FMR, LA PERLA NERA


Il collezionismo accanito e l’apostolato nella diffusione della bellezza, sono state le missioni e il destino che hanno accompagnato incessantemente le inclinazioni manieriste del dandy parmigiano Franco Maria Ricci. Il comun denominatore di questi due fronti lo riconosciamo nell’eclettismo colto e curioso che ha animato la sua più longeva avventura editoriale durata dal 1982 al 2004.  L’editore ha deciso di intitolarla FMR, divertendosi a giocare con l’assonanza tra le sue iniziali e la parola éphémère che in francese ha il significato di effimero. Del resto i contenuti di questa pubblicazione, unanimemente riconosciuta “la più bella rivista del mondo”, possono essere interpretati come il più raffinato elogio all’effimero che si annida nella memoria come nelle culture del mondo. Il target è certamente snob ed elitario conquistando i lettori con una grafica inedita, organizzata con l’alternanza di pagine bianche ed essenzialmente occupate da preziosi contributi testuali, a pagine con un fondo corvino che esalta la magnificenza dell’apparato iconografico nel lusso insuperabile di una stampa a colori perfettamente definita. Sfogliare le sue pagine equivale a intraprendere un viaggio nel tempo e nello spazio, tra la vecchia Europa e gli altri continenti, senza un metodo preciso se non quello della continua sorpresa: si sale e si scende dall’arte alta della pittura, della scultura, dell’architettura, a quella che rimemora mestieri, oggetti, preziosità editoriali; si va avanti e indietro dalle civiltà antiche ai nostri giorni. 





Condividendo con l’amico Borges le inesauribili passioni del bibliofilo, Franco Maria Ricci ha iniziato la sua parabola di editore per gioco nel 1963, quando ha voluto allestire una piccola tipografia per riprodurre in una tiratura di 900 esemplari, un libro risalente al 1818 che lo aveva letteralmente folgorato: il Manuale Tipografico di Giambattista Bodoni. Da questo battesimo altamente simbolico l’attività editoriale è proliferata anche oltre FMR, creando collane monografiche progettate con gusto sopraffino e sensibilità di vocazione cosmopolita. Quando Franco Maria Ricci ha deciso di cessare l’esperienza della sua “perla nera” (Fellini dixit), lo ha fatto per gettarsi anima e corpo in un nuovo progetto sognato da decenni e promesso a Borges: realizzare il più grande labirinto del mondo nella sua tenuta di Masone a Fontanellato. Nel 2015 è stato aperto al pubblico che si smarrisce incantato nella una pianta a stella, dove le siepi che delimitano e intrecciano i sentieri, solo venti specie diverse di un’unica graminacea: il bambù. Ce ne sono duecentomila nei 5000 metri quadri del labirinto che introduce i visitatori nella migliore delle passeggiate possibili per chi ama “riflettere e fantasticare”. E in fondo, non è quello che molto prima accadeva ai lettori felici di avventurarsi in quel meraviglioso labirinto di carta che  è FMR?

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