L’Alba tra il 25 aprile e il Primo Maggio


A sinistra si discute e organizzando riflessioni intorno a gruppi di militanti si stilano programmi affascinanti che come rovescio della medaglia minacciano di frammentare una situazione già di per se complessa. Ultimi arrivati in quest’atmosfera turbolenta sono i protagonisti di un’iniziativa promossa dallo storico inglese d’adozione toscana Paul Ginsborg.
Sabato 26 aprile, al Pala Mandela di Firenze, il gruppo si è anche dato un nome, non con una scelta verticista ma condivisa tra tutti coloro che hanno voluto partecipare alla decisione indicando la propria preferenza sul sito http://www.soggettopoliticonuovo.it/.    



La proposta che ha raccolto più consensi è stata “Alleanza lavoro beni comuni”, sintetizzata nell’acronimo evocativo di Alba.  
Intanto è interessante chiarire che i promotori provengono dai vincitori del referendum tradito: quello sull’acqua pubblica. Dietro a questa medaglia c’è senz’altro l’ostilità verso il neo liberismo europeo, l’opposizione verso le politiche di Monti con una particolare posizione critica sulla riforma del lavoro, l’antipatia sia verso i partiti politici attuali che verso l’antipolitica, posizioni che occhio e croce raccoglierebbero un 2 per cento nel caso il movimento si presentasse alle politiche.
Su questo Ginsborg frena perché pensa sia più l’work in progress necessario a sviluppare i circoli territoriali, seguendo quindi la metafora del viaggio e del camminare insieme a lui cara, piuttosto che imboccare il vicolo cieco di un ennesimo partito alla sinistra del PD . A proposito di quest’aria idealista l’assemblea concorda nel riconoscersi nell’essere “ per l'appartenenza plurima; per l'apertura a tutti coloro che condividono questo stile 'altro', anche se militano, contemporaneamente, in un'altra organizzazione”.
Ad ogni modo, per fare qualche nome dell’intellighenzia raccolta intorno al progetto, il coro può contare di personaggi quali l’insigne sociologo Luciano Gallino; Marco Revelli e Guido Viale cresciuti tra le fila di Lotta Continua; Ugo Mattei professore di diritto a San Francisco ma soprattutto sostenitore della straordinaria esperienza di occupazione che continua al Teatro Valle di Roma; Stefano Rodotà e inoltre protagonisti del movimento No Tav, del sindacato Fiom, del nocciolo fondante del gruppo fiorentino di “Sinistra unita e plurale”. Proviamo a distillare un florilegio che raccolga le parole più significative  tra quelle dette dagli oratori ad un pubblico di circa 1500 ascoltatori.


Incominciamo con Marco Revelli: “Partiamo dalla pregiudiziale antiliberista, cioè la constatazione del fallimento totale del dogma che ci ha portato alla catastrofe attuale e la necessità di contrapporgli un organico modello alternativo. In parallelo dalla centralità della questione del lavoro, a cominciare dalla difesa intransigente dello Statuto dei lavoratori nella sua integralità”.

Massimo Torelli (Sinistra Unita e Plurale)  chiarisce: «Il soggetto politico nuovo 'Alba' nasce perché speriamo ci sia un numero elevato di cittadini che non trova nell'attuale offerta politica un suo riferimento ideale. Non ci siamo dati la scadenza del 2013, il percorso avviato oggi andrà avanti di tappa in tappa, e a seconda di quanta partecipazione riusciremo ad attivare, stabiliremo tutti insieme che fare».

 Alberto Lucarelli, insiste sulla critica delle attuali forme di partito: «Oggi sono fisiologicamente inadatte alle realizzazione dell'articolo 49 della Costituzione, per questo è necessario un nuovo soggetto che non abbia paura di confrontarsi con la rappresentanza e le elezioni».

Giorgio Airaudo della Fiom, dice che “serve qualcosa di grande per rappresentare il lavoro, che ne ha un gran bisogno, e affrontare battaglie non per testimonianza ma per vincerle. E chiunque voglia affrontare le elezioni del 2013 in modo credibile, non può non dire come si correggono i disastri delle 'riforme', da quella delle pensioni a quella del mercato del lavoro”. 


Infine le proposte:
Istituire un’Agenzia per l’occupazione simile alla Works Progress Administration del New Deal americano (works = opere pubbliche). L’Agenzia stabilisce i criteri di assunzione, il numero delle persone da assumere, il livello della retribuzione, i settori cui assegnarle. Le assunzioni vengono però effettuate e gestite unicamente su scala locale, da comuni, regioni, enti del volontariato, servizi del lavoro, ecc.
Per cominciare si dovrebbe puntare ad assumere rapidamente almeno un milione di persone. Poiché tale numero è inferiore a quello dei disoccupati e dei precari, occorre stabilire inizialmente dei requisiti in cui i candidati dovrebbero rientrare. Un requisito ovvio potrebbe essere l’età: p. e. 16-30 anni, oltre ovviamente alla condizione di disoccupato o precario.
L’Agenzia offre un lavoro a chiunque, in possesso dei requisiti richiamati sopra, lo richieda e sia in grado di lavorare.
Le persone assunte dall’Agenzia dovrebbero venire impiegate unicamente in progetti di pubblica utilità diffusi sul territorio e ad alta intensità di lavoro. (Le grandi opere non presentano né l’una né l’altra caratteristica). Progetti del genere potrebbero essere: la messa in sicurezza di edifici scolastici (oggi il 50% non lo sono); il risanamento idrogeologico di aree particolarmente dissestate; la ristrutturazione degli ospedali (nel 70% dei casi la loro struttura non è adeguata per i modelli di cura e di intervento oggi prevalenti). Per attuare progetti del genere sarebbero richieste ogni sorta di figure professionali.
Finanziamento. Nell’ipotesi che ogni nuovo occupato costi 25.000 euro, per crearne un milione occorrono 25 miliardi l’anno (la maggior parte dei quali rientrebbero immediatamente nel circuito dell’economia). Si può pensare a una molteplicità di fonti: fondi europei; cassa depositi e prestiti; una patrimoniale di scopo dell’1% sui patrimoni finanziari superiori a 200.000 euro (la applica la Svizzera da almeno mezzo secolo); obbligazioni mirate. Andrebbero altresì considerate altre fonti. Ad esempio, si potrebbe offrire a cassaintegrati di lunga durata la possibilità di scegliere liberamente se lavorare a 1000-1200 euro al mese piuttosto che stare a casa a 750, a condizione che sia conservato il posto di lavoro (è possibile, con l’istituto del distacco). Qualcosa del genere andrebbe considerato per chi riceve un sussidio di disoccupazione. In questi casi l’onere per il bilancio pubblico (includendo in questo l’Inps) scenderebbe di due terzi. Infine va tenuto conto che molte imprese sarebbero interessate a utilizzare lavoratori pagando, per dire, soltanto un terzo del loro costo totale.



Tutto questo invocando un “cambio di paradigma” nel modo di pensare le cose e di fare la politica; negli stili di comportamento e di organizzazione; nel metodo, che qui aspira a diventare contenuto; nel rapporto inevitabilmente nuovo, tra governanti e governati, che rovesci l’attuale deriva che va, ferocemente, dall’alto verso (e contro) il basso; nel linguaggio, che sappia parlare ad una platea ampia, larghissima, quella delle vittime dell’attuale modello economico e sociale – fallito e fallimentare, ma totalitario -: a quel 99% a cui si rivolge il movimento di Occupy Wall Street e che non si riconosce nella lingua morta delle diverse tradizioni politiche…


Ps: le immagini documentano le iniziative di Occupy Wall Street per il 1°Maggio 

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