Gli amici di JC 20: i tormenti di Alejandra Pizarnik





Tra le innumerevoli lettere che Cortazar ha scambiato con i suoi amici e le sue amiche, pochissime raggiungono la tenerezza che traspare in quelle indirizzate alla poetessa Alejandra Pizarnik. Un'anima sensibilissima e travagliata al punto di essere così ferita dalla vita, da scegliere il suicidio come la soluzione estrema ad un disagio che le appariva inconsolabile. 




Era il 1972 e lei aveva solo 36 anni, vissuti in maniera bruciante tra l'interesse per la psicanalisi e quello per i surrealisti, Nerval, Blake e soprattutto Artaud in cui giunge ad identificarsi, scrivendo sul suo diario nel giorno di Natale del 1959: "Artaud sono io. La sua lotta con il silenzio, con il sentimento d'abisso assoluto, di vuoto, con il suo corpo alienato, come non associarlo alla mia lotta?". 


Alejandra con il costume nero a Mar del Plata nel 1965

Una lotta a cui si era arresa già l'anno prima del suicidio quando commentava: " Abbandono di tutti i piani letterari. Le parole sono più terribili di quello che sospettavo. La mia necessità di tenerezza è una lunga carovana, so che scrivo bene e questo è tutto. Però non mi serve affinchè qualcuno mi ami". 


Disegno di Alejandra Pizarnik

Presto sarebbe arrivato il ricovero in una clinica psichiatrica. Uscita da lì, per il consueto permesso del fine settimana, la sua disperazione e il suo amore per una vita che poteva esistere solo nel suo mondo, la spingono ad ingerire la dose fatale di barbiturici. Julio aveva cercato a più riprese di trasmettergli attraverso parole di insuperabile dolcezza, un filo di speranza e di amore con la quale alleviare il suo dolore. 




Non era sufficiente. In questi casi niente che possa fare un amico è sufficiente. Eppure è a Julio che Alejandra scrive nel 1971 quando tenta una prima volta il suicidio: "Me excedí, supongo. Y he perdido, viejo amigo de tu vieja Alejandra que tiene miedo de todo salvo (ahora, ¡Oh, Julio!) de la locura y de la muerte. (Hace dos meses que estoy en el hospital. Excesos y luego intento de suicidio -que fracasó, hélas". 


Biglietto di Alejandra Pizarnik a Cortazar dove è
scritto il frammento riportato in precedenza
La risposta di Cortazar è furiosa: "....Pero vos, vos, ¿te das realmente cuenta de todo lo que me escribís? Sí, desde luego te das cuenta, y sin embargo no te acepto así, no te quiero así, yo te quiero viva, burra, y date cuenta que te estoy hablando del lenguaje mismo del cariño y la confianza -y todo eso, carajo, está del lado de la vida y no de la muerte"... concludendo "Sólo te acepto viva, sólo te quiero Alejandra. Escribíme, coño, y perdoná el tono, pero con qué ganas te bajaría el slip (¿rosa o verde?) para darte una paliza de esas que dicen te quiero a cada chicotazo". 


"Al mio Julio, molti baci sulla fronte, vicino agli occhi azzurri.
La tua amichetta di lettere, Alejandra, Buenos Aires, 1969"


Sul suo sentimento protettivo, condiviso con la moglie Aurora, Cortazar scrive a Ana Maria Barrenechea: "Nos veíamos, ella venía con frecuencia a casa donde Aurora y yo la recibíamos y la sermoneábamos por su peligrosa manera de abandonarse al azar de las circunstancias, con toda clase de riesgos que no le importaban pero que los amigos conocíamos bien”. 






Alla scomparsa Cortazar scrisse per Alejandra due poesie pubblicandole sulla rivista Desquicio nell'autunno del '72. Questa è una:

Puesto que el Hades no existe,
seguramente estás allí,
último hotel, último sueño,
pasajera obstinada de la ausencia.
Sin equipajes ni papeles,
dando por óbolo un cuaderno
o un lápiz de color.
-Acéptalos, barquero: nadie pagó más caro
el ingreso a los Grandes Transparentes,
al jardín donde Alicia la esperaba.”
“Bicho aquí,
aquí contra esto,
pegada a las palabras
te reclamo.
Ya es la noche, vení"




Alejandra attendeva con impazienza e rassegnazione la corrispondenza di Cortazar e quando leggiamo il suo commento su certe lettere, non è difficile immaginare che si tratti proprio di quelle che gli inviava Julio: "Sus cartas crean un segundo silencio más denso aún que el de sus ojos desde la ventana de su casa. El segundo silencio de sus cartas da lugar al tercer silencio hecho de falta de cartas. Toda la gama de silencios en tanto de ese lado beben la sangre que siento perder de este lado. No obstante, si no sintiera esta correspondencia vampírica, me moriría de falta de una correspondencia así. Alguien que amé en otra vida, en ninguna vida, en todas las vidas. Alguien a quien amar desde mi lugar de reminiscencias, a quien ofrendarme, a quien sacrificarme como si así cumpliera una justa devolución o restableciera el equilibrio cósmico". 





Cortazar ha conosciuto Alejandra a Parigi dove la poetessa lavorava per la rivista Cuadernos e per diverse case editrici, affrontando la traduzione di grandi autori tra i quali il suo amato Artaud. 



Ma anche qui il male di vivere la perseguita, come si intuisce da un'intervista rilasciata nel 1962 dove dice: "se c'è una ragione per la quale scrivo, è perchè qualcuno mi salvi da me stessa". E' lo stesso concetto che già nel 1958 la tormenta: Ho meditato sulla possibilità di impazzire. 


Artaud tradotto da Alejandra


Questo succederà quando smetterò di scrivere. Quando la letteratura non mi interesserà più". A Parigi la Pizarnik scrive il suo libro più perturbante, Extraccion de la piedra de locura, ma anche l'opera che segna la svolta della poetessa, dalla versificazione alla prosa. 

Questo libro porta l'illustre prologo di Octavio Paz


Nel 1964 la sua permanenza in Francia si conclude con il rientro a Buenos Aires dove pubblicherà i suoi lavori più significativi come Los trabajos y las noches, scritto a Parigi e testimonianza della sua disperazione, della sua solitudine parigina, dei suoi deliri, delle sue ossessioni che si moltiplicheranno in quest'ultimo periodo della sua vita. Alejandra scrive in questo libro "Los que llegan no me encuentran, los que espero no existen". 




Tra le pubblicazioni, esiste anche un saggio incluso nel volume La vuelta de Cortazar en nueve ensayos che si pubblicò a Buenos Aires nell'ottobre del 1968 per l'editore Carlos Perez che qualche anno più tardi figurò tra i desaparecidos. In copertina figurava un foto famosa di Sara Facio che fu virata con un filtro giallo. Quando il libro spedito in Place General Beuret raggiunse la casa parigina di Julio, lo scrittore era stato colpito dalla influenza di Hong Kong che aveva donato alla sua carnagione proprio la tinta dominante nella copertina di questo primo lavoro, scritto esclusivamente sulla sua opera narrativa. 



Ce lo suggerisce proprio Cortazar che febbricitante, scrive subito una lettera a Nestor Tirri che ha coordinato la pubblicazione, dicendo "profeticamente ho nella copertina la stessa faccia  che ho stanotte, perfettamente gialla". Tra i nove saggi, quello di Alejandra divenne l'highlight ed analizza il racconto "El otro cielo" incluso in Todo los fuegos el fuego. Il soggetto del testo pone in relazione Parigi (simbolizzata dalla Galerie Vivienne e da Josiane) e Buenos Aires (simbolizzata dal Pasaje Guemes e da Irma). Queste città sono il teatro di fatti  perfettamente in sintonia con l'universo fantasmatico di Cortazar. Un operatore di Borsa incontra da un lato il fantasma di Josiane, che è una prostituta di fine ottocento, più vitale e persuasiva di Irma, l'insipida fidanzata del protagonista; dall'altro proprio Irma con tutto il suo carico di realtà insignificante. Coinvolto in questo mondo fantastico il protagonista vive a Buenos Aires all'epoca della seconda guerra mondiale e a Parigi, sul finire dell'800. I limiti spazio temporali sono infranti, per dare vita all'impossibile che ha la caratteristica di svolgersi in un clima notturno e onirico. C'è anche una lettura psicanalitica quando il protagonista prova attrazione o meglio desiderio per Josiane che è un fantasma: il suo desiderio si incarna in un fantasma, mentre nel reale è avvilito dalla figura della madre di Irma. La Pizarnik scrive: "Es verdad que su llamamiento o reclamo incluye meras fantasías, pero en cambio son muy reales la soledad y el sentimiento del exilio de estas criaturas que exigen de lo imaginario aquello mismo que un poeta del lenguaje, esto es: que sea su verdadera patria [...] El desdoblamiento de sí o la certidumbre (y el terror) de ser dos, o el miedo de perder la identidad, o el desconsuelo ulterior a la proyección de criaturas psíquicas maravillosas en el mundo real". 



Il protagonista entra in una delle due gallerie e sbuca fuori nell'altra, facendo il surreale salto nel tempo e nello spazio che propizia gli incontri con le due creature femminili. Incontri che in fondo sono comunque disincontri in un esilio immaginario dove si può coesistere con la propria ombra . La Pizarnik trova in questo clima fantastico lo spirito di Lautremont di cui è stata una fedelizssima lettrice e che, per giunta, Cortazar cita in due epigrafi che fanno riferimento ai Canti di Maldoror, ognuna in testa ad una delle due parti in cui è suddivisa la storia. 

Disegno di Alejandra Pitalnik

Ma solo chi conosce bene l'opera di Lautremont può immaginare di cosa si tratta in quanto la fonte non è citata. E Lautremont, al secolo Isidore Ducasse,  compare come l'ultima parola scritta da Alejandra prima del gesto fatale:

"criatura en plegaria
rabia contra la niebla

escrito
en
el
crepúsculo contra

la
opacidad

no quiero ir
nada más
que hasta el fondo

oh vida
oh lenguaje
oh Isidoro".

Alejandra riposa a La Tablada, uno dei diversi cimiteri israeliti di Buenos Aires.

Commenti

  1. Meraviglioso pezzo grazie, avresti le poesie di J. per Alejandra tradotte?

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