I censori nostrani bocciano Jules et JIm

Italia 1962. Un paese guidato dal centrosinistra immaginato da Fanfani, mentre già si intuisce il talento di Andreotti e mentre Moro tira le fila dei suoi dorotei democristiani, mal visti dalla chiesa dagli USA e anche da una parte del loro partito. Fuori dal palazzo la politica realizza le Regioni, la riforma della scuola, quella urbanistica e quella pubblica che tenterà di razionalizzare i consumi del settore: tutto mentre Papa Giovanni XXIII indice un consiglio sconcertante che cerca di modernizzare la chiesa, e soprattutto tenta di costruire un ponte con i non credenti. In questo quadro il cinema nazionale produce alcuni dei suoi capolavori più significativi, come Il sorpasso di Dino Risi, Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, L'Eclisse di Michelangelo Antonioni, Il 21 aprile di questo anno, il parlamento approva una revisione della legge fin allora in corso sulla censura: il nuovo provvedimento Legge 161/62, ancora in vigore ma con diversi cambiamenti, dice di occuparsi della "revisioni dei film e delle opere teatrali. 



Oggi pare veramente singolare che uno dei capolavori del cinema francese come Jules e Jim di Francois Truffaut, proprio in quell'anno fosse stato vietato dai censori che non hanno neppure fatto ricorso ad un divieto ai minori, proibendo la proiezione del film in tutte le sale italiane. Certo la storia raccontata nel bellissimo romanzo con cui esordiva a sessanta e rotti anni Henry-Pierre Roché, d parla di uno scabroso triangolo amoroso. Tra i protagonisti Jules, Jim e Chaterine infatti non c'è rivalità come di consueto in queste circostanze. I tre sono complici, quindi artefici di una relazione che non ha il carattere torbido e nascosto accettabile dalla censura dell'epoca. 

Jeanne Moreau

La trama di Truffaut era straniante perchè in qualche modo sdoganava il triangolo amoroso fondato sulla trasparenza e l'amore sincero, mentre i cineasti avevano sempre utilizzato sceneggiature dove l'infedeltà era evidenziata come un peccato mortale dal punto di vista spirituale e una discesa all'inferno sul piano della realtà che prima o poi riprende il suo posto all'esaurirsi della passione. Insomma il film di Truffaut  aveva il torto di esprimere costumi libertini, senza mettere in guardia gli spettatori sugli esiti tragici che scaturiscono immancabilmente da questo tipo di relazioni. Agli occhi della morale comune impostata sui valori cattolici,  nessun tipo di amore, anche il più nobile e puro, era autorizzato a compiersi in una modalità diversa da quella prescritta. 



In Jules e Jim, invece tutto si svolge alla luce del sole fra tre persone che accettano di vivere il loro amore reciproco restando felicemente su un binario, inaccettabile per i costumi dell'epoca. Truffaut stesso dice che la sua scommessa è quella di far commuovere con il personaggio di Chaterine, senza farla apparire come una puttanella. Il regista riesce a farci vivere la felicità dei suoi personaggi aldilà di quello che si può leggere in un passaggio del libro di Rochè dove lo scrittore dichiara che "la felicità si racconta male perchè non ha parole, ma si consuma e nessuno se ne accorge". Nella parte finale del film però la felicità si è consumata. 




E' trascorsa la prima guerra mondiale dove i due amici erano arruolati sui due eserciti contrapposti: quello francese, Jim e  quello austriaco, Jules. Chaterine ha sposato quest'ultimo avendo da lui una bambina e vivendo da separata in casa in uno chalet austriaco. Li va a trovare Jim che non nasconde neanche all'amico di essere ancora innamorato di sua moglie, senza che questa confessione pregiudichi il loro rapporto. Jim e Chaterine desiderano un figlio che sembra non arrivare mai al punto che Jim torna a Parigi. Ma Chaterine resta incinta e tempesta di lettere Jim per farlo ritornare in Austria. 




Una volta ritornato Jim dice a Chaterine che non crede di essere il padre della creatura che lei sta attendendo. Lei lo invita a salire su un'automobile che guida dove c'è un ponte interrotto: i due precipitano nel fiume dove moriranno. Questo post è nato dalla lettura di una copia del quotidiano romano Il Messaggero, del 16 giugno 1962, dove l'operato della censura in armonia con la nuovissima legge è sottoposto ad una critica netta. Sono passati più di cinquant'anni dal film, la censura che nominalmente dovrebbe far applicare una legge  ancora molto simile a quella di allora, sembra ad essersi messa la passo dei tempi ma, mi chiedo, è proprio vero che non siano i nostri stessi comportamenti ad auto censurare le storie che potrebbero accaderci se ci abbandonassimo alla stessa aerea leggerezza, allo stesso scanzonato spirito liberatorio? Il ménage-à-trois raccontato da Truffaut resta tutt'ora rivoluzionario!



Commenti

Post più popolari