Gli amici di JC 2: Blackburn e il magnetofono


L’interesse letterario suscitato dalle opere di Julio Cortazar ha coinvolto diversi paesi con le loro rispettive lingue, aprendo le questioni inerenti alla traduzione che, per la scrittura iperbolica di Julio, acquisivano un aspetto particolarmente delicato. Negli Stati Uniti, la serie di racconti intitolati Storie di cronopios e di fama, sono stati tradotti particolarmente bene dal poeta Paul Blackburn a cui Cortazar dichiara la sua riconoscenza e soddisfazione in una lettera speditagli nel marzo del 1960 da Parigi. 



Nella lettera scopriamo che Cortazar non riceve da Blackburn un plico cartaceo, bensì un pacco nel quale è contenuto un “nastro parlante” della durata di due ore, dove il poeta legge le sue traduzioni in inglese. Cortazar, che non ha un magnetofono (i primi in commercio comparivano in Europa proprio nel 1960), si reca in un negozio dove la sua richiesta di ascoltare il nastro è accolta. I suoi commenti sono entusiasti e stupefatti: “E’ stata una sensazione straordinaria, all’inizio non capivi perché mi parlavi da lontano e c’erano altri suoni in sottofondo. Poi hai iniziato a leggere i Cronopios, ed è stato perfetto come un miracolo”…..”Credo che il tempo della magia sia iniziato in questi anni, non all’epoca di Ermete Trismegisto. Tutto è magia, è incredibile che questo rotolo di nastro marrone contenga due ore della tua voce, del tuo respiro….”…”la letture dei Cronopios mi è servita a rendermi conto di come sono tradotti bene, di come mi sembrano vivi in inglese almeno quanto lo sono in spagnolo”.  




Blackburn, fa seguire la letture della sua traduzione da una serie di poesie che Cortazar ascolta attentamente anche se denuncia all’amico di conoscere bene l’inglese ma con le riserve di una persona che non lo pratica con assiduità. Quello che emerge tra i commenti è che le poesie non sono solo entrate nelle sue orecchie, ma hanno causato una “invasione totale, una presenza straordinaria, la presenza del poeta che trasmette il suo messaggio, che legge qualcosa che è parte del suo corpo e della sua anima, un grande poeta assorbito dalla sua città, circondato da un immenso mondo terribile e stupendo e che fa arrivare ad un amico lontano il riassunto della sua intera vita”. 


Blackburn non visse molto a causa di un cancro che lo stroncò nel 1971 a soli 45 anni nel 1971, ma fu uno dei protagonisti del culto localista che animò la poesia newyorkese, specchio di una città al centro delle avanguardie internazionali e quindi non completamente americana ma anche distante dai modelli europei. 





In questo milieu che non ha solo il dono di genius loci, ma anche quello di caratterizzare un ethos, Blackburn ha pubblicato tredici raccolte e purtroppo nessuna di queste è stata tradotta in italiano: l’unica edizione nostrana che riporta alcuni dei sui versi è la poderosa antologia “Nuova Poesia Americana. New York.” (Mondadori, 2009).  All’Interno di questa schiera di poeti residenti a New York, Blackburn ha fatto parte del gruppo Black Mountain Poet, vicini alla rivista che lui stesso ha contribuito a pubblicare e a distribuire con il titolo Black Mountain Review. 

The Black Mountain Review

Sul versante della traduzione il suo contributo è stato importante per autori di lingua castigliana quali Federico Garcia Lorca, Octavio Paz e appunto Julio Cortazar che conobbe a Parigi e di cui divenne anche agente letterario per gli Stati Uniti. La bella sorpresa di ascoltare in inglese la voce dei suoi cronopios, spinse Cortazar a prendere in considerazione l’idea di acquistare un magnetofono, nome inventato da Arrigo Castelli, titolare della Magnetofoni Castelli che ha ceduto la licenza di produzione al mitico marchio milanese Geloso.


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