Il Presidente del FIL (Felicità Interna Lorda)


In un sistema in cui l’accumulo dei beni materiali ispira il potere e i suoi amministratori politici, esiste un personaggio capace di esprimere praticamente una linea di condotta esistenziale in armonica continuità con le idee da lui stesso sostenute? La risposta è sì e il modello va ricercato in un piccolo paese che in tempi di vacche grasse veniva chiamato la Svizzera del Sudamerica: l’Uruguay. Qui il Presidente Josè Pepe Mujica ci insegna questa coerenza con fatti concreti che gli consentono, dice lui, di “sfuggire alle trappole della ricchezza”. Gli esempi pratici di questa fuga virtuosa sono ad esempio quello di trattenere poco meno di 500 dollari del suo stipendio mensile, equiparandolo a quello di un normale impiegato, per devolvere i restanti 7500 e tutta la sua pensione da senatore in beneficienza al Fondo Raúl Sendic che si occupa di aiutare la costruzione di case con acqua e luce nei luoghi più poveri del paese… se mai arrotondando con la vendita dei prodotti della sua piccola tenuta in un mercatino popolare la domenica.
Questo ex Tupamaros che per la sua fede comunista ha trascorso 14 anni della sua vita nel terribile carcere di Punta Carretas, ha deciso di non usufruire di alcun privilegio presidenziale, continuando a vivere in maniera spartana con la moglie ed il cane a tre zampe in una vecchia e fatiscente fattoria dove ancora l’acqua proviene da un pozzo. Mujica non ha smesso di circolare con il vecchio maggiolino azzurro del 1987 che è l’unica cosa di sua proprietà, arrendendosi ad un’utilitaria statale (un’auto elettrica di fabbricazione cinese, la FAW Brio Doble Cabina, battezzata Pepemovìl) che ha utilizzato nella cerimonia del suo insediamento ed ora solo per gli incontri ufficiali.





D’altronde nonostante il maggiolino, il presidente risulta essere nullatenente di fronte fisco uruguayano e a non avere neppure un conto bancario. L’unico privilegio che utilizza è quello di essere titolare della residenza presidenziale nel Palacio Suarez y Reyes e per questo di poterla destinare ad abitazione per un certo numero di persone senza tetto!
Naturalmente se noi leggiamo queste informazioni con il criterio di lettura allineato al nostro sistema di vita, le potremo ricondurre all’ambito un po’ bonario e curioso del pittoresco o a quello polveroso e fuori dalla realtà dell’idealismo. Per aggiungere una terza ipotesi a queste due opzioni analizzando da un’altra prospettiva questi fatti, è necessario esaminare quello che lo stesso Mujica ha raccontato ai microfoni della BBC: “Mi chiamano il presidente più povero, ma io non mi sento povero. I poveri sono coloro che lavorano solo per cercare di mantenere uno stile di vita costoso, e vogliono sempre di più.
E’ una questione di libertà. Se non si dispone di molti beni allora non c’è bisogno di lavorare per tutta la vita come uno schiavo per sostenerli, e si ha più tempo per se stessi”. Parole che vanno, forse involontariamente, nella direzione della decrescita felice teorizzata da Serge Latouche, ma che soprattutto sono convinzioni proposte al paese dopo essere praticate in prima persona.

Raul Sendic, artefice del Movimento dei Tupamaros in Uruguay

Esaminando il caso nazionale, e al netto di tutti i distinguo del caso, ricordo che al nostro “amato” Presidente, di cui la stampa ed i media elogiano la sobrietà, l’intraprendenza, la saggezza, la capacità di stare al fianco dei propri concittadini molto meglio dei politici eletti a rappresentarli, non è stato sufficiente un appannaggio annuo di quasi 240.000 Euro ma, in questo periodo di grave disagio economico, ha dovuto ritoccarlo di quasi 9000 Euro!
Certo, l’Italia ha un peso internazionale diverso, una posizione di privilegio che, seppur con le difficoltà di ogni tipo, il paese cerca di mantenere anche attraverso le immagini simboliche delle nostre cariche istituzionali. Così in armonia con questo stile, sarebbe scandaloso prendere la parola e fare un discorso rivoluzionario di fronte alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile.
Per questo non basta la sobrietà, la saggezza, l’equilibrio ma bisogna essere grandi uomini che sanno denunciare l’assurdità dei modelli culturali ed economici del capitalismo contemporaneo. Grandi uomini come Mujica che non ha neanche bisogno di scriverseli i discorsi, pronunciandoli a braccio senza tentennamenti e con un eloquente florilegio di citazioni. Nel giugno del 2012 di fronte alla platea mondiale riunita dall’ONU a Rio de Janeiro, il presidente uruguayano concludeva così il suo appassionato intervento: “ … Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper-consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!”.
La riflessione non è semplicemente filosofica, anche se sembra insistere sulla traccia di un pensiero del Dalai Lama quando dice che “a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità. Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità”. Per il Presidente è chiaro che : "questi sono problemi di carattere politico che ci stanno indicando che é ora di cominciare a lottare per un'altra cultura. Non si tratta di immaginarci il ritorno all'epoca dell'uomo delle caverne, né di avere un monumento all'arretratezza.
Peró non possiamo continuare, indefinitamente, governati dal mercato, dobbiamo cominciare a governare il mercato." Come era prevedibile i media in carico ai grandi della Terra hanno saputo mettere in evidenza i contenuti di questo intervento con un impenetrabile silenzio. Mi piacerebbe ascoltare un politico italiano che in merito a Mujica riprendesse il motto intorno al quale si riconoscevano gli ideali dei Tupamaros: “il mondo ci divide; l'azione ci unisce”.





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