SRORIE DI PERIODICI PREZIOSI - N°2 - ARTECRAZIA

 


La testata Artecrazia è stata soggetta a un girandola di evoluzioni editoriali che ne hanno modificato la modalità di pubblicazione, il formato e, frequentemente, i sottotitoli. Il nome di Artecrazia compare in seno al progetto del periodico Futurismo ideato da Mino Somenzi che in un primo momento avrebbe dovuto intitolarsi «Futurismo. Libro-giornale dell’Artecrazia italiana». La complessa vicenda di Futurismo si concluderà con il n° 59 del novembre 1933, per trasformarsi in Sant’Elia fino alla fine del 1934. Però la nuovissima testata conterrà una sezione intitolata proprio Futurismo  a partire dal n° 3,  fino al n. 69 (15 giungo 1934). Qui riemerge Artecrazia come supplemento volto a raccogliere i manifesti futuristi, da quello della fondazione del movimento nel 1909, a quello inerente all’architettura di Antonio Sant’Elia; da quello di Prampolini intitolato L’atmosfera scenica futurista con un articolo sull’architettura di Quirino De Giorgio, a quello  sull’areopittura del 15-30 luglio 1932. Nel suo passaggio da quindicinale a settimanale, il formato diventerà ancor più grande, associando inizialmente il sottotitolo “Settimanale dell’artecrazia italiana”, quindi quello di “Settimanale del futurismo e mondiale” che dopo pochi mesi tornerà quindicinale. La traiettoria dell’elegante pubblicazione di Somenzi è destinata a un brusco arresto. Eppure l’intellettuale ebreo è un convinto sostenitore delle politiche fasciste e addirittura promotore del  «futurfascismo», col quale si vuole dare identità futurista al processo di diffusione popolare della cultura messo in atto dal regime durante gli anni Trenta. Ma l’infatuazione precipita quando il fascismo decide di importare dalla Germania hitleriana il concetto di “arte degenerata” con le note implicazioni razziali. Infatti, malgrado l’impostazione di questa fase, la testata continua a  sostenere l’arte moderna e un Marinetti ormai caduto in disgrazia presso un’ideologia che si scopre antagonista dell’arte d’avanguardia.  I due numeri usciti alla fine del 1938 saranno fatali e la  rivista sarà prima sequestrata, quindi soppressa durante l’anno successivo.



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