Amici di JC 10: il dissacrante Leon Ferrari

Nel 1965 la situazione politica argentina era particolarmente delicata a fronte di elezioni legislative che erano state liberate dai vincoli per cui il peronismo risultava proscritto. Rientrati nella vita politica attiva, i peronisti vinsero con grande disappunto di alcuni ambienti militari. Il nuovo governo fu soggetto ad una incandescente campagna denigratoria sostenuta da alcuni settori economici e amplificata dagli organi di stampa.  




In questa atmosfera che è stata il prologo della dittatura militare guidata da Juan Carlos Ongania, buona parte degli intellettuali e degli studenti manifestavano, protestando sia per la politica interna che per il ruolo imperialista degli Stati Uniti accusati delle barbarità legate alle vicende della guerra in Vietnam. 


Leon Ferrari

Tra gli artisti impegnati in questa denuncia c'era Leon Ferrari, ingegnere che aveva scoperto il suo talento abbastanza tardi per aspirare ad una formazione accademica. Così, da autodidatta, invia un'opera di straordinaria forza simbolica ed espressiva al Premio Internazionale dell'Istituto Torquato Di Tella, ma il direttore del Centro de Artes Visuales dell'istituto, Jorge Romero Brest, gli impedisce di esporla, anche se la sua immagine era stata inclusa nel catalogo già stampato. 


Civilisacion Occidental y Cristiana

L'opera in questione, era un oggetto composto da un Cristo crocefisso ad un bombardiere FH107 statunitense in picchiata, ed aveva un titolo eloquente che si scaglia contro la relazione tra religione, politica e violenza nella cultura occidentale: Civilisacion Occidental y Cristiana. 



Alla mostra andarono solo tre casse su cui erano incollate, alla maniera dei collage, fotografie relative alla guerra del Vietnam (i loro titoli erano: Cristo murió; La civilización occidental y cristiana bombardea las escuelas de Long Dien, Cauxé, Linn Phung, Mc Cay, An Tanh, An Minh, An Hoa y Duc Hoa; 15 votos en la OEA). 


Cuadro escrito, 1964

Naturalmente la stampa più conservatrice urlò allo scandalo e la posizione più reazionaria la prese Ernesto Ramallo sul quotidiano La Prensa. Acuni passaggi dicono:“...no podemos dejar de referirnos a las obras de León Ferrari, cuya aceptación de parte de los responsables nos resulta incomprensible [...] esos trabajos del señor Ferrari, de una simplicidad que no hubiera merecido la más mínima atención de no mediar la intención de su temática –puede que el expositor a eso no lo ignorara– nada tienen de artístico y sí, en cambio, de alegato político [...] Debe admitirse que puede resultar por lo menos curioso el que se haya permitido colocar en las salas de una institución seria esos artefactos que comportan una actitud de crítica acre –quizás corrosiva– en la que se pretende enjuiciar nada menos que a la civilización occidental y cristiana. Bueno sería que dentro de los dominios del arte, adonde han ingresado ya manifestaciones de dudoso origen, no penetraran obras que, como las que nos ocupan, no permitan duda alguna sobre su filiación y, por lo tanto, sobre sus fines. El carácter panfletario de estas vitrinas resulta verdaderamente sorprendente para los que acuden con la intención de tomar contacto con obras de arte. En una de las vitrinas se ha dibujado sobre el vidrio algo así como un encaje, con lo cual se vela un tanto la anécdota, y en ese caso se llega a la incongruencia de presentársenos un libelo con tul o macramé”.


El arbol embarazador, 1964


Ferrari non esitò a rispondere con una lettera sulfurea pubblicata sul periodico Propositos dove si legge: "credo che la nostra civilizzazione sta raggiungendo il più raffinato grado di barbarie registrato dalla storia. Perchè mi pare che per la prima volta nella storia si riuniscono tutte le seguenti condizioni di barbarie: il paese più ricco e poderoso invade uno dei meno sviluppati, tortura i suoi abitanti; fotografa i torturati; pubblica le fotografie sui suoi giornali e nessuno dice niente. Queste fotografie e la passività dei popoli occidentali sono il simbolo della nostra avanzata barbarie. E un'altro segno di barbarie è la reazione del critico d'arte che quando vede queste stesse fotografie attaccate ad una cassa con una intenzione di critica acre e corrosiva, non gli viene in mente di condannare la tortura: unica cosa che riesce a pensare è chiedere che sia proibita la critica alla tortura". 


Planet

L'invito al Di Tella mette in moto la creatività di Ferrari che annota sul suo diario varie idee, tutte legate allo stesso soggetto: "Empiezo a trabajar para el Di Tella. Jaulas. Sería bueno hacer una jaula que se llame Viet Nam con una multitud de aviones arriba y abajo flores”; “Me gustaría hacer a Johnson, el Señor presidente de los Estados Unidos de Norte América, a Johnson sentado en una mesa en los Estados Unidos de Norte América firmando los papeles como Dios cuando mandó a sus arcángeles marines a pelear contra los diablos exactamente igual a Dios montado en un altar y en el instante mismo de firmar sus mandamientos, pero hacerlo igual, si supiera hacerlo cuidadosamente igual calcado al acecho estático hasta llegado el preciso momento en que todo ese confuso accionar de manos y plumas, ese incomprensible conjunto de cosas borrosas, las botamangas y corbata alcanzan a pasar todas juntas por las coordenadas de la verdad”; “a principios de mes empecé a trabajar fuerte para el Di Tella. Hice una pieza que posiblemente se llame The American way of Life con manos que se burlan arriba, un Starfighter en el centro, árboles o explosiones de manos abajo, todo cubierto con un dibujo en el vidrio que puede parecer una reja colonial"; "la pieza principal será si puedo un avión con Cristo de unos 2 o 3 m de altura puesto sobre una especie de pirámide o de campo de cosas quemadas, huesos, raíces carbonizadas, latas, hierros retorcidos, puertas, muebles y manos que se levantan como plantas”. 




Il contenuto di questi progetti viene comunicato a Rafael Alberti che in quel momento è a Roma e il poeta gli risponde con la sua straordinaria verve ironica: "Mi querido León: me gustan mucho tus proyectos pop artísticos anti Johnson. Avísame cuando te lleven a Martín García (l'isola dove esiste un carcere di sicurezza) para iniciar una gran campaña internacional por tu liberación". In  una lettere seguente scrive: "Es la hora de vomitar. VOMITEMOS. Es lo decente. La civilización occidental y cristiana nos induce a ello ¡Qué lástima y qué asco! ¡Al carajo los yanquis!". Tra i molti amici che hanno condiviso le posizioni di Leon e sono intervenuti sulla querelle, c'è anche Julio Cortazar che in quel periodo era proprio a Saigon. Da laggiù invia la carta, scritta a macchina come d'abitudine, che si può leggere di seguito:





Finito questo evento burrascoso, Ferrari, tra le altre cose inizia il progetto Palabras ajenas che questa volta non riguarda direttamente con le arti plastiche ma la letteratura ed il teatro, pur una tecnica ormai entrata a far parte del ventaglio di possibilità di ogni artista moderno e contemporaneo: il collage che in questo caso è coniugato come una sorta di montaggio. In sostanza Ferrari ha in mente di scrivere attraverso la parola di 120 personaggi, la storia della violenza in Occidente, dall'Antico Testamento al 1966. I protagonisti chiamati alla parola sono personaggi eclatanti: Paolo VI, Hitler, Borges, Goering, il Presidente Johnson e ...perfino Dio. 


Carta a un General, 1963

A queste e ad altre voci universalmente conosciute si intrecciano testi di dispacci d'agenzia, appunti sparsi, notizie curiose, in un accumulazione testuale impressionante. Quasi al termine del suo lavoro di raccolta, Ferrari scrive: "después del Di Tella del 65 no hice nada de plástica. Estuve trabajando duro en Palabras ajenas que ahora estoy terminando [...] La obra durará por lo menos 10 horas, se publicarán otros tomos para completar ese tiempo, no tendrá fin ni principio, el espectador llegará cuando ya esté empezada y se irá cuando se canse. El problema de los costos de la entrada se resolverá como en las playas de estacionamiento: a tanto por hora o fracción. Esta obra ha sido escrita para ser filmada”. 




Una volta terminata la scrittura Leon invia all'amico Cortazar una copia del testo e dopo poche pagine di lettura, Julio scrive all'amico le sue primissime impressioni:“La víspera de mi viaje recibí Palabras ajenas por correo aéreo, y esa noche leí las primeras treinta páginas [...] dan una clara idea del mecanismo de tu pieza, y me permiten coincidir con vos en que la mera lectura resulta fatigosa, pues falta la mecánica teatral, las voces y los cambios de planos y supongo que de luces y acentos que han de darle toda su fuerza. Pero la idea es muy buena, y se me ocurre que esa especie de tremendo oratorio (la palabra resulta irónica, pero no se me ocurre otra) puede tener un efecto muy profundo en cualquier público del mundo”. La messa in scena fu realizzata a Londra nell'ottobre del 1968 all'Arts Laboratory dopo un lungo scambio di lettere con l'artista argentino Leopoldo Maler per mettere a punto la mise en scène. 





Il titolo scelto per la versione teatrale sarà " Listen here now. A new concert for Four Voices and a Soft Drums": solo una settimana di repliche con critiche che stroncarono il progetto ma non la vitalità creativa e rivoluzionaria di Leon. Il legame con Cortazar continuerà ad essere reciprocamente coltivato e in una circostanza anche fonte di ispirazione per l'opera "Autopista del Sur" del 1980, realizzata in seguito alla lettura dell'omonimo racconto di Julio pubblicato nel libro Todos los fuegos el fuego (1966).


Autopista del Sur, letraset su carta

Per approfondire la conoscenza con questo appassionante personaggio è necessario pubblicare altri due post:  il primo con un'antologia di opere suddivise per serie e il secondo dove scopriremo che nel 2004 un autoritario ed illustrissimo detrattore, auspica l'intervento della censura per sospendere una mostra retrospettiva organizzata quando Ferrari è ultraottantenne...












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