Le promesse di felicità dello scollocarsi: decroissance tout suite!




Simone Perotti ha abbandonato il lavoro che lo ha accompagnato per vent'anni abbandonando la città per un indirizzo rurale dove la vita scorre molto più piacevolmente di prima tra il beneficio di un meraviglioso tempo libero ed una sobrietà che lo ha spogliato delle abitudini inutili a cui ci ha abituato il consumismo.
In quest'ambiente purificato dal lavoro alienato Perotti scrive provando a convincere chi desiderebbe fare la stessa scelta ma non ne ha il coraggio, scrivendo saggi. L'ultimo di questi si intitola Ufficio di scollocamento e l'autore ne parla ad Affari Italiani con la giornalista Maria Carla Rota nell'intervista che è riportata di seguito. Intanto l'Ufficio di Scollocamento è nato per davvero ed è possibile raggiungerlo dalla rete: http://scollocamento.ilcambiamento.it/


"Ufficio di scollocamento". Un'idea che lei aveva lanciato nell’ultima pagina di “Avanti tutta” (Chiarelettere, 2011). Sembrava una provocazione, e invece...
"Invece all'inizio del 2012 è nato il primo 'Ufficio di scollocamento', che sta svolgendo il suo lavoro in Lombardia, Lazio e Umbria. Volutamente non abbiamo brevettato l'idea, ma l'abbiamo lasciata a disposizione di tutti, come proposta di intrapresa organizzativa".
Che cosa fa un 'Ufficio di scollocamento'?

"Organizza incontri, corsi e tutoring con l'affiancamento di diverse professionalità: psicologi, filosofi, coach, ma anche artigiani, agricoltori ed esperti di energie rinnovabili. L'obiettivo è aiutare a prendere coscienza e imparare a vivere in un modo diverso, senza temere la perdita del ruolo sociale".



In che fase della crisi siamo?
"Innanzitutto diciamo che questa è una crisi definitiva, non congiunturale. E che comunque è una crisi minima, la vera crisi è quella che vivono i Paesi del terzo Mondo. Comunque, ormai tutti abbiamo capito che cosa sta accadendo. La promessa che tutti avremmo avuto una bella vita in cambio dell'adesione totale allo schema del lavoro sempre e comunque non ha funzionato. Oggi, se riunci a fare il violinista per essere ingegnere, non trovi comunque lavoro. Se mi chiede di lavorare 50 anni, il sistema deve darmi la possibilità di crescita professionale e di pensione alla fine. Invece non è così. Il sistema non è in grado di drenare tutte le risorse lavorative. Acquisita questa consapevolezza, sono in tanti a voler cambiare. Ma non c'è, come avveniva in passato, nessun intellettuale 'illuminato' in grado di proporre un'alternativa. Ognuno in questa crisi si muove individualmente, scollocandosi dalla sua precedente condizione".
Lei ha fatto una scelta radicale.
"Io lavoro quanto serve, però vivo in modo monastico e sobrio. Faccio quello che voglio, sia chiaro. E così sto bene. Basta poco per sfuggire al consumismo e lavorare quel tanto che basta per soddisfare le mie esigenze. Però alla base c'è un passaggio interiore fondamentale: io mi faccio forza della mia sobrietà, non la considero una iattura. Certo, ho dei momenti bui: ogni tanto mi chiedo che cosa ci faccio in mezzo a un bosco quando un tempo avevo tre segretarie e un autista a disposizione. Ma sono momenti che capitano a tutti, è naturale, anche nel caso della scelta più meditata e convinta".
Come si può vivere low cost? Su quali aspetti 'tagliare'?
"La casa, per esempio. In Italia ci sono tantissime abitazioni da ristrutturare e a basso prezzo, perché in luoghi poco frequentati, dove non c'è molto lavoro. Ma se uno si scolloca, non è un problema. Poi il cibo: io non ho un retroterra cittadino, ma ho imparato a farmi l'orto e per almeno otto mesi l'anno vivo con i prodotti della mia terra, che baratto anche con i vicini di casa. Insalata in cambio di uova, per esempio. Ci si può anche organizzare per l'autoproduzione energetica e si possono condividere le dotazioni, come la lavatrice, con altre famiglie. Le case stesse si possono condividere. Io ho vissuto sei mesi in un barca, con uno spazio a disposizione che era poco più di mezza stanza. In un appartamento da 130 metri quadrati ci sono zone dove non vai mai. La convivenza è anche divertente e soprattutto anti-solitudine, di cui tanto ci si lamenta oggi. Insomma, ci sono paradossi risolvibili in modo intelligente".
Come lavoro?

"Innanzitutto sfruttare le capacità e le doti che uno ha. Riparare i propri oggetti non è una perdita di tempo, è un guadagno. Perché così non si ricompra. Non genero consumismo, non genero rifiuti, imparo qualcosa. l'assurdità è che oggi tutti ci dichiariamo appassionati ed esperti di bricolage, ma poi nessuno sa riparare una finestra. E comunque in Italia ci sono 50mila posti di lavoro manuale inevasi, dal pasticcere al falegname. Ma  tutti vogliono il lavoro con la cravatta. Io per guadagnare lavo le barche, così evito anche la palestra".

Alla politica che cosa si sente di dire?
"Camusso, Bersani and company non pensano alla felicità dei cittadini, ma solo al fatto che siano occupati. Sono tutti sulla biscaglina e ci vogliono far salire, non importa se la nave sta affondando. La Concordia è una perfetta metafora del nostro Paese. I passeggeri si sono dati il comando di abbandono nave da soli, c'è stata una specie di ammutinamento. E purtroppo alcuni hanno perso la vita perché ormai la nave era troppo inclinata. Qui tutti aspettiamo un comando che non arriva oppure, se arriva, è sbagliato. Noi siamo in ritardo, dobbiamo prendere iniziative in autonomia. Perché qui le dichiarazione di Bankitalia coincidono con quelle della Cgil: tutti dicono che serve lavorare di più, in più, per più tempo. Invece, bisogna lavorare tutti, ma meno, facendo cose diverse e vivendo anche in modo diverso. E bisogna farlo in fretta, perché nonc'è più tempo. Continuare ad aderire a una promessa sbagliata è la prima correità dei cittadini".
Maria Carla Rota

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