Chi sogna il pane è un uomo affamato: proverbio greco.


La tragica congiuntura greca è artefice di casi assai bizzarri tra cui quello della storica Eleni Nicolaidou che scrivendo per la casa editrice Oxigono un libro inerente alle sue ricerche intorno alla condizione del popolo greco durante l’occupazione nazista, è balzata in testa alle vendite senza l’aiuto di nessun particolare sostegno dai mezzi d’informazione, ma attraverso il passa parola.



Il tema trattato dal libro è sembrato perfetto per diventare un ironico cadeau  natalizio già alla fine dello scorso anno, in quanto sulle 200 pagine si potevano recuperare le ricette povere che all’epoca del secondo conflitto mondiale venivano pubblicate sui principali quotidiani greci Kathimerini e Athinaikai Nea.

Certamente il titolo ha fatto il resto, toccando lo spirito ironico che conosciamo nel formidabile popolo greco: “Ricette al tempo della fame”.

Come sappiamo quel tempo racchiuso tra il 1941 ed il 1944, dopo aver fatto capolino durante la tragica parentesi dei colonnelli, oggi è tornato in una forma ancora più incomprensibile visto che in questo caso la fame non è l’effetto collaterale di una guerra sanguinosa o di una dittatura militare palesemente oppressiva.

Oggi la guerra si fa con le armi violente dell’economia, quelle delle speculazioni finanziarie, e la dittatura è imposta con i bei modi rassicuranti di chi detta le regole del gioco monetarista.

 I greci, per primi in Europa, stanno provando sulla propria pelle l’azione congiunta di questa guerra e di questa dittatura contemporanea. Le imposizioni hanno significato pesanti decurtazioni dei salari e delle pensioni con l’azzeramento della tredicesima.

Gli effetti macroscopici, sul piano alimentare, sono la drastica diminuzione del consumo di carne e l’offerta dei negozi che sono semivuoti: l’organizzazione greca dei consumatori, la KEPKA, stima che il 90% dei connazionali sono stati costretti a cambiare abitudini alimentari quasi sempre in una direzione non salutista ma in quella economica che li fa mangiare alimenti a buon mercato ma di qualità scadente.

Ma la situazione dall’apparizione del libro nelle librerie all’inizio del 2011 è riuscita addirittura a peggiorare verso un destino che per ora tiene i greci nel quadro della moneta unica, semplicemente perché, nonostante facciano la voce grossa, la finanza e i suoi burattinai avrebbe un contraccolpo pericoloso ed imprevedibile.

In ogni modo il successo della Nicolaidou ha moltiplicato l’offerta con ristampe di libri ormai scomparsi dalla circolazione. Ecco quindi La cucina delle circostanze, del 1943, scritto da Themos Potamianos un autore molto popolare in quel periodo; oppure Est del gusto Di Ioanna Arampatzi-Giannoudaki, dove sono documentate le ricette appartenenti ai rifugiati greci di Smirne nel 1922.

Anche in Spagna, altro paese toccato pesantemente dalla crisi, l’argomento culinario incrociato con quello della guerra, quella civile che ha frastornato il paese tra il 1936 ed il 1939, ha visto l’uscita il commovente libro “La cuoca di Bonaventura Durruti. La cucina spagnola al tempo della guerra”, scritto da un anonimo.



In questo caso la protagonista è Nadjeta detta Nadine, una giovane studentessa di medicina che si è unita alla guerriglia antifranchista, occupandosi della cucina per la colonna militare Durruti: la vediamo in copertina mentre innesca un ordigno incendiario.
I fogli sparsi e legati alla rinfusa, sono stati trovati negli anni ’70 tra un lotto di scritti provenienti dalla guerra di Spagna, alla mitica libreria Pinkus di Zurigo e nella loro definitiva risistemazione hanno dato luogo a capitoli ordinati coma un qualsiasi libro di ricette dai primi piatti ai dessert: l’edizione italiana dell’editrice DeriveApprodi di Roma, gode dell’introduzione di Luigi Veronelli e rispetto alle pubblicazioni greche ha visto la luce molto prima, nel 2002.
Questo libro unisce alle ricette anche un commovente diario di ricordi da cui cito il seguente passaggio: “Siamo andati all’assalto, cantando, tra i fiori e i venti profumati dell’estate, adesso, stiamo assistendo, impotenti, alla fine… Natale è alle porte, abbiamo deciso di preparare un po’ di frittelle. È l’ultima volta che cuciniamo, e molte di noi le impastano di lacrime. Domani si parte per una missione di sangue e di speranza, stanotte, invece, ci sporcheremo le mani di farina, di zucchero, di cannella e d’amore. 26 gennaio 1939, Barcellona è caduta…”
Quando Barcellona cade, il gruppo si deve dividere, ma prima c’è il tempo per un’ultima sangria he sa di sangue e anarchia: “…infine, preparammo una sangria, se ne incaricò Estrella che, da ragazzina, ha lavorato in una ‘bodega’ di Maiorca. Per un litro di vino rosso, callet, tempranillo o manto negro, sono i migliori, perché sono fruttati, ci spiegò Estrella, ci vogliono un’arancia, un limone, due pesche bianche e mezzo melone. Separate le scorze dagli agrumi, tagliandole a spirale. Mettetele nel vino, aggiungeteci questi tagliati a fettine per il largo, le pesche, senza il nocciolo, tagliate a spicchi, il melone tagliato a fettine sottili. Versate nel vino due o tre cucchiai di zucchero, un bicchierino di brandy, un chiodo di garofano. Aggiungete un bicchiere di acqua e ghiaccio, agitate con cura e servite…” 
Interessante anche il corredo fotografico. C’è un primo piano di un pneumatico militare sovietico “più pericoloso dei commissari politici russi”.

Augurandoci che nel nostro paese non si debbano affrontare circostanze così dolorose da essere costretti a fare economie domestiche che ci riporterebbero ai tempi oscuri della guerra, è chiarissimo il fatto che oggi giorno anche da noi le famiglie hanno già iniziato a ridurre i consumi anche nel campo alimentare.

E già c’è l’editore Vallardi ripubblica la copia anastatica del il libro di Lunella De Seta intitolato La cucina del tempo della guerra, “manuale pratico per le famiglie”, con oltre trecento ricette “del poco e del senza” e un’appendice in cui trova posto l’inno al “valore delle briciole”.



La prima edizione era in commercio nel 1942 per i tipi fiorentini di Salani che intorno al 1880 avevano pubblicato Il Re dei cuochi, scritto da Cesare Causa, autore in questo caso coperto da anonimato ma conosciuto per di diversi libretti mondani quando non licenziosi(anche questo libro, molto più corposo di quello della De Seta con oltre 800 ricette, è stato ripreso recentemente da Vallardi in copia anastatica dall'edizione 1905 di Salani, arrivando alla quattordicesima edizione in 130 anni).

A quell’epoca il kilometrozero auspicato dai consumatori più esigenti di oggi, si chiamava tristemente “autarchia”.

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