Epitaffio per Felix Picherna
Questi ultimi anni sono
particolarmente dolorosi per il Tango che perde ad uno ad uno i suoi
ultimi idoli o comunque i protagonisti diretti del suo splendore,
quando questa cultura non era mortificata dalla superficialità
bulimica con cui sta imperversando sul globo terracqueo. Venerdì è
toccato a Felix Pixcherna, che mi permetterei di nominare il
“musicalizador major de Buenos Aires”, riecheggiando il titolo
attribuito ad Anibal Troilo per la sua arte sublime di suonare il
bandoneon. Dall'altro lato, se dovessi riassumere il ricordo di Felix in un epitaffio alla sua memoria, condivisibile da tutti coloro che lo hanno conosciuto anche come uomo, sceglierei tre parole: riservatezza, eleganza e umiltà. Ma noi che lo abbiamo conosciuto molto da vicino tanto da dedicargli una monografia, Dino Vittimberga ed io, sappiamo che all'appello manca almeno un'altra parola: poesia. Ed è attraverso ad una inconsapevole essenza poetica che Felix era riservato, elegante e umile, espandendo queste vocazioni spontanee della sua umanità, anche alla professione di musicalizador da lui stesso inventata alla fine degli anni '50.
Noi abbiamo avuto la
fortuna che, grazie al colesterolo buono della globalizzazione
tanguera, Felix ha vissuto per lunghi periodi nella “bella Italia”,
come lui amava chiamare la penisola. Qui è stata colta
l'autorevolezza con cui svolgeva la professione che egli stesso aveva
letteralmente inventato alla fine degli anni '50, ma anche in questo
caso in pochissimi hanno sentito la necessità di approfondirne i
contenuti. Tanta tenerezza a buon mercato, tanta stima e soprattutto
tanto pittoresco, così che, quando convalescente dopo una grave
malattia ha dovuto decidere di rientrare precipitosamente in patria,
pochi si sono accorti che il vuoto spalancatosi alla sua partenza non
era solo sentimentale e affettivo.
Certo, pullulano gli epigoni bene
o male riusciti, ma certamente è venuta a mancare una conoscenza che
non può essere nutrita solo di nozioni ma deve mettere le radici
nel cuore della cultura del Tango: la musica. Non basta sapere le
date di un incisione o i componenti di una orchestra, ma è
necessario capire gli stili, la loro origine e la loro metafisica, la
loro traiettoria e la loro sostanza. Non basta vantare la sontuosità
della propria collezione di documenti fonografici, per mettersi nella
scia dell'arte di Picherna nel selezionare la musica per una milonga. Per farlo ci vuole studio, tanto studio con approfondimenti storici,
ascolti consapevoli, capacità di analisi e di sintesi. Proprio
perché Picherna aveva pazientemente compiuto questo tragitto
percettivo, era il maestro inarrivabile di un artigianato divenuto
arte. Si affaccerà alla ribalta qualcuno con la pazienza e l'estro sufficienti a mettersi veramente sulle traccie di Felix che sono quelle stesse del Tango.
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