Tempelhof, tre hangar per i rifugiati a Berlino


Aereporto di Tempelhof, 23 dicembre 2012

Le condizioni di indecenza in cui versano i profughi a Lampedusa, a Ventimiglia,  o nella giungla di Calais, sono immensamente più vergognose di quello che accade nel vecchio e dismesso aeroporto berlinese di Tempelhof, dove sono ospitate circa 3000 persone provenienti dalla Siria, dall'Irak, dall'Iran, dall'Afghanistan, dalla Libia. Ma anche qui l'organizzazione dei tre hangar dove sono state allestite tende o spazi separati da pannelli di tela, manca di alcune precauzioni e di alcune predisposizioni elementari e necessarie a rendere il calvario degli ospiti più umano.




In primo luogo, alle persone è stato assegnato un posto indipendentemente dal paese di origine e questo ha innescato le turbolenze tra culture che sono antagoniste tra di loro, riproducendo gli screzi che dividono le politiche dei diversi paesi di provenienza. In secondo luogo le condizioni igieniche sono minacciate dal fatto che non esistono docce affinchè gli ospiti si possano lavare completamente. In terzo luogo il cibo che viene servito a fronte di lunghe code ha razioni molto povere, ma soprattutto è di una qualità molto scadente.




In quarto luogo la sistemazione, seppur attrezzata con divisori che lasciano una qualche intimità dividendo in gruppi di sei i profughi, non consente di chiudere le luci che restano quindi accese anche di notte con gravi problemi per il sonno, del resto disturbato dai comprensibili pianti  dei neonati che vengono amplificati all'interno di uno spazio così grande. Eppure il Governo tedesco si vanta nei confronti dei partners europei del suo impegno umanitario nei confronti di un problema dalle dimensioni epocali.  Insomma qualcosa, anche a costo zero, si poteva fare per potersi vantare di un'ospitalità veramente encomiabile.




Per esempio utilizzare altre sale che non sono state allestite, ricavare in una di questa un refettorio, suddividere  le famiglie per paese di provenienza. Accorgimenti che avrebbero reso meno caotica e problematica  la permanenza di un'umanità che la guerra, il terrorismo, la religione ha già duramente colpito. Forse dalla più forte economia europea potevamo aspettarcelo, ora che ha finalmente deciso coraggiosamente di farsi carico di un problema che in passato era relegato ai paesi mediterranei, Italia in testa. 





Dal canto suo la città di Berlino ha generosamente offerto Tempelhof che è un luogo si culto perchè l'aeroporto chiuso nel 2008 ha avuto un ruolo moto importante quando, appena dopo la seconda guerra mondiale, la città fu soggetta al blocco dei viveri da parte dei sovietici. Qui i famosi "Rosinenbomber" degli alleati facevano sopraggiungere tutti i beni di prima necessità: l'episodio accelerò la divisione della città con il celebre muro. 


Nel 1953, alcuni hangar ospitarono i fuggitivi dalla DDR

Più recentemente, nel 2010, un referendum salvò gli edifici aeroportuali da un progetto di smantellamento in favore di una riedificazione abitativa dell'area, con la speculazione edilizia che ne sarebbe derivata. Così oggi questo spazio simbolo della Germania "anno zero" ed insieme esempio di "democrazia dal basso", è divenuto una risorsa pubblica straordinaria, in quanto è la sede di molteplici attività tra le quali fiere,mega feste, serate di discoteca, concerti. 



A proposito di una sensibilità di cui bisogna dare atto, il mega gigante delle vendite on line Zalando, ha deciso di annullare l'iniziativa del festival musicale "Bread & Butter" prevista in gennaio negli hangar di Tempelhof, per organizzare un evento di beneficenza in favore dei profughi. A suggello di questo cambio di programma, l'azienda ha detto di voler contribuire al sostegno in favore dei profughi anche perchè tra i suoi 3800 dipendenti, si possono contare 100 nazionalità diverse. 

L'aeroporto di Tempelhof all'epoca della seconda guerra mondiale

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