Amici di J.C. 24: el entrerriano Arnaldo Calveyra



Arnaldo Calveyra
Arnaldo Calveyra fa parte del gruppo di intellettuali argentini che optarono per stabilirsi in Francia, di fronte una situazione politica che in Argentina avrebbe potuto censurare il loro lavoro e nche compromettere la loro sicurezza personale. Così nel 1960 Calveyra si stabilisce a Parigi dove morrà nel gennaio del 2015. Oltre che occuparsi di poesia e racconti, lo scrittore ha avuto l'onore di collaborare con uno dei più importanti registri teatali del '900: Peter Brook. 





Ed è proprio intorno ad un commento al Marat/Sade che Julio scrive all'amico da Londra, testimoniando il suo entusiasmo per una messa in scena e una interpretazione "assolutamente eccellente, dall'inizio alla fine senza una sola pecca". Julio era seduto su un palco in oprima fila in un matinèe con poco pubblico e dall'aspetto poco qualificato per non restare "disorientato sin dalla prima parola". 



Un Cortazar che dice di essere "uscito in mille pezzi" e tornato in hotel son una specie di febbre emozionale che avrebbe intralciato il suo tentativo di riposarsi e forse dormire. La lettera inviata a Calveyra è breve, son la promessa di una immediata telefonata al ritorno a Parigi, per fissare un appuntamento e continuare a parlare di presenza sulla grandiosità di questo allestimento.  Calveyra fu ospite per un mese nella casa inglese di Brook, conversando es assistendo a come il regista lavorava. Di quei giorni il poeta entrerriano che era anche drammaturgo racconta: "Viví unos meses en su casa, en Inglaterra: leíamos a Shakespeare, conversábamos; él hacía en ese momento una película, veíamos tomas; cada tanto él cambiaba todo, de pronto no quedaba nada y había que empezar de nuevo. La disconformidad total. Y sacar todo de un sombrero cada vez. ¡Qué prestidigitador! Yo creo que esa fue la lección más grande". 


                                                  


La poesia di Calveyra ha la caratteristica di essere spesso in prosa con brevi frasi ripetute con un formidabile effetto ritmico,lirica e con una genuina semplicità concettuale, mentre nella sua evoluzione tematica, il protagonista è il mistero con la sua maniera di alluderlo e di andare oltre la sua comprensione attraverso una lingua utopica. Anche le sue opere narrative sono animate dal suo stato di portavoce di una rivelazione, e per questo necessitano di una lettura poetica. Il riconoscimento del suo lavoro arrivò lentamente e fece dire alla nostra Cristina Campo che Arnaldo Calveyra "trasforma in felicità tutto quello che tocca" e questa opinione ha una straordinaria corrispondenza con la leggerezza dell'uomo che è stato, tanto da sembrare un essere in visita su questo mondo, e che per questo Aurora Bernardez chiamava "el Angel". 

                                       


Calveyra nacque in quella magica provincia argentina che è quela di Entre Rios. A proposito di questo e del suo legame con quei luoghi scrive: “Entre Ríos es mi fuente de inspiración, es un lugar geográficamente privilegiado. Estas tierran fueron el fondo de un mar, no sé en qué época el mar, retirándose, dejó este paisaje, estos ríos extraordinariamente bellos (…) Nací entonces, en el campo y cuando era chico pensaba que jamás iba a dejare ese lugar. Pero a los nueve años tuve que pasar de la escuela de campo a una escuela en el pueblo, a siete kilómetros de allí, y esta es una cesura en mi vida, porque yo no creía que se pudiera dejar, si quiera por cuatro horas, ese paraíso en que vivía”. Secondo una osservazione di Cristina Campo che lo conobbe appena giunto in Francia, chi ha la fortuna di essere nato in campagna, porterà con sè durante tutta la vita il possesso di un linguaggio arcano e un volo musicale nelle frasi. 




In questo quadro rurale, importantissima fu la figura materna che gli impose diandarsene da Entre Rios: Calveyra ricorda che "Me fui de Entre Ríos [a Buenos Aires] gracias a mi madre, era pobre, inventaba la plata, mandaba el cheque, los huevos de gallina en cajas de madera. Ella vivía en el campo, mi padre era campesino, ella era maestra. Una maestra en el campo, ¿imagina esa experiencia? Éramos doce, murieron dos, quedamos siete chicos y dos chicas”. Nella sua prima raccolta di poesia edita nel 1959, Carta para que la alegria, uno dei sui versipiù emblematici dice:  "en el ferry fue tan lindo mirar el agua. / ¿Y sabes?, no supe que estaba triste hasta que me pidieron que cantara”. 




La cosa molto curiosa è che i suoi libri iniziarono ad essere pubblicati in francese anche se scritti originariamwente in castigliano e solo dopo sono stati ripresi in lingua spagnola: non più di vent'anni or sono. Quindi nel suo paese è stato pressochè sconosciuto per molti anni mentre in Francia è giundo ad essere insignito dell'Ordre des Arts et des Lettres. La sua percezione sull'Argentina, dichiarata durante un'edizione della Fiera del Libro di Buenos Aires è del tutto critica: "Es que este país está preso. Preso por la gente mediocre. La gente mediocre ha tomado el poder. Un país mediocre que tiene cinco o seis poetas. Eso, querido, es así. Es un misterio por qué ha sido poseído por la mediocridad. La gente es simpática, viene a la feria, va a escuchar poesía, necesita una valencia, están enfermos de carencia… Pero de pronto tienen en la cabeza como una revelación perversa y entienden que no se puede gobernar sin robar… Preso, un país preso por eso". 


Julio Cortazar con Arnaldo Calveyra

Proprio nel gennaio di quest'anno, in una sera quialsiasi mentre era nel suo labirintico appartamento parigino, un infarto lo ha ucciso all'età di 85 anni. Del suo primo incontro con Cortazar con la sua vivacissima memoria ricorda: "recuerdo que a Julio Cortázar lo conocí, un día en que él vino a escuchar una de mis lecturas…leí con otra gente, estaba Eduardo Jonquier, que era gran amigo de él…También estaba Alejandra Pizarnik y qué también era amiga de Julio. Después naturalmente vino a saludarnos, y yo había leído de “Cartas para que la alegría” un texto que se llama Rayuela.. Él me dijo: “Sabés que yo estoy escribiendo un libro que se llama Rayuela” . El azar fue tal, que no nos dejó hasta su muerte. Fueron encuentros extraordinarios, por ejemplo, encontrarse por la calle, como pasa en su novela…".


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