Un quintetto con due super musicisti marchigiani e tre milanesi: da un lato l'urbinate Daniele Di Gregorio, leader e virtuoso del vibrafono, e il pianista di Macerata Carlo Gargioni che è stato tragicamente fulminato da una leucemia fatale a soli 45 anni nel 2008; dall'altro il sassofonista Maurizio Carugno e una ritmica con me al contrabbasso, mentre alla batteria si sono avvicendati Stefano Bagnoli e Giampiero Prina che dopo aver lottato per dieci anni ci ha lasciato nel 2002: anche lui come Carlo all'età di 45 anni. Musica freschissima e molto legata all'attualità che ascoltavamo arrivare dagli States in quegli anni '80. L'attività del gruppo è durata qualche anno con molto successo di critica e pubblico. Tra le partecipazioni più prestigiose, oltre alla vittoria al Festival di Forlì per i gruppi emergenti, al raggiungimento delle finali della Coppa del Jazz indetta dalla RAI che si è trovata a selezionare le oltre 150 formazioni che si sono presentate, la serata più emozionante si è svolta al Teatro Ciak di Milano dove si svolgeva il blasonatissimo Festival Internazionale di Jazz Città di Milano, dedicato al critico e storico del jazz Arrigo Polillo. In questa circostanza eravamo di fronte alla preoccupazione di catturare il pubblico che in gran parte aveva riempito la sala per ascoltare il gruppo della star che avrebbe suonato dopo di noi: Jaco Pastorius! Ci riuscimmo con un set vertiginoso per vivacità, virtuosismo, vibrazioni. E vorrei puntualizzare quest'ultimo aggettivo che per un grossolano errore, ma credo nell'ipotesi che si trattasse di crassa ignoranza, è diventato nelle mani di chi ha redatto il materiale promozionale uno strumento musicale: si perchè secondo il volantino e il manifesto, Daniele Di Gregorio avrebbe sostituito il vibrafono con le "vibrazioni"! Di seguito, oltre a un paio di recensioni del disco prodotto dalla Spasc(h) di Peppo Spagnoli, che ha creato la grafica e il dipinto di copertina, ho creduto buffo aggiungere la testimonianza di questo surreale lapsus.
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