un’acida critica verso il potere, mischiando anche le lingue con una pronuncia non proprio perfetta, dall’inglese al napoletano, fino al persiano, in un caleidoscopio di suoni, parole e visioni che ha regalato al suo pubblico fino al giorno ha sentito di aver raggiunto la meta della sua vita, e per questo ha scelto il silenzio e la clausura. Aveva esaurito il tragitto indicato dal precetto di Gurdjieff : “il tempo è prezioso, non sprecarlo per cose che non siano in rapporto con la tua meta”.

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