La Lézarde, primo romanzo di Edouard Glissant
Sono passati cinquantacinque anni prima che l’editoria italiana si sia decisa a colmare una lacuna obiettivamente grave, traducendo finalmente nella nostra lingua il primo romanzo di Édouard Glissant che, in occasione della sua prima edizione del ’58, aveva vinto il prestigioso premio Renaudot in Francia. Immigrato da dodici anni in questo paese, Glissant scrive una storia polifonica ambientata in un’isola delle Antille, il luogo dove era nato e per cui si è battuto tutta la vita. Già in questa prima opera,intitolata “La Lézarde”, i temi identitari teorizzati nel “creolismo” postoloniale, raccolgono l’eco della plurale molteplicità di voci che agiscono nell’arcipelago caraibico con le sue diversità linguistiche e razziali.
L’autore le cattura inserendole in una storia che, attraverso la rivolta, alimenta la speranza di indipendenza e libertà. Dieci anni prima del Maggio parigino, la bandiera e la lotta per realizzarla è affidata ad un gruppo di giovani: Mathieu, Thaël, Valérie, Mycéa, Luc, Pablo, Gilles. Molti più anni prima della stagione terroristica, il loro primo atto di ribellione contro il regime repressivo che opprime il paese, intende colpire un uomo considerato l’incarnazione delle tare riconducibili al sistema feudale dominante.
Il momento, inquadrato negli anni immediatamente successive alla seconda Guerra mondiale, è drammatico e gli abitanti dell’isola patiscono “sous-alimentation, salaires de fame; la canne qui dévore; l'absence de débouchés, rien: aucune lumière ». In vista ci sono le elezioni che non promettono niente di buono mentre i giovani attivisti reclamano di volere “la lumière, l'ouverture, la passe (…) Aujourd'hui le peuple se réveille ».
La cornice della loro azione lucida e generosa, non è l’isola turistica che ci propongo i tour operator, ma un paese dalla natura a tratti clemente e a tratti insidiosa e perfino spaventosa. Il suo profilo misterioso è alimentato dalla Lézarde, un fiume che la attraversa discendendo tortuosamente verso il mare, portando “da una roccia all’altra il suo concerto giallo”, insinuando nel suono discontinuo della flora e della fauna, la sua “canzone caotica e selvaggia”.
Il rumore incessante di questa anima mitica dell’isola, accompagna il suo corso attraverso la storia degli uomini, incontrando detriti, distillerie di rum, villaggi, irrigando i campi dove sono coltivate le vigne, accompagnando l’eternità dei boschi di acacia, fino a riversarsi in un oceano doloroso, perdendosi nelle diramazioni di un delta roccioso.
Le descrizioni dell’autore, riprendono in prosa lo stesso talento che gli conosciamo quando indossa i suoi panni preferiti di poeta. Ecco uno scorcio che ha come protagonista il fiume: “Lorsque paraît le premier soleil, la Lézarde surprise en son détour semble là s'assoupir, guetter l'astre, jouer à la dame, prudente ; puis soudain elle bondit, c'est comme un peuple qui se lève, elle débouche d'angle en angle, et elle rattrape bientôt les écumes qu'elle a laissées sur ses rives, avaricieuse, occupée de toutes ses richesses, comme un usinier qui guette au fond de ses chaudières, elle ne laisse ni la lie jaune ni l'éclair bleu, et la voilà dans le grand matin, joyeuse et libertine, elle se déshabille et se réchauffe, c'est une fille nue et qui ne se soucie pas des passants sur la rive, elle baigne dans sa promptitude (éternelle, et l'eau passe sur l'eau), et bientôt, comme femme mûrie dans le plaisir et la satiété, la Lézarde, croupe élargie, ventre de feu sur les froides profondeurs de son lit, comblée, s'attarde et se repaît dans le cri de midi.”
Nello sviluppare la trama intorno alla piccola centro urbano di Lambrianne (nome di fantasia che ricorda foneticamente Lamentin, la città dove ha vissuto la sua giovinezza l’autore), Glissant sembra utilizzare il ritmo fluviale per scandire il gioco psicologico delle passioni e dei conflitti che animano i suoi personaggi, coraggiosi e tormentati, impazienti e determinati. L’universo letterario della sua formidabile scrittura è comunque lontano da quel modo Calibano, profumando la parola antillese, con la vitalità critica e la profondità dell’indagine introspettiva che riconosciamo nell’esistenzialismo europeo. Claudio Magris, che scrive l’introduzione al libro pubblicato ora da Jaca books, ne ha riconosciuto subito la portata, osannando Glissant come uno dei principali scrittori del secondo novecento ed uno padri della letteratura caraibica, insieme a Césaire, Damas e Alexis.
Non è difficile condividere.
L’autore le cattura inserendole in una storia che, attraverso la rivolta, alimenta la speranza di indipendenza e libertà. Dieci anni prima del Maggio parigino, la bandiera e la lotta per realizzarla è affidata ad un gruppo di giovani: Mathieu, Thaël, Valérie, Mycéa, Luc, Pablo, Gilles. Molti più anni prima della stagione terroristica, il loro primo atto di ribellione contro il regime repressivo che opprime il paese, intende colpire un uomo considerato l’incarnazione delle tare riconducibili al sistema feudale dominante.
Il momento, inquadrato negli anni immediatamente successive alla seconda Guerra mondiale, è drammatico e gli abitanti dell’isola patiscono “sous-alimentation, salaires de fame; la canne qui dévore; l'absence de débouchés, rien: aucune lumière ». In vista ci sono le elezioni che non promettono niente di buono mentre i giovani attivisti reclamano di volere “la lumière, l'ouverture, la passe (…) Aujourd'hui le peuple se réveille ».
La cornice della loro azione lucida e generosa, non è l’isola turistica che ci propongo i tour operator, ma un paese dalla natura a tratti clemente e a tratti insidiosa e perfino spaventosa. Il suo profilo misterioso è alimentato dalla Lézarde, un fiume che la attraversa discendendo tortuosamente verso il mare, portando “da una roccia all’altra il suo concerto giallo”, insinuando nel suono discontinuo della flora e della fauna, la sua “canzone caotica e selvaggia”.
Il rumore incessante di questa anima mitica dell’isola, accompagna il suo corso attraverso la storia degli uomini, incontrando detriti, distillerie di rum, villaggi, irrigando i campi dove sono coltivate le vigne, accompagnando l’eternità dei boschi di acacia, fino a riversarsi in un oceano doloroso, perdendosi nelle diramazioni di un delta roccioso.
Le descrizioni dell’autore, riprendono in prosa lo stesso talento che gli conosciamo quando indossa i suoi panni preferiti di poeta. Ecco uno scorcio che ha come protagonista il fiume: “Lorsque paraît le premier soleil, la Lézarde surprise en son détour semble là s'assoupir, guetter l'astre, jouer à la dame, prudente ; puis soudain elle bondit, c'est comme un peuple qui se lève, elle débouche d'angle en angle, et elle rattrape bientôt les écumes qu'elle a laissées sur ses rives, avaricieuse, occupée de toutes ses richesses, comme un usinier qui guette au fond de ses chaudières, elle ne laisse ni la lie jaune ni l'éclair bleu, et la voilà dans le grand matin, joyeuse et libertine, elle se déshabille et se réchauffe, c'est une fille nue et qui ne se soucie pas des passants sur la rive, elle baigne dans sa promptitude (éternelle, et l'eau passe sur l'eau), et bientôt, comme femme mûrie dans le plaisir et la satiété, la Lézarde, croupe élargie, ventre de feu sur les froides profondeurs de son lit, comblée, s'attarde et se repaît dans le cri de midi.”
Nello sviluppare la trama intorno alla piccola centro urbano di Lambrianne (nome di fantasia che ricorda foneticamente Lamentin, la città dove ha vissuto la sua giovinezza l’autore), Glissant sembra utilizzare il ritmo fluviale per scandire il gioco psicologico delle passioni e dei conflitti che animano i suoi personaggi, coraggiosi e tormentati, impazienti e determinati. L’universo letterario della sua formidabile scrittura è comunque lontano da quel modo Calibano, profumando la parola antillese, con la vitalità critica e la profondità dell’indagine introspettiva che riconosciamo nell’esistenzialismo europeo. Claudio Magris, che scrive l’introduzione al libro pubblicato ora da Jaca books, ne ha riconosciuto subito la portata, osannando Glissant come uno dei principali scrittori del secondo novecento ed uno padri della letteratura caraibica, insieme a Césaire, Damas e Alexis.
Non è difficile condividere.
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