Leon Ferrari, la dittatura e i Ministri della Chiesa

Leon Ferrari con la moglie al Parco de la Memoria a Buenos Aires sulla costanegra nodr

Ariel Ferrari era un lavoratore studente, iscritto alla facoltà di Sociologia e occupato al quotidiano Noticias, e militava tra i Montoneros con il nome di Felipe. Il 27 febbraio 1977 fu sequestrato, dal Grupo de Tareas 3.3.2 tra cui figurava l'efferato criminale Alfredo Astiz. 


La foto di Ariel Adrian Ferrari nelle amni di una nipote di Leon

L'operazione era rivolta a catturare una persona in un appartamento di Villa Devoto e mentre l'autista e Astiz cercavano il parcheggio esce dal condominio Ariel a cui viene intimato di fermarsi: scoppiò una sparatoria in cui Ariel fu ferito a morte e trasportato nella terribile sede dell'EMSA. In precedenza Ariel era passato alla clandestinità perchè ricercato e per questo motivo il padre fu costretto ad espatriare in Brasile per salvare il resto della famiglia e Liliana Vietti (fidanzata di Ariel che ritornata in un secondo tempo in Argentina per cercare notizie di Ariel, è stata fatta sparire anche lei. 


"El Negro" Emilio Eduardo Massera, ammiraglio artefice della più feroce dittatura in Argentina che nel suo "palmares" ha anche una tessera della loggia massonica P2

Leon Ferrari, dopo quel tragico febbraio, non ricevette più notizie ricordando così i terribili fatti: "nosotros no hicimos ninguna denuncia porque teníamos miedo de perjudicarlo. Recién en septiembre de 1978 recibimos la noticia de que lo habían matado. Según las denuncias que se hicieron en París en 1977, llegó muerto a la ESMA (Escuela de Mecanica de la Armada) el 26 de febrero de 1977. 


Leon Ferrati, Infiernos, collage con un dipinto di Bruegel
sullo sfondo della facciata dell'ESMA

Después, hablando con Graciela Daleo, supimos que Astiz fue a buscarlo a la casa, él salía, se produjo un enfrentamiento y lo matan. Ahí hicimos una cantidad de denuncias. Iniciamos una causa en Italia que creo que fue una de las primeras, estuve con Amnesty, en el ’78 estuve en Suecia con la gente de Amnesty. Pablo también viajó y ratificó la denuncia en Italia. 




Tardaba en salir la ciudadanía, entonces mandé una larga carta a Pertini con todos los antecedentes de mi padre y los míos. Cuando vine aquí en 1982, fui al consulado y pregunté cuantos desaparecidos italianos había, me dijeron que más de 200, pedí la lista y ahí discutí con el funcionario que no quería dármela. Fui a verlo a Giangiacomo Foa, corresponsal del Corriere della Sera, para que publicara la lista y lo hizo un tiempo después. Esto era durante la guerra de Malvinas”. 




Il foglio Pablo ha aggiunto che volevano cercare notizie attraverso i cappellani che facevano il loro servizio nella sede della Fuerzas e avrebbero potuto testimoniare. Leon provò a cercare i loro nomi scrivendo alla Curia ma senza successo in quanto la risposta diceva che non avevano questa informazione. Una amara conferma dell'esistenza di un patto del silenzio tra organi ecclesiastici e i golpisti criminali. 


Leon Ferrari, collages della serie Nunca mas che denunciano la relazione tra dittatura e chiesa cattolica

Da allora l'opera di Leon ha sempre denunciato con forza i delitti della dittatura in tutti i modi con cicli come il "siluetazo" realizzati in diverse edizioni (la prima nel 1983) da diversi artisti che hanno rappresentato i desaparecidos con sagome senza volto poste di fronte alla sede dell'EMSA. 


Pagina 12 ha pubblicato una serie di fascicoli sulla ditatura
intitolando la serie Nunca mas e utilizzando le opere di Leon Ferrari

Sua iniziativa personale sono state le serie di collages intitolata Nunca Mas, e la serie Nosotros no sabiamos (1984), una raccolta di ritagli con segnalazioni di sparizioni, di cadaveri ritrovati sulle rive del Rio de la Plata, di corpi crivellati di colpi in diverse città argentine e tutta un'altra serie di nefandezze. 




Vent'anni dopo, Leon Ferrari viene celebrato con una retrospettiva in cui figuravano 400 opere, nelle Sale Cronopios y Julio Cortazar del Centro Cultural Recoleta. Ma anche in questa occasione la sua proposta che il New York Times valuta come il risultato del lavoro "di uno dei cinque artisti plastici viventi più provocatori e importanti", viene colpita dalla censura. 




Questa volta non è la politica a muoversi ma l'Arcivescovo di Buenos Aires in persona che invia una lettera a sacerdoti e fedeli manifestando la sua disapprovazione in quanto le opere di Ferrari sono secondo lui expresiones publicas de burla y ofensa a los valores religiosos y morales”,e anche “blasfemia que averguenza", aggiungendo inoltre: ”me apena que este evento sea realizado en un Centro Cultural que se sostiene con el dinero que el pueblo cristiano y personas de buena voluntad aportan con sus impuestos”. Questo Arcivescovo si chiama Jorge Bergoglio(!!!). 




Come sempre Ferrari, anche se già ottantatreenne, non si fa intimidire e risponde per le rime:  “Mas lamento yo que la religion que Bergoglio profesa castigue a los que piensan diferente"... “Si algo averguenza a nuestra ciudad no es esta muestra, sino que se sostenga que hay que torturar a los otros en el infierno”... “el cristianismo divide a los seres humanos en creyentes y pecadores, condena a estos ultimos al infierno. Y yo considero que esta es una amenaza que viola los derechos del hombre”. 




Intanto i rappresentanti dell'Associaciòn Cristo Sacerdote, contabilizza: 51 insulti a Gesù Cristo; 24 alla Vergine Maria; 27 agli angeli e ai santi; 3 direttamente a Dio e 7 al Papa. 




Nel baillame mediatico, gli sponsor si ritirano (Sanyo e Movicom Bellsouth) anche se nei 40 giorni in cui la mostra restò aperta fu visitata da oltre 70.000 persone che sopportarono lunghissime code per entrare; provocò la distruzione di qualche opera da parte dei cattolici più agitati.


Disegno di Sebastian Dufour

La stampa seguì l'evento producendo quasi 1000 articoli, alcuni dei quali in piena prima pagina; generò la raccolta di 2800 firme in suo favore; costrinse ad estendere l'orario d'apertura oltre la mezzanotte; fu chiusa da un giudice per essere riaperta con un ulteriore atto. La mostra fu chiusa e a fronte delle tumultuose proteste riaperta.




Ferrari qualche tempo dopo dichiarò: "el Cardenal Bergoglio escribió una carta en contra la muestra que leyeron en todas las iglesias diciendo que era blasfemo. La blasfemia en la religión se paga con la muerte por lapidación. Así que cuando procesaron a los muchachos que rompieron algunas obras, pensé que tendrían que haberlo condenado al cardenal Bergoglio porque él había incitado a esta gente para que las rompiera. Por suerte no me rompieron la cabeza”. 




Uno studio critico della curatrice della mostra, Andrea Giunta, è stato pubblicato nel volume "El caso Ferrari. Arte, Censura y Libertad de expresion en la retrospectiva en al Centro Cultural Recoleta". 




L'artista di origine modenese (il cognome dice tutto!!!) aggiunge un'altra interessante riflessione sulla questione della religione: "Yo no soy específicamente anticlerical y ateo. Los anticlericales tienen como objetivo a la Iglesia y los curas, mientras que los ateos se ocupan de negar la existencia de Dios. Y a mí no me preocupan esas cosas, sino la religión en sí, los libros sagrados, la Biblia [...] mi preocupación es sobre la esencia de la religión. Si existe o no existe un dios, eso es secundario. [...] Yo creo que el arte se puede usar, creo en la función del arte. Y en temas que el poder considera delicados, como el sexo y la religión, trato de buscar imágenes donde la censura -si la hubiera- quede en ridículo”. 





Il lavoro di questo artista scomodo ha ricevuto inaspettatamente il prestigioso riconoscimento del Leone d'Oro, attribuitogli dalla giuria della 52esima Biennale d'Arte di Venezia nel 2007 con la seguente motivazione: "l'artista in questione ha continuato a sviluppare una pratica critica nel contesto di una situazione politica e sociale spesso avversa. Gli viene assegnato questo premio non solo per il suo atteggiamento etico e il suo impegno politico ma anche per la rilevanza estetica nel contemporaneo, inaspettata per un lavoro che si è sviluppato negli ultimi sessanta anni".
          

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