Gli amici di JC 12: l'editore Joaquin Diez-Canedo
Attraverso l'amico Damian Bayon, Cortazar scopre che la nuovissima casa editrice messicana Joaquin Mortiz, guidata da Joaquin Diez-Canedo, sarebbe interessata a pubblicare un suo titolo.
Julio si rivolge direttamente all'editore lodando la linea che intente intraprendere per la sua nuova creatura ma insieme scusandosi per non avere pronto niente da proporgli, visto che l'ultimo inedito è al momento sottoposto alla letture della Editrice Sudamericana di Buenos Aires. Naturalmente, aggiunge Julio, nel caso questa non fosse interessata la sua disponibilità a dirottargli il romanzo sarebbe completa. Sfortunatamente per Diez-Canedo Sudamericana deciderà di pubblicare un libro che all'epoca deve essere sembrato molto curioso nella sua struttura e nella sua narrazione: un capolavoro fortunatissimo che Cortazar ha intitolato Rayuela, tradotto nell'edizione italiana di Einaudi come Il gioco del mondo.
In sostanza sfumata questa occasione, Cortazar non comparve tra gli autori che Diez-Canedo pubblicò con le sue edizioni. Un'unica traccia di Cortazar in Joaquin Mortiz, la si può trovare in un capitolo del saggio che Carlos Fuentes ha intitolato "La nueva novela hispanoamericana". Qui lo scrittore messicano prende posizione proprio nella querelle che ha spaccato la critica proprio su Rayuela. Le due posizioni contrapposte sosteneveno l'una che questo racconto non si può definire latinamericano, l'altra che era profondamente attraversato dallo spirito argentino. Fuentes si schiera tra i secondi e scrive: "Novela latinoamericana Rayuela lo es porquè partecipa de una atmòsfera magica de peregrinacion inconclusa.America ante de ser descubierta, ya habia sido inventada en el sueno de una busqueda utopica, en la necesità europea de encontrar un là bas, una isla feliz, una ciudad de oro" e più avanti, "Rayuela no es la busqueda de un modelo politico, cultural, social, si no la articulacion de una nostalgia".
Nella lettera di Cortazar, lo scrittore impossibilitato a proporre una pubblicazione, consiglia con generosità il romanzo che un altro autore, anch'esso sudamericano e residente a Parigi, ha appena terminato di scrivere. Si tratta del peruviano Mario Vargas Llosa e del suo romanzo che in quel momento aveva il titolo provvisorio di "Los impostores" e che in forma definitiva sarebbe diventato "La ciudad y los perros". Cortazar lo valuta come un libro "brillantemente scritto", "con un dominio totale del linguaggio ed una maestria che può derivare da un talento naturale per il romanzo", pronosticando che "Los impostores sarà uno dei migliori romanzi di questi anni e non solo per l'America Latina". In effetti questo titolo di Vargas Llosa fu pubblicato nel 1962 con il titolo che conosciamo da Seix Barral, un editore catalano guidato da due vecchi compagni d'avventura di Joaquin Diez-Canedo, Victor Seix e Carlos Barral. Il libro vinse il premio che annualmente l'editore assegna con il titolo Premio Biblioteca Breve.
Canedo aveva incontrato in Francia Seix e Barral per cercare di sottoscrivere un'allenanza editoriale e divenne molto amico di Victor Seix che tra i due era la mente più imprenditoriale e meno intellettuale. La convergenza di opinioni sulla letteratura, fece sì che Seix e Barral furono tra i soci fondatori della casa editrice Joaquin Mortiz, consentendo di creare quel ponte tra Messico e Spagna, necessario a diffondere gli autori latinoamericani in Europa. Questa possibilità era uno dei principali obbiettivi che si proponeva Diez-Canedo anche perchè la sua storia personale ha avuto una relazione fortissima con la Spagna a partire dai suoi natali madrileni nel 1911, per continuare con la Guerra di Spagna che si sentì di combattere tra i repubblicani, prima nella 75esima Brigata Mixta e quindi nell'Esercito de Levante agli ordini del poeta German Bleiberg, ritornando apposta in quella che allora era ancora la sua patria, dopo una parentesi trascorsa a Buenos Aires. A causa degli esiti drammatici del conflitto, nel 1940 Diez-Canedo ha raggiunto definitivamente il Messico, autoesiliandosi ma scegliendo anche di prendere la cittadinanza messicana. In quell'epoca questo paese viveva uno straordinario fermento culturale che Diez-Canedo sperimentò lavorando presso il Fondo de Cultura Economica (FCE)per venti anni. La sua passione per la letteratura e la sua inclinazione per l'editoria era già sbocciata in Spagna dove ancora studente universitario aveva pubblicato con alcuni compagni la rivista Floresta de prosa y verso, quindi era continuata con la pubblicazione della rivista Bitacora su cui scriveva anche Damian Bayon. Quest'ultima fu realizzata a Buenos Aires, dove il padre poeta aveva rivevuto l'incarico di ambasciatore spagnolo. Il periodico ebbe una vita lunga sette uscite tra il 1936 e il 1937, prima che Diez-Canedo tornasse in patria per combattere. In Messico fa rifiorire l'idea della rivista Floresta de prosa y verso, batezzandola Nuova Floresta e trasformandola in una collana libraria pubblicata dall'editoriale Stylo.
La linea di questa collana anticipa quella che sarà la serie di 51 titoli raccolti nella collana "Las otras orillas" creata nel 1962, quando Diez-Canedo decide di mettersi in proprio, scegliendo per la sua impresa il nome di Joaquin Mortiz che lui stesso spiega così: "quando ero ritornato in Spagna per combattere, i miei mi scrivevano dal Messico utilizzando una parte del mio cognome intero che è Joaquin Diez-Canedo Manteca Ortiz, quello materno. Pertanto le lettere erano indirizzate a J.M.Ortiz. Visto che desideravo dare alla casa editrice un nome proprio, ho pensato di utilizzare il mio nome di battesimo insieme ad un cognome fittizio proveniente da M.Ortiz: così la casa si chiamò Joaquin Mortiz". La prima uscita, proprio in quel 1962 a cui risale la lettera inviata all'editore da Cortazar, sarà il libro di Agustín Yáñez initolato Las tierras flacas.
Nel catalogo che indica i titoli pubblicati fino ai primissimi anni ottanta, si contano oltre 500 pubblicazioni suddivise in collane come la "Nueva narrativa Hispanica",
i "Cuadernos de Joaquin Mortiz",
Julio si rivolge direttamente all'editore lodando la linea che intente intraprendere per la sua nuova creatura ma insieme scusandosi per non avere pronto niente da proporgli, visto che l'ultimo inedito è al momento sottoposto alla letture della Editrice Sudamericana di Buenos Aires. Naturalmente, aggiunge Julio, nel caso questa non fosse interessata la sua disponibilità a dirottargli il romanzo sarebbe completa. Sfortunatamente per Diez-Canedo Sudamericana deciderà di pubblicare un libro che all'epoca deve essere sembrato molto curioso nella sua struttura e nella sua narrazione: un capolavoro fortunatissimo che Cortazar ha intitolato Rayuela, tradotto nell'edizione italiana di Einaudi come Il gioco del mondo.
In sostanza sfumata questa occasione, Cortazar non comparve tra gli autori che Diez-Canedo pubblicò con le sue edizioni. Un'unica traccia di Cortazar in Joaquin Mortiz, la si può trovare in un capitolo del saggio che Carlos Fuentes ha intitolato "La nueva novela hispanoamericana". Qui lo scrittore messicano prende posizione proprio nella querelle che ha spaccato la critica proprio su Rayuela. Le due posizioni contrapposte sosteneveno l'una che questo racconto non si può definire latinamericano, l'altra che era profondamente attraversato dallo spirito argentino. Fuentes si schiera tra i secondi e scrive: "Novela latinoamericana Rayuela lo es porquè partecipa de una atmòsfera magica de peregrinacion inconclusa.America ante de ser descubierta, ya habia sido inventada en el sueno de una busqueda utopica, en la necesità europea de encontrar un là bas, una isla feliz, una ciudad de oro" e più avanti, "Rayuela no es la busqueda de un modelo politico, cultural, social, si no la articulacion de una nostalgia".
Nella lettera di Cortazar, lo scrittore impossibilitato a proporre una pubblicazione, consiglia con generosità il romanzo che un altro autore, anch'esso sudamericano e residente a Parigi, ha appena terminato di scrivere. Si tratta del peruviano Mario Vargas Llosa e del suo romanzo che in quel momento aveva il titolo provvisorio di "Los impostores" e che in forma definitiva sarebbe diventato "La ciudad y los perros". Cortazar lo valuta come un libro "brillantemente scritto", "con un dominio totale del linguaggio ed una maestria che può derivare da un talento naturale per il romanzo", pronosticando che "Los impostores sarà uno dei migliori romanzi di questi anni e non solo per l'America Latina". In effetti questo titolo di Vargas Llosa fu pubblicato nel 1962 con il titolo che conosciamo da Seix Barral, un editore catalano guidato da due vecchi compagni d'avventura di Joaquin Diez-Canedo, Victor Seix e Carlos Barral. Il libro vinse il premio che annualmente l'editore assegna con il titolo Premio Biblioteca Breve.
Canedo aveva incontrato in Francia Seix e Barral per cercare di sottoscrivere un'allenanza editoriale e divenne molto amico di Victor Seix che tra i due era la mente più imprenditoriale e meno intellettuale. La convergenza di opinioni sulla letteratura, fece sì che Seix e Barral furono tra i soci fondatori della casa editrice Joaquin Mortiz, consentendo di creare quel ponte tra Messico e Spagna, necessario a diffondere gli autori latinoamericani in Europa. Questa possibilità era uno dei principali obbiettivi che si proponeva Diez-Canedo anche perchè la sua storia personale ha avuto una relazione fortissima con la Spagna a partire dai suoi natali madrileni nel 1911, per continuare con la Guerra di Spagna che si sentì di combattere tra i repubblicani, prima nella 75esima Brigata Mixta e quindi nell'Esercito de Levante agli ordini del poeta German Bleiberg, ritornando apposta in quella che allora era ancora la sua patria, dopo una parentesi trascorsa a Buenos Aires. A causa degli esiti drammatici del conflitto, nel 1940 Diez-Canedo ha raggiunto definitivamente il Messico, autoesiliandosi ma scegliendo anche di prendere la cittadinanza messicana. In quell'epoca questo paese viveva uno straordinario fermento culturale che Diez-Canedo sperimentò lavorando presso il Fondo de Cultura Economica (FCE)per venti anni. La sua passione per la letteratura e la sua inclinazione per l'editoria era già sbocciata in Spagna dove ancora studente universitario aveva pubblicato con alcuni compagni la rivista Floresta de prosa y verso, quindi era continuata con la pubblicazione della rivista Bitacora su cui scriveva anche Damian Bayon. Quest'ultima fu realizzata a Buenos Aires, dove il padre poeta aveva rivevuto l'incarico di ambasciatore spagnolo. Il periodico ebbe una vita lunga sette uscite tra il 1936 e il 1937, prima che Diez-Canedo tornasse in patria per combattere. In Messico fa rifiorire l'idea della rivista Floresta de prosa y verso, batezzandola Nuova Floresta e trasformandola in una collana libraria pubblicata dall'editoriale Stylo.
La linea di questa collana anticipa quella che sarà la serie di 51 titoli raccolti nella collana "Las otras orillas" creata nel 1962, quando Diez-Canedo decide di mettersi in proprio, scegliendo per la sua impresa il nome di Joaquin Mortiz che lui stesso spiega così: "quando ero ritornato in Spagna per combattere, i miei mi scrivevano dal Messico utilizzando una parte del mio cognome intero che è Joaquin Diez-Canedo Manteca Ortiz, quello materno. Pertanto le lettere erano indirizzate a J.M.Ortiz. Visto che desideravo dare alla casa editrice un nome proprio, ho pensato di utilizzare il mio nome di battesimo insieme ad un cognome fittizio proveniente da M.Ortiz: così la casa si chiamò Joaquin Mortiz". La prima uscita, proprio in quel 1962 a cui risale la lettera inviata all'editore da Cortazar, sarà il libro di Agustín Yáñez initolato Las tierras flacas.
Nel catalogo che indica i titoli pubblicati fino ai primissimi anni ottanta, si contano oltre 500 pubblicazioni suddivise in collane come la "Nueva narrativa Hispanica",
i "Cuadernos de Joaquin Mortiz",
la serie di "El Volador", senz'altro più internazionale con Breton, Beckett, Poud,...
Illustrazioni inserite in Nadja di Andrà Breton |
e, fuori da queste collane, una collezione di libri molto interessanti con autori francesi quali Apollinaire e Max Aub (che visse a lungo morì in Messico), e molti latinoamericani.
Joaquin Diez-Canedo era un profondo conoscitore della parte fisica dei libri, appassionato della carta e della grafica, si occupava egli stesso di decidere il formato e la grafica. Inoltre aveva la dote essenziale per un editore: il fiuto per gli autori di talento. Così, le sue edizioni hanno contribuito a diffondere letteratura di altissima qualità in un paese che ne ha capito l'importanza, accogliendo con curiosità e fiducia ogni nuova proposta. Per gli autori messicani riuscire a pubblicare per questo "Quijote editorial de Mexico" era il massimo che si potevano aspettare. Nel 1985 la casa editrice messicana è stata rilevata dal Grupo Editorial Planeta di Barcellona che ne ha mantenuto il marchio e valorizzato il catalogo.
Commenti
Posta un commento