Alcides Ghiggia, scompare l'eroe celeste del Maracanazo
Alcides Edgardo Ghiggia, stringe a Coppa Rimet |
Erano quasi 200 mila gli spettatori (i paganti risultarono ufficialmente 173.850, quelli presenti 199.854) che affollarono il Maracanà il 16 luglio del 1950, quando la nazionale brasiliana affrontò l'Uruguay per conquistare la Coppa Rimet, forte di tutti i pronostici più favorevoli. Ma la grande gioia si trasformò in una tragedia che un giornalista definì " La nostra Hiroshima".
A propiziare l'incredibile successo della "celeste", fu Alcides Edgardo Ghiggia, una minuscola ala di 23 anni, con i baffetti stilizzati alla Clark Gable, le gambe lunghe e il torace corto, travolgente nell'abilità con cui dribblava gli avversari e prolifico finalizzatore che nelle quattro partite della Coppa aveva realizzato sempre, segnando quattro reti.
Gli uruguayani dopo aver preso un palo proprio con Ghiggia in avvio di gara e neutralizzato con sicurezza gli attacchi avversari, passarono in svantaggio al secondo minuto della ripresa, per via della rete dell'ala destra Albino Friaça Cardoso. Ma la squadra non si è abbattuta, anzi sembrava aver rinnovato le sue forze di fronte alla carica e e alle incitazioni a reagire del "Negro Jefe", Obdulio Jacinto Varela. Il capitano uruguayano, seppure definito “medio crudo, crudo bruto”, fu protagonista di una bellissima vicenda sportiva quando, alla fine della partita, si recò in alcuni bar di Rio "para compartir el dolor con los hinchas brasileños".
Il goal di Friaça |
Il pareggio di Schiaffino |
Al 76', sul risultato di 1 a 1, che avrebbe consentito al Brasile di vincere la coppa, “Ñato” (soprannome dato a Ghiggia in patria) fu protagonista di un'azione ubriacante: dai e vai con Julio Gervasio Perez che indirizza il pallone penetrante sul quale Ghiggia si avventa, mettendo in scacco il suo marcatore Bigode potente ma troppo lento; entrata in area a gran velocità e gran tiro rasoterra che passa tra palo e portiere, annichilisce tutta la nazione e Moacyr Barbosa, il povero portiere che divenne il capro espiatorio della vicenda, soffrendo una pena durata per tutta la sua vita futura. (Quando morì nel 2000 un giornalista commentò il lutto scrivendo: "La seconda morte di Barbosa").
Tre diverse prospettive del goal di Ghiggia |
Al Maracanà e in tutto il paese scese un silenzio impressionante. Lo stesso Ghiggia disse in seguito " solo tre persone sono riuscite a far piombare nel silenzio il Maracanà, Frank Sinatra, il Papa ed io". Quel silenzio irreale purtroppo fu il prologo a 36 suicidi e 56 infarti fatali. I giocatori della nazionale dovettero essere imbarcati di nascosto su un volo diretto a Montevideo per evitare ripercussioni; Ghiggia fu pestato all'uscita dello stadio e dovette rientrare in patria con le stampelle.
Rimet che in seguito disse "tutto era stato previsto tranne il successo dell'Uruguay", consegnò sbrigativamente la Coppa nelle mani degli uruguayani che non furono accompagnati nell'agghiacciante cerimonia neanche dal loro inno nazionale, in quanto la banda non aveva con se le relative partiture, essendo assolutamente convinta di non doverle utilizzare.
L'effetto fu ancora più devastante di fronte al fatto che tutta la stampa aveva già pubblicato il giorno precedente, la notizia della vittoria brasiliana e addirittura il governatore di Rio de Janeiro, il Generale Angel Méndez de Morais, aveva proclamato la vittoria di fronte al mondo intero, prima dell'inizio della gara. Di questo risultato erano così convinti anche i membri della delegazione della federazione uruguayana che rientrarono tutti in patria prima che si giocasse la partita, temendo di dover assistere ad una intollerabile goleada dei padroni di casa.
A nessuno bastava riflettere su come erano andate le cose tra le due nazionali prima di quella gara. I brasiliani avrebbero dovuto temere il peggio, mentre gli uruguayani avrebbero dovuto sperare con una certa fiducia. Infatti le precedenti sfide vedevano 16 vittorie uruguayane contro 8 vittorie brasiliane, e solo nel maggio precedente la celeste aveva battuto a San Paulo la nazionale di casa per 4 a 3.
Jules Rimet con Capitan Varela |
L'effetto fu ancora più devastante di fronte al fatto che tutta la stampa aveva già pubblicato il giorno precedente, la notizia della vittoria brasiliana e addirittura il governatore di Rio de Janeiro, il Generale Angel Méndez de Morais, aveva proclamato la vittoria di fronte al mondo intero, prima dell'inizio della gara. Di questo risultato erano così convinti anche i membri della delegazione della federazione uruguayana che rientrarono tutti in patria prima che si giocasse la partita, temendo di dover assistere ad una intollerabile goleada dei padroni di casa.
Ghiggia portato in trionfo |
A nessuno bastava riflettere su come erano andate le cose tra le due nazionali prima di quella gara. I brasiliani avrebbero dovuto temere il peggio, mentre gli uruguayani avrebbero dovuto sperare con una certa fiducia. Infatti le precedenti sfide vedevano 16 vittorie uruguayane contro 8 vittorie brasiliane, e solo nel maggio precedente la celeste aveva battuto a San Paulo la nazionale di casa per 4 a 3.
Dopo quella partita e i tre giorni di lutto nazionale che seguirono, il Brasile non giocò per due anni e quando tornò a gareggiare smise la sua classica casacca bianca col colletto blu, per indossare i colori divennero quelli verde oro che conosciamo oggi: tutto concorreva al tentativo di dimenticare la tremenda tragedia del 1950. Anche qualche puntata nel patetico, come quando la stampa tentò di far correre la notizia che il match sarebbe stato annullato perchè sembrava che Ghiggia non fosse uruguayano ma argentino.
Ma il risultato non fu riconsiderato e il Maracanazo continua ad essere una delle pagine più romantiche del calcio. Dopo quel campionato del mondo Ghiggia giunse in Italia restando 8 anni a Roma con i giallorossi: in campo da pura ala destra; fuori campo da protagonista della Dolce Vita con le sue tre Alfa Romeo e con la sua attitudine al corteggiamento delle più avvenenti delle femmine capitoline.
Vestì la maglia azzurra in una occasione, vinse un campionato con il Milan giocando solo quattro partite e chiuse a 42 anni la carriera tra le file del Danubio in Uruguay. A lui come agli altri campioni che visnsero il mondiale, lo Stato garantì un lavoro sicuro che per Alcides fu quello di ispettore al Casinò Municipale di Montevideo, compito che svolse fino al 1992.
Il caso ha voluto che Ghiggia morisse per un attacco cardiaco all'età di 88 anni proprio il 16 luglio di quest'anno, nella stessa data di quella storica partita dei campionati del mondo del 1950. Ormai viveva molto semplicemente, continuando a rilasciare qualche intervista per sbarcare il magrissimo lunario, rimanendo nonostante tutto sempre sufficientemente affascinante per conquistare l'amore della terza moglie, più giovane di 35 anni.
Figurina anni '50, con Ghiggia romanista |
Vestì la maglia azzurra in una occasione, vinse un campionato con il Milan giocando solo quattro partite e chiuse a 42 anni la carriera tra le file del Danubio in Uruguay. A lui come agli altri campioni che visnsero il mondiale, lo Stato garantì un lavoro sicuro che per Alcides fu quello di ispettore al Casinò Municipale di Montevideo, compito che svolse fino al 1992.
Ghiggia con la maglia della nazionale italiana |
Il caso ha voluto che Ghiggia morisse per un attacco cardiaco all'età di 88 anni proprio il 16 luglio di quest'anno, nella stessa data di quella storica partita dei campionati del mondo del 1950. Ormai viveva molto semplicemente, continuando a rilasciare qualche intervista per sbarcare il magrissimo lunario, rimanendo nonostante tutto sempre sufficientemente affascinante per conquistare l'amore della terza moglie, più giovane di 35 anni.
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