SENZA POSA. Musicisti, poeti, artisti nella Milano delgi anni '80
Il florilegio di immagini scelte da Carla De Bernardi per la mostra Senza Posa che ha avuto luogo alla Biblioteca centrale del Comune di Milano nella sua sede di palazzo Sormani, riguardano l’impegno che la fotografa ha profuso nel documentare importanti incontri culturali avvenuti nella Milano virtuosa degli anni ’80. Il materiale riguarda in special modo le serate istituzionali organizzate in collaborazione con il Teatro Alla Scala dagli Amici della Scala, l’associazione costituita nel 1978 da meritori custodi dell’epica scaligera, e guidata da una lungimirante figura femminile, passionalmente dionisiaca e biologicamente empatica, come quella della fondatrice Anna Crespi Morbio. Questi appuntamenti, tutt’altro che invischiati nella retorica dei polverosi cerimoniali salottieri, hanno visto sfilare personalità aureolate, protagonisti apodittici che dal cielo platonico del loro genio, hanno illuminato di bellezza e intelligenza la seconda parte del Novecento, non solo nel perimetro del nostro Bel Paese ma in tutto il globo terraqueo. I loro talenti spaziano dall’editoria alla poesia, dal teatro alla regia, dall’architettura alla letteratura, seppur in gran parte si siano manifestati gloriosamente attraverso la musica, scritta, cantata, diretta, interpretata. Tutti i ritratti riguardano quindi figure emblematiche, intrinsecamente percepite con riconoscenza e come solenne espressione di una società intellettuale che coniuga i suoi indubbi privilegi elitari, con la coltivazione di un rosaio erudito messo generosamente a disposizione di chi desidera ammirarne la rigogliosa fioritura. L’allestimento della mostra di Palazzo Sormani ha seguito una sequenza dal principio musicalmente ritmico, dove le fotografie sono state incorniciate singolarmente ma anche in dittici o trittici, secondo ragioni di affinità e coerenza. Per quel che riguarda il titolo dell’esposizione, questo ha giocato su un doppio significato. Da un lato suggerendo l’infaticabilità con cui la De Bernardi ha seguito e fotografato gli ospiti illustri che si alternavano in una lunga serie di serate indimenticabili; dall’altro, indicando il criterio estetico che questo ragguardevole lavoro ha inteso seguire minuziosamente: sorprendere i soggetti dei ritratti e dei gruppi figurali, cogliendoli in quella spontaneità che sarebbe venuta a mancare se il contenuto delle fotografie fosse stato preparato preventivamente.
(Gae Aulenti e Luca Ronconi)
Questa esperienza senza posa suggerisce quindi la constatazione di essere di fronte ad una commossa testimonianza di verità, che unita alla galanteria quasi arcadica dei soggetti scoperti fuori dal fuoco della loro specifica ribalta, ha ricoperto il ruolo di denominatore comune tra gli scatti esposti. Bisogna sottolineare come l’esercizio di questa improvvisazione sia un compito complesso dove l’intuizione, l’ispirazione e la divorante curiosità della fotografa devono essere disciplinate da una tenace attesa, pronta al fulmineo riconoscimento di quel lampo di vita dileguante in cui tutto è perfetto. Quell’unico istante in cui la plasticità delle forme immortala il carattere del soggetto, intrecciandosi prodigiosamente alle sfumature dei bianchi, dei grigi e dei neri, con raffinate corrispondenze semantiche che catturano la poesia silente annidata nel luminoso linguaggio fotografico. Poesia di espressioni che colgono in una sorta di casta semplicità, lo Stimmungbilder, vale a dire spirito invisibile dei personaggi ritratti; di arcobaleni luminosi in chiaroscuri che ondeggiano nel mistero delle ombre tra la compattezza del nero e la trasparenza del bianco; di composizioni in perfetto equilibrio spaziale tra i volumi; di pratica esperta nel rigoroso gioco geometrico di forme dove agiscono insieme attenzione e abbandono. Poesia che strappa dall’oblio il momento in cui lo scatto è stato prodotto, raccogliendo l’immateriale della memoria per includerlo nel momento eterno dell’opera fotografica, ben oltre al puro valore di testimonianza documentale. Poesia che emerge da una sensazione di perdita di fronte a tutti gli indimenticabili personaggi che osserviamo e che non sono più con noi. Poesia che scaturisce dalla sensazione che queste perdite non hanno lasciato posto ad uno svuotamento, ma agiscono su di noi in una forma per così dire terapeutica, continuando a germogliare emozioni e bellezza e quindi curandoci dal languore in cui versa la sensibilità contemporanea, precipitata nel disincanto collettivo. Poesia mite e irriducibile, nutrita dall’elegante leggerezza con cui Carla De Bernardi realizza il carattere prismatico del suo stile sensibile, coltivando il suo rosaio erudito per far sbocciare una rigogliosa fioritura di immagini. (Franco Finocchiaro)
Questa esperienza senza posa suggerisce quindi la constatazione di essere di fronte ad una commossa testimonianza di verità, che unita alla galanteria quasi arcadica dei soggetti scoperti fuori dal fuoco della loro specifica ribalta, ha ricoperto il ruolo di denominatore comune tra gli scatti esposti. Bisogna sottolineare come l’esercizio di questa improvvisazione sia un compito complesso dove l’intuizione, l’ispirazione e la divorante curiosità della fotografa devono essere disciplinate da una tenace attesa, pronta al fulmineo riconoscimento di quel lampo di vita dileguante in cui tutto è perfetto. Quell’unico istante in cui la plasticità delle forme immortala il carattere del soggetto, intrecciandosi prodigiosamente alle sfumature dei bianchi, dei grigi e dei neri, con raffinate corrispondenze semantiche che catturano la poesia silente annidata nel luminoso linguaggio fotografico. Poesia di espressioni che colgono in una sorta di casta semplicità, lo Stimmungbilder, vale a dire spirito invisibile dei personaggi ritratti; di arcobaleni luminosi in chiaroscuri che ondeggiano nel mistero delle ombre tra la compattezza del nero e la trasparenza del bianco; di composizioni in perfetto equilibrio spaziale tra i volumi; di pratica esperta nel rigoroso gioco geometrico di forme dove agiscono insieme attenzione e abbandono. Poesia che strappa dall’oblio il momento in cui lo scatto è stato prodotto, raccogliendo l’immateriale della memoria per includerlo nel momento eterno dell’opera fotografica, ben oltre al puro valore di testimonianza documentale. Poesia che emerge da una sensazione di perdita di fronte a tutti gli indimenticabili personaggi che osserviamo e che non sono più con noi. Poesia che scaturisce dalla sensazione che queste perdite non hanno lasciato posto ad uno svuotamento, ma agiscono su di noi in una forma per così dire terapeutica, continuando a germogliare emozioni e bellezza e quindi curandoci dal languore in cui versa la sensibilità contemporanea, precipitata nel disincanto collettivo. Poesia mite e irriducibile, nutrita dall’elegante leggerezza con cui Carla De Bernardi realizza il carattere prismatico del suo stile sensibile, coltivando il suo rosaio erudito per far sbocciare una rigogliosa fioritura di immagini. (Franco Finocchiaro)
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