Gli amici di JC 14: Roberto Juarroz

Reading di Roberto Juarroz...con contrabbasso

Roberto Juarroz si è affacciato al mondo letterario a 33 anni, quando nel 1958 appare la sua prima raccolta di versi Poesia vertical, che curiosamente sarà il titolo analogo a quello dei seguenti volumi del poeta, differenziati dall'aggiunta di una numerazione progressiva. Contemporaneamente a questa attività, Juarroz pubblicava recensioni cinematografiche sulla rivista Esto es, mentre su La Gaceta de Tucuman critiche inerenti alla sua professione di bibliotecario .


La rivista Esto es dove Roberto Juarroz teneva
una rubrica di critica cinematografica dal 1956 al 1958

Al finire dell'anno '58, Arroz ha diretto insieme a Mario Morales e al tedesco Dieter Kasparek una nuova rivista di poesia dal titolo tautologico: Poesia=Poesia. Nei suoi otto anni di vita P=P ha collezionato 20 uscite presentandosi in una veste casalinga e modesta da libretto scolastico. La componevano solo sedici pagine nel formato da plaquette in ottavo. 




Questa asciuttezza che rifiuta qualsiasi tipo di pubblicità si ripercuote anche sulle informazioni editoriali che non vengono pubblicate come di consueto, al punto che non sovo rivelati i nomi dei redattori, dei grafici, della tipografia...La loro assenza è la cartina di tornasole attraverso cui possiamo immaginare come a Juarroz e compagni non interessasse essere visibili e presenti nel cuore dell'ambiente letterario, ma essere orgogliosamente marginali e per questo liberi di scelte coraggiose. 





In queste pagine che la critica ha sempre snobbato, si trova quell'idea di poesia che secondo Juarroz "deve essere al servizio della sua libertà creatrice, quella che non ha un ritorno, ma quella che si converte in un destino".
Inoltre da questa rivista si coglie lo sforzo di Juarroz nel definire quella forma di scrittura che caratterizza la sua opera, facendone emergere il marchio nel panorama della poesia latinoamericana. Un marchio che gli autori, volutamente semisconosciuti e spesso molto giovani, apparsi su P=P hanno fatto proprio. Ma non c'erano solo loro: sulla rubrica "Vision de la Poesia" si potevano leggere traduzioni dei versi di  Fernando Pessoa, Antonin Artaud, Paul Eluard. Tra i sudamericani già conosciuti Octavio Paz, Ernesto Sabato, Antonio Porchia, Aldo Pellegini.... 





Un lettore esigente come Julio Cortazar è rimasto particolarmente colpito da questa rivista e, con la consueta attenzione, non tralascia di scrivere a Juarroz per comunicargli, tra le altre cose, il suo apprezzamento. Il contenuto di questa lettera diventerà il prologo della terza raccolta, pubblicata nel 1963 con il titolo Tercera Poesia Vertical. Questa lettera inizia proprio con un commento alla rivista P=P che dice: "Hace tiempo que quería decirle que la revista me es muy preciosa en la medida en que puede hacerme oír desde tan lejos las voces nuevas y jóvenes de la Argentina". 




Dal canto suo, Juarroz si pronuncia una sola volta sulla sua rivista e lo fa durante un'intervista del 1993 a Jacques Munier per Les Lettres Françaises: "noi volevamo difendere attraverso il suo titolo-manifesto, l'idea che la poesia è uguale a se stessa, che non può perciò essere politica, sociologica o filosofica". Orientata ad essere il veicolo di una possibile esperienza dell'indefinibile e della salvezza, questa poesía di ce Juarroz "es uno de esos pocos lugares donde la palabra no fracasa. O donde al menos, puede no fracasar. Hay otros lugares, el amor y la amistad, porque allí la palabra es celebración y coincidencia”.

appunti per la poesia A flor de piel

A Flor de piel

Una hebra más delgada que el pensamiento,
un hilo con calibre de nada,
une nuestros ojos cuando no nos miramos.

Cuando nos miramos
nos unen todos los hilos del mundo,
pero falta éste,
que sólo da sombra
a la luz más secreta del amor.

Después que nos vayamos,
quizás quede este hilo
uniendo nuestros sitios vacíos


Inoltre nel definire i punti cardinali della sua poetica, Juarroz sostiene che "sarebbe interessante investigare la relazione tra la poesia e la vita interiore, spingendosi più in là della biografia, della biologia, della psicologia e della storia, coltivando un sapere della profondità umana. Non pretendendo di spiegare totalmente l'uomo, ma con l'umile ambizione di comprendere meglio i suoi fondamenti, la sua profondità e i suoi misteri. Credo che allora riusciremo a capire che tutta la vita, se la si vive in profondità, può trasformarsi in poesia." Gli strumenti tecnici utilizzati dal poeta argentino per trasformare questa visione in versi che siano coerenti con essa, sono le antitesi, i paradossi, gli aforismi che alimentano immagini di indiscusso valore lirico.



La lettera di Julio precedentemente menzionata, articola il commento questa poesia con il solito stile inimitabile da cui fioriscono una serie di inattese illuminazioni: "Amigo Juarroz: Perdóneme que haya tardado tanto en contestarle, pero no hace mucho que volví a París, después de unos meses de trabajo en Viena. Pero ahora le escribo por otra razón más imperiosa: acado de terminar la lectura de Segunda poesía vertical, y estoy todavía maravillado, sin dar ese paso atrás que inevitablemente damos después de que un poeta nos ha hecho avanzar un poco más hacia la gran verdad de su mundo, del mundo. Sus poemas me parecen de lo más alto y de lo más hondo (lo uno por lo otro, claro) que se ha escrito en español en estos años. […] Siempre he amado una  poesía que procede por inversión de signos; el uso de la ausencia en Mallarmé, algunas “antie-sencias” de Macedonio, los silencios en la música de Weber. Pero usted potencia hasta lo increíble esas inversiones que en otras manos suelen acabar en juegos de palabras. Y entonces, esa mirada que ve y la que no ve, una vez retorcidas en un mismo hilo, son algo prodigiosamente fecundo, una invención de ser. Hacía mucho que no leía poemas que me extenuaran y me exaltaran como los suyos, y se lo digo así al galope y sin releer, porque al final uno se pone tonto y le dan miedo tantas palabras sonoras. Pero siento que usted me creerá, y que ya somos amigos, y un abrazo.» 


Disegno di Ines Dragonsch utilizzando il testo di Roberto Juarroz tratto dalla Poesia vertical 10

Di questo poeta degli "istanti assoluti" che Octavio Paz ha elogiato per la "sorprendente cristallizazione verbale di un linguaggio ridotto ad una goccia di luce", mi conquista più di tutti un verso che isolato dal contesto acquista un misterioso un sapore aforistico: "La musica completa l'invisibile". 

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