KARI HOTAKAINEN E L'IMMIGRAZIONE URBANA
Ed è Ilona, una trentunenne psicologa che si è arrabattata come postina, televenditrice, animatrice di un circolo parrocchiale, ad essere l'incaricata di vagliare i profili degli aspiranti baraccati. E' lei che ci accompagna a scoprire la sfilata dei soggetti sgangherati che ambiscono ad essere scelti per figurare tra i beneficiari del nuovo progetto abitativo. Ed è donna anche la seconda protagonista del romanzo: quella che occupa il più alto posto di responsabilità amministrativa della città. La Presidente. Per lei i giorni di lavoro sono un ininterrotto rosario di nastri da tagliare o di “Giornate” da celebrare con pomposi discorsi dai contenuti evanescenti. Ma un bel giorno questo turbinoso tran tran a cui si era prestata per senso delle istituzioni, gli appare insopportabile. In quella mattinata liberatoria il suo dissenso è clamoroso perché manifestato in pubblico, nell’occasione dell’ennesima inaugurazione con tanto di nastro rituale. La cerimonia avrebbe dovuto glorificare un nuovo spazio adiacente alle baraccopoli e chiamato Area Ricreativa che altro non era se non un luogo precedentemente coltivato da veri agricoltori. La contingenza economico politica li aveva costretti ad abbandonare il loro mestiere, perché l’unica alternativa sembrava rimasta quella di accalcarsi tra gli altri diseredati per cercare un lavoro in città. Il paradosso è che in quella Area Ricreativa, l’amministrazione aveva previsto di assumere dei contadini che lavorassero per finta, diventando l’attrazione dimostrativa attraverso cui i giovani avrebbero potuto vedere in cosa consisteva quella nobile professione che aveva perso ogni speranza per il futuro. Ma il discorso della Presidente questa volta ha il coraggio di denunciare una situazione indigeribile per l’establishment, dichiarando che “nessuna città potrebbe esistere nemmeno un momento senza i contadini!”. Teniamolo a mente ogni volta che ci propongono un pane congelato, proveniente dalla Germania con grano rumeno, perchè è più conveniente che produrlo in loco: a meno di andare nelle boutique del pane che si affacciano sulle strade della ztl e pagare il lusso della sua esclusività che, lo dice la parola, esclude buona parte della popolazione. E aggiungo che uno scrittore finlandese mi stupisce ancora una volta per l’ironia corrosiva con cui approfondisce un argomento così drammatico, convincendomi che il collega Mauri Antero Numminen o il cineasta Aki Kaurismaki, sono tutt'altro che casi isolati di surrealismo critico finlandese. Chi ha assistito al recentissimo Book Pride milanese ha avuto la fortuna di incontrare Hotakainen alla presentazione di questo graffiante resoconto che ha denunciato dalle frontiere dell’immaginario, una prospettiva non così remota a cui stiamo andando incontro.
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