Por siempre Galeano

Eduardo Galeano nel suo cafè preferito

Dopo la lunga sofferenza derivata da un cancro ai polmoni, oggi si è spenta la vita di Eduardo Galeano, una delle voci più alte della letteratura latinoamericana; una voce che ha denunciato la condizione dei popoli del continente Sudamericano con fermezza ideologica e lucidità intellettuale. All'apice di questa posizione militante resta il suo saggio Le vene aperte del Latino america che nel 1971, dove viene analizzata la barbarie con cui colonialismo ha  saccheggiato, mortificato, oppresso le popolazioni passando dalla dominazione esplicita degli spagnoli a quella sotterranea ma altrettanto crudele degli Stati Uniti. 





Quando, durante il quinto summit delle Americhe tenuto a Trinidad e Tobago nel 2009, il presidente venezuelano Chavez ha incontrato Obama, ha pensato di regalare proprio questa straordinaria testimonianza al presidente statunitense: pochi giorni dopo negli Stati 



Uniti c'è stata un'impennata di vendite che ha portato il libro a classificarsi al secondo posto nella classifica delle vendite su Amazon. Galeano è nato nel 1940 in quella Montevideo dove i vecchi e romantici cafè lo hanno ospitato diventando a suo dire "la sua università": esattamente come per il poeta del tango Enrique Santos Discepolo che nel suo "Caferin de Buenos Aires" descrive questi luoghi come "l'università di tutte le cose". Un'università dove lo scrittore e giornalista uruguayano si è appassionato all'idea di una società più giusta abbracciando il comunismo. 



Presto, negli anni '60 sarebbe diventato direttore di due periodici palesemente schierati come Marcha e Epoca, pubblicati all'interno di quel sistema giornalistico uruguayano che era un vero e proprio modello per tutta la stampa sudamericana. Fondò anche Brecha e in Argentina Crisis, una rivista importantissima in tutto il panorama dei periodici sudamericani. 





Il suo prolifico attivismo gli costò il carcere durante la dittatura che nel 1973 toccò anche il suo paese, quindi un lungo esilio in Spagna. Il suo vecchio Cafè Brasileiro di calle Ituzaingò nella città vecchia a Montevideo, lo riaccoglierà nel 1985, indomito più di prima e manifesto vivente di quella "arte di vivere senza paura" che ha insegnato attraverso i suoi libri e i suoi articoli. 



Vicino al subcomandante Marcos nella causa del Chiapas e impegnato nella solidarietà per gli indiani del sud del Messico, la sua lotta si è spinta sino al terreno dell'utopia come quando in un articolo apparso su Liberation con il titolo "Il diritto di sognare", scrive: " una donna di colore sarà Presidente del Brasile, e un'altra donna di colore sarà Presidente degli Stati Uniti; una donna indiana governerà il Guatemala, e un'altra il Perù"... L'esemplare rigore intellettuale di Galeano ha praticato anche la leggerezza, trasmettendoci la sua passione per  il calcio. 



Un calcio che tra "splendori e miserie", non poteva essere altro se non quello romantico ed eroico, sopravvissuto all'egemonia dei diritti televisivi che hanno trasfigurato la natura stessa di questo sport. Un calcio che combatte  la sua battaglia come può, rifugiato in pochissime realtà come ad esempio quella del St Pauli.  In questo mondo che, come suggerisce lui, è mosso dal mercato e dalla guerra, la morte di Galeano ha sprofondato tutto il continente una immensa tristezza, testimoniata da un'invasione di interventi in rete, nella stampa e nelle dichiarazione di tutti i capi di stato che hanno imparato la sua grande lezione di libertà e per questa lottano ancora nei rispettivi paesi. 



Come unica citazione tra le tante commoventi e possibili, riporto quella dell'ex presidente uruguayano Pepe Mujica che, tra tutti, ha dimostrato nei fatti quanto il suo pensiero sia in empatia con quello di Galeano. Per lui lo scrittore è stato "un eletto che ha dato dignità a tutta l'America latina". Sullo sfondo di questo epitaffio, le reti sociali si sono unite dichiarando insieme uno slogan che è anche una entusiasmante promessa "Por Siempre Galeano". E così sia.





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