Il sogno di Mujica nelle carceri della dittatura, si chiamava Lucia.




Pepe Mujica ha conosciuto la sua futura moglie, Lucia Topolansky, quando entrambe militavano tra le fila dei Tupamaros. Tra loro era nata una storia d'amore che ha avuto una tragica interruzione dovuta al carcere. La prigione li ha divisi per tredici lunghissimi anni, punteggiati dalle atrocità delle torture. Nonostante questa impressionante vicenda che oltre ai corpi ha segnato la psiche dei due compagni, la vicenda ha avuto e sta ancora avendo un lieto fine. Sposati, i due hanno continuato ad occuparsi di politica. Lui diventando addirittura Presidente dell'Uruguay; lei diventando una senatrice così combattiva da continuare a meritare il soprannome acquisito durante la veccia militanza con i Tupamaros: La tronca. Nel corto teatrale realizzato da Giulio Valentini, incontriamo Pepe nella silenziosa solitudine del carcere dove, nonostante le atrocità che è chiamato a sopportare, continua a sognare. E il sogno è rivolto alla speranza di rivedere Lucia, di cui non ha più notizie, per riprendere la loro relazione amorosa. Una relazione fondata sulla semplicità, in cui trovano un posto importante i loro ideali giovanili, ispirando un modello di vita così sobrio da divenire una sorta di elogio all'umiltà. Il testo di Valentini attraversa con forza i sentimenti e le emozioni di Pepe, transitando dal terrore della prigionia all'inossidabile fiducia con cui questo uomo ha guardato al futuro, anche quando nella sua condizione  questo poteva sembrare un'utopia. Ma l'utopia è diventata reale e dopo, quando ha potuto guidare le sorti del suo paese, qualche granello di utopia è riuscito a realizzarlo in favore del popolo uruguayano: ed per un'azione politica durata cinque anni è tantissimo. La Tronca lo ha accompagnato anche in questi piccoli miracoli, vivendo con lui e con una piccola schiera di vecchi cani affettuosi, nella semplicità di una esistenza privata trascorsa in una povera fattoria ai margini della capitale. La drammaturgia che immerge il pubblico in questa narrazione, acquisisce un surplus di potenza espressiva nella messa in scena, dove la palpitante recitazione di Valentini interagisce con la voce del contrabbasso suonato da Franco Finocchiaro, chiamata a disegnare linee di idilliaco miele melodico, ma anche a sprigionare inquietudine come impazzendo tra rumori profondi, stridenti o apocalittici. E bastano quindici minuti per coinvolgere e sconvolgere il pubblico.  

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