Yves Klein e il collezionista argentino


I francesi, così immedesimati nel senso dello Stato, e in un  orgoglio nazionale ai confini dello sciovinismo, per potere amare Lucio Fontana così profondamente come lo amano, dicono di lui che è "il più francese degli artisti italiani".


Per l'artista di natali argentini il 2014 è stato l'anno segnato da due grandi eventi. Il primo riguarda il grande ritorno a Parigi dopo la mostra personale che gli è stata dedicata tra il 1987 e 1988 al Centre Pompidou, questa volta con una retrospettiva al MAM. Il secondo è l'appuntamento nella sua Milano, accompagnato dalle opere dell'amico Yves Klein in una esposizione allestita al Museo del Novecento fino al prossimo ottobre 2015: “Klein, Fontana. Milano, Parigi 1957-1962”.


Nella mostra milanese le opere dei due dialogano intrecciando tele monocrome, tagliate, forate, o con impronte antropometriche, ma anche sculture, disegni e un prezioso materiale documentario a testimonianza degli effervescenti episodi creativi accaduti nel periodo definito nel titolo della mostra. Un periodo conclusosi con la prematura scomparsa di Klein all'età di trentaquattro anni, a causa dell'ultimo di una serie di tre infarti che lo hanno colpito tra il maggio e il giugno 1962.

Una scena di Mondo cane dove è ricostruita nella maniera lasciva
che tradisce lo spirito della performance Anthropométries de l’époque bleu

Il primo di questi accade a causa della grande delusione per il modo in cui il suo lavoro è stato documentato nel film Mondo cane diretto da Paolo Cavara e proiettato al Festival di Cannes il 12 maggio.

Saut dans le vide, foto(montaggio) di Shunk-Kender del 23 ottobre 1960

Tra questi documenti spiccano alcune azioni di Klein che sono già orientate verso la performance come le celebri fotografie in cui l'artista nizzardo, vestito di tutto punto fino al papillon, si lancia da un muro affacciato su una strada parigina: il gesto era nato come protesta contro la NASA che progettava allora di mandare un uomo sulla luna. Naturalmente il volo è protetto in quanto alcuni suoi allievi della scuola di judo in cui insegnava, sorreggono un telo affinchè l'artista possa cadervi senza alcun danno fisico.


Daniel Moquay e Philippe Siauve, rispettivamente direttore e responsabile a Parigi degli Archivi Klein, hanno trovato in un pacco spedito a New York la foto del back stage del salto nel vuoto

Una di queste fotografie figura sulla prima pagina di un quotidiano ideato da Klein affinchè uscisse in un numero unico (!) la domenica 27 novembre del 1960. La tiratura in seimila copie di questo "journal d'un seul jour" va a ruba e i fortunati lettori che sono riusciti ad accaparrarsene una, possono leggere le strampalate iniziative dell'artista....come la teoria del teatro del vuoto.


Questi gesti, smarcano Klein anche da quella che il critico francese Michel Tapiè aveva nominato nel 1952 "art informel", portandolo sul piano strettamente concettuale. Già nel 1948, all'età di venti anni, Klein concepisce addirittura un'opera musicale che è un'equivalente sonoro di quella che sarà la sua pittura monocroma: Symphonie monoton-silence, dove una sola nota è seguita da un lungo silenzio. Anche la sua pittura si nutre di questo approccio come quando darà luogo alla serie chiamata "Antropometrie". In questi lavori che hanno anticipato la body art e venivano realizzati come performance di fronte al pubblico, una modella nuda era imbrattata di colore divenendo un "pennello vivente": il suo corpo dipinto messo a contatto con la tela, lasciava l'impronta che sarebbe diventata la sostanza astratta dell'opera. Da parte sua Fontana condivide questa idea di arte, dichiarando: "i miei non sono quadri, sono concetti d'arte". La differenza generazionale tra lui e Klein, si percepisce in quanto Fontana  circoscrive la sua azione alla scultura e alla pittura, senza entrare nel campo provocatorio della performance.  


Il 9 marzo 1960 si apre Anthropométries de l’époque bleue alla Galerie Internationale d’Art Contemporain di Parigi. Klein coniuga la tecnica dei “pennelli viventi”, con l’esecuzione della Symphonie monoton-silence

Dall'altra parte, la pratica dell'arte non figurativa, attraverso i concetti spaziali di Fontana e i monocromi blu di Klein, cerca di esprimere la dimensione spirituale che già a cavallo tra gli anni '50 e gli anni '60 sembrava essersi smarrita a vantaggio di quella sottile dittatura consumistica e capitalista smascherata nel 1967 da Guy Debord con il suo celebre saggio La Société du Spectacle. Quando Debord dice che lo spettacolo è un rapporto sociale tra persone mediato dalle immagini, o che lo spettacolo è il brutto sogno di una società incatenata, esprime in chiave socio politica quello che artisti quali Klein e Fontana attaccano per via estetica.


Fontana tagliando e forando la tela  con un punteruolo, come estremo gesto scultoreo che lo riporta ai suoi anni di apprendistato nella scultura a Buenos Aires, cerca la via di fuga in uno spazio metafisico o ancora più precisamente cosmologico. In questa nuova fenomenologia dell'arte la ricerca dell'infinito dopo la materia stringe un contatto con il sacro già avvicinato in diverse occasioni come ad esempio nel caso delle formelle preparate per la porta del Duomo di Milano o in quello della Via Crucis bianca del 1955. La relazione con la Veneranda fabbrica del Duomo è ostacolata più volte dalle esigenze della curia, fino a che Fontana si ritira dal progetto; La Via Crucis bianca invece, si trova a Milano nel quartiere Lorenteggio-Inganni presso la cappella della Casa Materna da Bolchini dell'Acqua progettata dall'architetto Marco Zanuso. Un sacro che supererà questa apparente complicità con la chiesa cattolica e il suo mondo, con la serie di ovali del 1963-64 intitolati senza veli "La Fine di Dio".

Lucio Fontana, non è un santo

Klein identificandosi in quel blu Giotto astratto e a-dimensionale, cerca la via di fuga nel bizzarro triangolo mistico dove convivono l'adesione giovanile alla bizzarra setta rosacrociana che aveva rapito anche l'eccentrico Erik Satie; una palese discendenza orientale sperimentata attraverso la fisicità spirituale dello judo, approfondita durante un lungo viaggio in Giappone; la paradossale devozione cristiana per Santa Rita da Cascia in favore della quale realizzò addirittura un ex voto.

ex voto per Santa Rita da Cascia

Le ricerche che i due artisti sviluppano nei loro studi hanno quindi un contenuto chiaramente concettuale e, per così dire, fondante una società dello spettacolo alternativa a quella denunciata da Debord. Con loro ci sono altri sperimentatori di prima linea come ad esempio, per restare a Milano, Piero Manzoni. In questo clima di incandescente ricerca Milano è in prima linea e nel 1957, appoggiato dal geniale critico d'arte Pierre Restany, Klein espone a Brera, nella minuscola e mitica Galleria Apollinaire di Guidi Le Noci. Si tratta di undici tele rettangolari identiche che Restany definisce "fenomeni di pura contemplazione" dove il "blu autonomo è disancorato da qualunque giustificazione funzionale...padrone assoluto della più definitiva tra le frontiere liberate".




Sono tutte dipinte con una resina sintetica di un blu d'oltremare molto luminoso che Klein ha battezzato col suo nome (International Blue Klein, in acronimo IBK) e che secondo Restany "domina, comanda, vive". Alla Apollinaire non mancavano nè il nuclearista Manzoni, già indirizzato teoricamente verso una sacralità magica , nè Fontana che inizierà lì ad acquistare le opere di Klein diventando nel corso degli anni a venire il suo maggior collezionista in Italia. Lo nota Dino Buzzati nella sua recensione sul Corriere della Sera che, dopo aver riportato le proprie impressioni scrive: «Acquirenti finora due: un noto sarto collezionista d'arte astratta e il pittore-scultore Lucio Fontana, quello dei buchi».


Cession d’une Zone de sensibilité picturale immatérielle à Dino Buzzati, 
Parigi, 26 gennaio 1962 


Vendita di une Zone de sensibilité picturale immatérielle per 20 grammi di oro fine

In quegli anni vertiginosi, se l'impatto di Klein su Fontana ha riguardato la scelta monocroma dei suoi tagli e dei suoi buchi spazialisti, su  Manzoni non ha solo ispirato i suoi "achromes" ma anche tutte le divagazioni concettuali dell'artista di Soncino che, guarda caso, coprono un periodo pressochè analogo a quello a cui fa riferimento la mostra in corso al Museo del Novecento: i primi "achromes" sono del 1957, la celebre "Merda d'artista" è del 1961. Anche lui come Klein morirà giovanissimo: nel 1963 e anche lui a causa di un'infarto.

Da Iris Clert  a Parigi, Klein propone la mostra «Le Vide», del 1958: la galleria è apparentemente vuota; in realtà, nell'intento di Klein, è piena di spirito di artista 

Commenti

  1. Grazie! Una bella lettura corredata da preziosi documenti. A proposito di Fontana le segnalo tre miei piccoli contributi di qualche anno fa:

    https://michepassa52.wordpress.com/2013/06/09/siete-sempre-fedeli/

    https://michepassa52.wordpress.com/2013/06/12/tre-tavole-per-lucio-fontana-e-ugo-mulas/

    http://michele1952.tumblr.com/post/48844839685/unopera-di-lucio-fontana-attese-1961-per-la

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