I MALEDETTI RITORNANO



Ancora oggi i capolavori registrati dagli Area (International Popular Group) non hanno perso lo smalto della loro delirante lucidità, nutrita dall’ambizione di mettere a punto un programma poetico rivoluzionario che non è altro se non un programma esistenziale, fondato sul dettato sentimentale di una precisa scelta morale e della sua tensione schierata nel fertile campo della controcultura degli ani ‘70. Valerio Scrignoli e Enrico Merlin affrontano con rara coerenza otto tra i capolavori del visionario repertorio registrato da questo gruppo iconico per la mitica etichetta Cramps, mettendo a punto un omaggio che è memoria culturale liberata da ogni deriva retorica. I due chitarristi governano il loro obiettivo con disinvoltura, secondo una prassi trasformativa che decostruisce la polifonia multiculturale delle composizioni scritte dagli Area e articolate con un vocabolario estetico dai molteplici piani linguistici. 


Valerio Scrignoli e Enrico Merlin alla Fondazione Mudima con un'opera di Nanni Balestrini sullo sfondo

Questi presupposti di originalità si nutrono di una curiosità aperta e circolare che stimola puntigliosamente nuove corrispondenze semantiche, favorendo la realizzazione di un manufatto musicale da considerare come una piccola avventura miracolosa. I due interpreti sanno prendersi la libertà dura, pura e ringhiante di sperimentare, accompagnando l’ascoltatore in una sorta di odissea sonora dai ruvidi attriti. Rispetto alle registrazioni degli Area, i brani vengono tormentati e piegati da idee che ne determinano la metamorfosi, modificandone la morfologia melodica, armonica, timbrica, ma conservandone il telaio mentale, quello morale e dei significanti per distillarne il pathos originario. La manipolazione attraversa una folta foresta di relazioni acustiche intrecciando imprevedibili vortici secondo le regole della più raffinata narratologia: un luna park variopinto dove le chitarre arrivano ad essere trasfigurate per dar luogo ad un’affascinante fucina di veleni timbrici, equilibrati, evocativi, astratti. 




L’interplay flessibile con cui interagiscono Scrignoli e Merlin, compone e scompone la tela della veste mitopoietica di una materia musicale esplorata combinando l’aspetto logico razionale e quello dell’intelligenza delle emozioni. Nei loro sortilegi agisce un pensiero di vitalità drammaturgica, realizzando impasti che sovrappongono strati sonori dai differenti PH, con il ricorso generoso ad una varietà di colori timbrici ed excursus dinamici che espongono la musica ad abrasioni folgoranti. In questo orizzonte concettuale tutto fluisce secondo soluzioni dinamiche e mutevoli, sottili e precise come i filamenti di un ragno: alcune di queste soluzioni conducono tra i mulinelli di un suono che sembra annidarsi nell’oscurità di inquietanti labirinti con agglomerati di note eccentriche ma assolutamente congrue; altre precipitano nell’evanescenza di cullanti sequenze oniriche che restano solennemente impenetrabili anche ad una analisi che faccia uso dei consueti strumenti della musicologia.  Altre ancora assumono la funzione di asse cartesiano intorno al quale ruota tutto il resto e sono formate da figurazioni ritmiche che si ripetono ossessivamente, in alcuni casi scandite con un suono accuratamente scelto e che fa pensare ai movimenti dell’ingranaggio di un automa o alla imperterrita regolarità di un pendolo. Infine va sottolineato il fatto che nell’ideazione degli arrangiamenti sono stati pensati elementi di intertestualità poetica, iniettando pagine di propria composizione nel corpo delle elaborazioni relative al materiale di partenza riguardante la scelta di brani degli Area. L’insieme di queste strategie accompagna il metabolismo percettivo nel corto circuito di una musica materica dallo sviluppo irrequieto, carica di sfumature e sottili slittamenti, plastica e asimmetrica, catalizzatrice di riflessioni che punteggiano l’ascolto con una messe di interrogativi. 



E questo straniamento virtuoso è il valore aggiunto della magnifica interpretazione che Valerio Scrignoli e Enrico Merlin offrono confrontandosi con la musica degli Area. In un periodo alquanto avaro di novità musicali che possano dirsi significative, il grande merito di questo lavoro, che Scrignoli e Merlin hanno intitolato Maledetti in omaggio ad uno storico album degli Area, è che i due chitarristi sembrano seguire alla lettera quella preziosa cautela che suggerisce di non evitare troppo i rischi durante un qual si voglia percorso di rivisitazione. Mi sembra il modo migliore per dimostrare come l’interpretazione che fa emergere lati inesplorati di un’opera possa renderla francamente contemporanea. I “maledetti” sono tornati.

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