Gli amici di JC 13: Anton Arrufat



Anton Arrufat

"Quando morì Cortazar, dopo lo stordimento che segue la morte di un amico, mi ritirai nel mio appartamento e lessi, in omaggio, certe pagine sue. Le lessi a voce alta. Credevo ingenuamente di oppormi con la mia voce a quello che era successo. La notizia ricevuta per telefono permaneva evidentemente dura e resistente, come sono i fatti reali. ...Cortazar era morto e questo era tutto. Semplicemente una questione naturale. Niente di più terribile che questo...la morte di Cortazar era prevista, quasi aveva una data prestabilita. Così lo determinava la sua malattia crescente...Al colpo della morte, dopo il primo stordimento, seguono i ricordi che il dolore risveglia e rende acuti...Di colpo vidi passare, chiuso nel mio appartamento, marcate e consacrate dalla morte, le peripezie di un'amicizia. Una mattina si aprì la porta del mio spazio nella Casa de las Americas e in controluce vidi per la prima volta Julio Cortazar. 


La Casas de las Americas a Cuba

Iniziava il 1963. La nostra amicizia incominciò da quel momento. Davanti alla sua presenza, percepivo la curiosa relazione tra lui e l'impressione che la sua opera narrativa mi produceva con una teoria antiquata che provò a spiegare l'unità umana, il vincolo del temperamento con il corpo. Non conoscevo molto della sua opera, avevo letto nel 1956, sulla rivista Ciclon, varie delle Historias de cronopios y de fama. 




Mi lasciarono un segno indimenticabile, tanto che, dopo l'inizio della Rivoluzione, quando mi chiesero di occuparmi della rivista Casa che stava per nascere allora, mi ricordai il nome dell'autore di quei testi sfrenati è diedi il suggerimento di invitarlo come giurato del premio organizzato a Cuba dalle istituzioni. Io stesso scrissi al cronopio maggiore, e lui, da Parigi, per nostra grande sorpresa, ci rispose accettando l'invito. Cortazar arrivò, fermandosi contro la porta bianca del mio spazio , che era lo spazio di molti, e pareva sommarsi allo splendore di quell'epoca. Penetrare nella sua luce, aumentare con la sua la nostra. Anche in lui vibrava l'ansia per una vita nuova.... Ma cosa poteva sapere Julio di Cuba? Nelle sue lettere trovai la risposta, oscura e istintiva, metaforica o sagace,che si può assumere nella sua confessione, "mi sono ammalato incurabilmente di Cuba". 


Cortazar a La Casas de las Americas

E questa malattia inoculata in un organismo disposto a riceverla, fu fedele fino alla fine, quando le sue vene si negarono ad alimentare il suo cuore....L'effetto straniante che mi produsse Bestiario si estese alla sua figura, all'uomo insolito che era entrato nel mio spazio, che conversava con me o usciva per le strade al mio lato, ascoltando attento, con applicazione quasi infantile, il nome degli edifici e i dati sulla storia della città che io gli raccontavo...Era altissimo, quasi due metri, con mani enormi e ossute che si muovevano con grande agilità e precisione, sottolineando il suo modo di parlare con una voce grossa dalla erre moscia....La sua conversazione era in predominanza riflessiva.




 Parlava delle cose, poche volte di se stesso. Nella conversazione sociale, Cortazar aveva l'abilità, il buon gusto, di equilibrare il suo corpo con quello dell'interlocutore: pareva farsi più piccolo come per non imporsi o risultare troppo invadente. Restò un mese sull'isola allacciando varie amicizie. Dopo arrivarono da Parigi le sue lettere, una dopo l'altra, incantatrici, scritte direttamente a macchina. In tutte quelle che posseggo pulsa il fervore. La sua malattia fu appassionata e critica. Prima di tornare a Parigi accettò di appartenere al Consejo de Radaccion della rivista Casa. E dall'Europa lavorò per ricercare materiali. 


Copertina di Casa n° 145-146 dedicata a Cortazar

Nelle sue lettere commentava ogni numero pubblicato, proponeva idee non cessando di inviare buste gialle con contributi di altri autori. Su Casa apparve il testo della sua conferenza "Algunos aspecto del cuento", redatta in un hotel di La Havana...", questo frammento del ricordo che Anton Arrufat ha pubblicato sul n°87 di Critica, raccoglie la testimonianza della sua amicizia fraterna con Julio che ospitò l'amico cubano a Parigi nel 1965 per due intensi mesi dove lo accompagnò in tutti i luoghi necessari a conoscere la capitale francese e la sua storia culturale.   





Cortazar andò per la prima volta a Cuba nel 1961 tornandovi due anni più tardi, invitato a far parte della giuria del Premio Casa de las Americas che venne attribuito allo scrittore nicaraguense Lizandro Chávez Alfaro per il romanzo "Los monos de San Telmo" con la seguente motivazione: "por la excelente asimilación que el autor hizo de las más modernas técnicas del Boom latinoamericano". 




Julio mantenne un costante contatto con gli amici cubani, pubblicando con continuità sulla rivista Casa e mantenendo una regolare corrispondenza con i suoi amici cubani. Tra di loro, Arrufat ha avuto un posto privilegiato almeno quanto quello di Lezama Lima. Fu tramite alcune lettere con Arrufat che Cortazar decise di accettare l'invito ed una, di queste arrivò nell'isola caraibica da una Vienna di fine marzo e ancora innevata. 


  • La huella en la arena, poesía, 1986
Nella stessa lettera in cui diagnostica come "incurabile" la sua malattia per Cuba, Julio scrive: "da quando sono tornato da Cuba mi assalgono enormi boccate di irrealtà; Cuba era troppo viva, troppo calda, troppo intensa, e l?europa mi sembra di colpo un cubo di vetro, e io ci sono dentro e mi muovo con fatica, in cerca di un'aria meno geometrica e di persone meno cartesiane....Ma Cuba è un'astrazione: se non ci foste stati voi ad incarnarla ai nostri occhi, forse non saremmo andati tanto a fondo in certe cose". 


  • La caja está cerrada, novela, 1984
E il ruolo di  Arrufat nel contribuire a questa astrazione è stato significativo, oltre che per il lavoro svolto nella Casas de las Americas, anche per le pubblicazioni di poeta, romanziere e autore di teatro...ed editore che nel 1964 pubblica i Cuentos di Cortazar. Figlio di una coppia catalano-libanese, la sua vita è stata segnata dalla morte della madre quand'era diciottenne, seguita da quella del padre morto per via di un incidente ferroviario. 


  • En claro, poesía, 1962
Qualche anno dopo aver esordito come poeta con una raccolta di versi giovanili (En claro), nel 1968 fu oggetto di una critica feroce per la sua opera teatrale Los siete contra Tebas, ricalcata dall'omonima tragedia di Eschilo mettendo in pratica un'idea affernmata dall'autore quattro anni prima: "hay que perder el miedo y la supesticion de manipular modelos". Il critico Leopoldo Avila trova nella tragedia di Arrufat gli estremi per additarla come "contrarrevolucionaria", con la conseguenza di un ostracismo che affliggerà il poeta per i 16 anni nei quali fu esiliato a lavorare presso una minuscola biblioteca municipale, nella condizione di un "morto che vive", invisibile sia come persona che come autore. La sua riabilitazione avviene solo nel 1980 quando protesta per essere stato inserito nel PEN Club Internacional dove sono inseriti gli scrittori perseguiti e disoccupati a Cuba.




Solo nel 1984 la sua riabilitazione lo fa riapparire in libreria con La caja està serrada. Il suo commento sulla censura a cui è stato sottoposto fu: "viví muchos meses entre sombras, en la indefinición, sin saber cuándo y cómo terminaría lo que había empezado. Para mí se convirtió en el delito de escribir una pieza teatral juzgada como atentatoria de los principios de la Revolución, según reza la declaratoria que la UNEAC colocó como prólogo a la edición de la obra en aquellos años". 


Affiche della prima rappresentazione
a Cuba di Los siete contra Tebas

Nonostante questa disavventura, la sua posizione rispetto allo Stato e alla Rivoluzione è rimasta fedele ed attiva, tanto che il suo nome è tra gli autori della Declaracion de Estocolmo dove alcuni scrittori cubani richiedono la sospensione dlel'embargo economicoe finanziario degli Stati Uniti.




Commenti

Post più popolari