MICHEL TAPIE', OCCHIO INFORMALE



Sconosciuto al grande pubblico, Michel Tapié de Ceyleyran è stato una figura di spicco della scena artistica del dopoguerra, inizialmente soprattutto come artista (il disegno in testa al post è suo, ed è stato publicato sul N°1 della rivista neo dadaista Les Reverbres, nel 1938), quindi esclusivamente come critico d'arte. 
Di origini aristocratiche e nipote del pittore Toulouse Lautrec, si è dedicato alla carriera artistica come musicista, pittore e scultore, ma l'attività in cui è stato certamente centrale ha riguardato il suo impegno come teorico, critico d'arte e, soprattutto, consulente artistico presso prestigiose gallerie parigine, esercitando in questo ruolo un'influenza internazionale con la promozione di talenti emergenti, appartenenti al quadro variegato della nuova 
Arte informale, espressione coniata dallo stesso Michel Tapié. 

Le Mic Hot Band, al vernissage della prima esposizione di « Les Réverbères » alla Galerie Quartier Saint-Georges di Parigi, con Michel Tapiè al clarinetto, 1939



La scintilla improvvisamente rivelatrice dal quale è scaturita l'ideazione del suo impianto teorico, si accese durante una visita di Tapiè alla galleria René Drouin nel 1944, congiuntamente all'amicizia con Jean Dubuffet che era suo vicino di casa  e che lo ha introdotto alla sua cerchia di amici artisti. Essendo un raffinato uomo di lettere, presto sarà invitato dai principali galleristi a scrivere introduzioni e cataloghi, come per il prezioso “Mirobulus, Macadam & Cie”, (pubblicato nel 1946 in sole 700 copie) che documentava proprio una mostra sconcertante di Dubuffet alla Galerie Renè Drouin. In quel primissimo dopoguerra la critica parlò di  pittura allucinante, di pittura malata,  frutto di uno stato mentale estremo, espresso con un vocabolario infantile. Invece si trattava del coraggio civile  di un artista che sceglie l'autenticità della materia per testimoniare la sua indignazione. 


Successivamente stringe amicizia anche con l'artista Georges Mathieu. Nel 1948 riceve l'incarico di organizzare una mostra alla galleria Colette Allendy intitolata  “HWPSMTB”, sigla che mette in fila le iniziali dei cognomi degli artisti invitati: Hartung, Wels, Picabia, Stahly, Mathieu, Tapié e Bryen. Diversi di loro scrivono un testo per il catalogo che quindi diventa una sorta di manifesto collettivo.L'intervento di Tapié su questo catalogo sostiene la necessità di coniugare la libertà della creazione con il presente, lontano da ogni automatismo: “Il tempo, come la natura, procede solo a passi da gigante, la vita è solo una successione di regali. […] Il Gioco si gioca giorno per giorno, ogni volta, senza alcuna sequenza. Incoerenza? Tanto meglio, ma non necessariamente: sistematizzare l'incoerenza sarebbe un altro cliché, minerebbe questa disponibilità totalmente libera al di fuori della quale l'uomo diventa branco (o soldato). »

                  


Nel luglio dello stesso anno, la Galerie des Deux Îles, recentemente realizzata da Florence Bank, presenta la mostra White and Black, dove vengono esposti disegni monocromi, incisioni e litografie di Arp, Bryen, Fautrier, Germain, Hartung, Mathieu, Picabia, Tapié, Ubac e Wols. Questa volta Mathieu chiede un testo al critico d'arte Édouard Jaguer e a Michel Tapié, per il quale questa sarà la sua ultima partecipazione come artista. Tapié lintitolò il testo Invite lodando in francese e in inglese i meriti di una libertà creativa decorata con nozioni di stile e composizione. Tra le altre cose qui introduce il concetto di informe che svilupperà in seguito sotto il nome di informale: "apriamo le classi e gli ambulatori, vivi la Fiera e i microbi, l'Incoerente e l'Informe finalmente liberati vincono su tutti i fronti perché hanno per loro l'unica forza magico-psichica appunto reale: l'Inerzia".



 Nel 1951 crea presso lo spazio della gallerista di origini russe Nina Dausset la storica mostra “Véhémences Confrontées”, in riferimento ai termini "veemente" e "sulfureo" usati da Andrè Malraux quando Tapiè gli presentò per la prima volta le opere di Georges Mathieu: sarà la prima occasione per vedere a Parigi de tendenze estreme della pittura non figurativa statunitense con le opere di de Kooning, Pollock e Russell. 




Scrisse il suo saggio “Un Art autre” che diede vita ad una mostra nel 1954 in collaborazione con la galleria Rive Droite, con lo scopo di presentare una nuova arte che assumerà varie terminologie a seconda del loro promotore, quali astrazione lirica, informale, tachismo e quindi anche art autre, tutte forme che appartenevano alla stessa volontà di ridefinire le possibilità oltre i confini già esplorati dal cubismo, dal surrealismo e dall'astrattismo geometrico, attraverso una lingua sconosciuta", liberata da ogni determinismo o formalismo, comunque astratta.


Ma il fatto che testimonia la curiosità del critico è la sua attenzione per il gruppo di artisti giapponesi Gutai, termine che può essere tradotto con concreto”, “reale”, “materiale” e trasmette la volontà di arrivare al “nocciolo” della creazione pura, di dare forma all’immediatezza dell’espressione artistica. Nella loro produzione pittorico-gestuale scoperta consultando la rivista Gutai pubblicata dal gruppo, Tapié riconosceva lo spirito che animava le proposte dell’Informel negli stessi anni. 

Gli artisti di Un Art Autre

La straordinaria attualità di Gutai, sin dal primo Manifesto pubblicato nel gennaio del 1955 sul numero uno della rivista loro rivista, riusciva in molti casi ad anticipare, con esiti di assoluta originalità, i grandi cambiamenti dell’arte occidentale degli anni ’60 per quanto riguarda ad esempio l’affermazione di generi quali l’installazione, la performance e la land art. Nel settembre del 1957 Tapiè si recò ad Osaka, accompagnato da Mathieu, che si esibì in kimono in una performance di action painting, e raggiunto qualche giorno dopo da Sam Francis,  per conoscere gli artisti e programmare una loro esposizione europea. Alla fine del mese usciva il N°8 del bollettino Gutai, dedicato a L'Aventure Informelle con un testo di Tapiè.


Tavole di Fontana, Insho, Tapies, Budd, Damian, Tanaka, Capogrossi, Serpan, Boille, Arai, Assetto, Ossorio, lauquin; Collana diretta da Ezio Gribaudo; Fratelli Pozzo Edizioni d'Arte, Torino 1961

Michel Tapiè coordina anche due esposizioni milanesi alla Galleria Cortina, Espaces Abstraits, nel 1969, e  Espaces Abstraits (II)1972, coinvolgendo in entrambe le circostanze  artisti di diversi paesi. 



L'anno precedente Tapiè aveva pubblicato attraverso l'0Edizione del Dioscuro di Torino e con l'egida del Centro Internazionale di Ricerche Estetiche, un saggio che dà forma definitiva a quello che  l'autore aveva pubblicato in maniera incompleta dopo il 1957, inserendo anche una serie di exergues con pensieri di Olivier Debré, Prajnamarita Hridaya, Frédéric Nietzsche, Bertrand Russel, Lao Tseu, Ludwig Wittgenstein.




La particolarità di questa mostra è l'apertura a un mondo sconosciuto nel circuito occidentale, che il curatore ha scovato a Téhéran, portando  in prima battuta a Parigi nella Galerie de la Maison de l'Iran per testimoniare la straordinaria vitalità creativa che in quegli anni interessava quel Paese.



Georges Mathieu: Portrait de Michel Tapiè, 1955

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