Zizek il terribile: filosofo, marxista, lacaniano e global
Estroso e radicale, globale e provocatorio, disinvolto e intelligente, il filosofo marxista Slavoj Zidek che sostiene la visione della psicologia lacaniana è diventato in questi anni una pop star internazionale che sforna pubblicazioni e scrive instancabilmente articoli su diverse testate. Propongo una selezione di sedici idee a caso, per avvicinare alla sua conoscenza chi ancora non ha avuto il modo di farlo. Per approfondire le teorie dello sloveno non manca una vasta scelta di volumi pubblicati in italiano: alcune copertine dei titoli più significativi, si possono vedere nel post.
1
Oggi sul mercato troviamo tutta una serie di prodotti che sono stati privati delle loro proprietà dannose: caffè senza caffeina, panna senza grassi, birra senza alcool... E l’elenco continua. Che dire del sesso virtuale come sesso senza sesso, della dottrina di Colin Powell della guerra senza vittime (dalla nostra parte, naturalmente) come guerra senza guerra, della ridefinizione contemporanea della politica in quanto arte del governo tecnico come politica senza politica, fino al credo decaffeinato - un credo che non ferisce nessuno e non impegna pienamente nemmeno noi stessi?
2
Ecco due temi che determinano l’atteggiamento tollerante e liberale di oggi nei confronti degli Altri: il rispetto dell’alterità, l’apertura verso di essa, e la paura ossessiva della molestia. In breve, l’Altro va bene nella misura in cui la sua presenza non è intrusiva, nella misura in cui l’Altro non è veramente Altro. Ciò che sta emergendo sempre di più come il diritto umano fondamentale nella società tardocapitalistica è il diritto di non essere molestati, cioè di poter restare a distanza di sicurezza dagli altri. Una struttura simile è chiaramente presente nel modo in cui ci relazioniamo con l’arricchimento capitalistico: va bene purché sia controbilanciato da attività caritatevoli. Prima si accumulano miliardi, poi li si restituisce (parzialmente) ai bisognosi. E lo stesso è per la guerra, per la logica emergente del militarismo umanitario o pacifista: la guerra va bene in quanto serve veramente a portare pace, democrazia, o a creare le condizioni per distribuire gli aiuti umanitari.
3
Il godimento è l'eccessivo piacere dato dalla rinuncia, o dallo stesso sacrificio. Cos'ha a che fare tutto questo con la nostra società liberal-permissiva che incita costantemente a godere il più possibile? Dovrebbe farci riflettere sui pericoli del moderno edonismo, che rischia di trasformarsi nel più rigoroso ascetismo. Oggi viene richiesto di godere, ma per poter davvero godere bisogna fare jogging, sottomettersi a una dura dieta, non bere, non fumare o abbandonarsi a eccessi sessuali. L'edonismo vorrebbe confinarci nella società più regolamentata che la storia umana abbia mai conosciuto.
4
Piacere e dovere sono collegati in modi diversi: il regime totalitario, ad esempio, non ti chiede di fare solo il tuo dovere, ma anche di godere mentre lo compi. Il regime autoritario, invece, non si interessa a cosa pensi, ti ordina semplicemente di fare il tuo dovere. Il sistema totalitario è dunque più esigente.
5
Il mio problema con la tolleranza attiene a quel che lascia fuori. Il topico della tolleranza multiculturalista esclude una serie di domande che non vengono più poste. Il multiculturalismo cambia impercettibilmente le questioni, le depoliticizza, trasforma le lotte politiche in problemi di tolleranza culturale. Come dire: siamo razzisti perché non riusciamo a tollerare la diversità degli altri e li odiamo perché non sappiamo confrontarci con la diversità che è dentro di noi.La soluzione multiculturale è intraprendere un "self discovery voyage": questa è depoliticizzazione. Oggi tolleranza equivale al diritto di narrazione. E' una sorta di darwinismo sociale, ogni minoranza - gay, lesbiche,…- ha il diritto di raccontare la propria storia, ma la questione della verità resta sospesa. Se reclami il diritto di dire la verità sei accusato di logocentrismo. Mi oppongo a certa etica tollerante e liberale, basata sulla depoliticizzazione. Deploro che il multiculturalismo non riesca ad essere più radicale. Quando capisco se ho buone relazioni cn un membro di un altro gruppo etnico? Quando si rompono le barriere? Certo non quando tratto l'altro con rispetto, ma quando iniziamo a raccontarci storielle sporche. La versione standard della tolleranza multiculturalista è segretamente razzista.
5
Il mio problema con la tolleranza attiene a quel che lascia fuori. Il topico della tolleranza multiculturalista esclude una serie di domande che non vengono più poste. Il multiculturalismo cambia impercettibilmente le questioni, le depoliticizza, trasforma le lotte politiche in problemi di tolleranza culturale. Come dire: siamo razzisti perché non riusciamo a tollerare la diversità degli altri e li odiamo perché non sappiamo confrontarci con la diversità che è dentro di noi.La soluzione multiculturale è intraprendere un "self discovery voyage": questa è depoliticizzazione. Oggi tolleranza equivale al diritto di narrazione. E' una sorta di darwinismo sociale, ogni minoranza - gay, lesbiche,…- ha il diritto di raccontare la propria storia, ma la questione della verità resta sospesa. Se reclami il diritto di dire la verità sei accusato di logocentrismo. Mi oppongo a certa etica tollerante e liberale, basata sulla depoliticizzazione. Deploro che il multiculturalismo non riesca ad essere più radicale. Quando capisco se ho buone relazioni cn un membro di un altro gruppo etnico? Quando si rompono le barriere? Certo non quando tratto l'altro con rispetto, ma quando iniziamo a raccontarci storielle sporche. La versione standard della tolleranza multiculturalista è segretamente razzista.
L'eclisse dell'autorità paterna è ancora legata a certa logica superegoica. Nel mondo capitalista il crollo dell'autorità paterna produce personalità narcisiste. Ma sarebbe perverso augurarsi che l'autorità paterna possa essere nuovamente restaurata. Non mi stupisce che i teorici del cyberspazio amino tanto Leibniz, per questo filosofo siamo monadi, ognuno chiuso nel suo universo senza finestre, ma nondimeno ogni monade riflette l'intero universo. Siamo soli, seduti davanti al nostro computer, ma nondimeno siamo parte del w.w.w. il world wide web. Definirei tutto ciò "solipsismo collettivo". Questo spiega certi strani fenomeni come quei siti dove la gente, con una videocamera posta nell'interno della tazza del cesso, mostra addirittura (negli Usa l'accesso è gratuito) il loro modo di defecare. Non si tratta più del vecchio esibizionismo dell'impermeabile aperto a mostrare i genitali. E' la categoria emergente della "shared privacy", la privacy condivisa, che non è pubblica ma neanche privata.
7
In questa tarda fase del capitalismo, qualcosa è davvero cambiato. Non abbiamo ancora una buona teoria per definire questi cambiamenti. Forse dovremmo addirittura rivedere la tesi n. 11 di Marx, abbiamo cercato di cambiare troppo il mondo. Ora sarebbe opportuno dedicare tutte le nostre forze a tentare di interpretarlo.
8
Fino a una manciata di anni fa veniva affermato che il capitalismo era sinonimo di democrazia nella sua forma liberale, fondata sulla tolleranza, il multiculturalismo e il politically correct. Ora, invece, assistiamo a forze o leaders politici che invocano la mobilitazione del popolo per combattere i nemici dello stile di vita moderno
9
Walter Benjamin ha scritto che il fascismo emerge laddove una rivoluzione è stata sconfitta. Un concetto che applicato alla realtà contemporanea spiega il fatto che il populismo emerge quando l'ipotesi comunista, che non coincide con il socialismo reale, è stata cancellata dalla discussione pubblica.
10
Credo che ci siano forti punti di contatto tra l'ideologia liberale e il populismo: entrambi sono pensieri politici che ritengono lo stile di vita capitalistico occidentale come l'unico mondo possibile. I liberali, in nome della superiorità della democrazia, i populisti in nome dell'unico stile di vita che il popolo si dà. Ci sono anche differenze. I liberali sono per imporre, anche con le armi, la democrazia e la tolleranza a chi democratico e tollerante non è; i populisti vogliono invece annichilire con forme soft di pulizia etnica le diversità culturali, sociali, di stile di vita.
11
Silvio Berlusconi, spesso giudicato come un guitto o un personaggio da operetta, è invece un leader politico da studiare con attenzione, perché cerca di coniugare democrazia liberale e populismo. Silvio Berlusconi sta accelerando una tendenza presente in tutto i sistemi politici democratici. Il suo operato punta infatti a modificare l'equilibrio dei poteri - legislativo, esecutivo, giudiziario - a vantaggio dell'esecutivo, in maniera tale che sia l'esecutivo sussuma sia il potere legislativo che quello giudiziario, ma senza cancellare i diritti civili e politici. Le elezioni sono considerate solo un sondaggio sull'operato dell'esecutivo. Se Berlusconi le perde, invoca allora la sovranità popolare da lui rappresentata. La forma politica che propone è sì una miscela tra democrazia e populismo, sebbene la sua idea di democrazia sia una democrazia postcostituzionale che fa dell'invenzione del popolo il suo tratto distintivo. Tutto ciò rende l'Italia, più che un paese anomalo, un inquietante laboratorio politico dove viene sviluppata una democrazia postcostituzionale. Da questo punto di vista, in Italia si sta costruendo il futuro dei sistemi politici occidentali...
12
Usciamo però fuori dai sacri testi e guardiamo al capitalismo reale. Esiste certo uno strato di forza-lavoro cognitiva, ma anche . chi continua a lavorare in fabbrica e chi, come i migranti, sono ridotti in una condizione di sottomissione servile nel processo lavorativo. Per non gettare nella discarica della storia questi «esclusi» o «marginali», serve cioè una forte immaginazione politica per ricomporre e unire i diversi strati della forza-lavoro. La teologia è sempre affascinante, ma quando dico che l'idea comunista è eterna mi riferisco al fatto che è una costante della storia umana la tensione a superare le condizioni di illibertà e sfruttamento. Per questo, il comunismo torna sempre, anche quando tutto faceva prevedere che fosse rimasto definitivamente sepolto sotto le macerie del socialismo reale.
13
Ma per me riforma significa cambiamenti all’interno dell’ordine esistente: si può dire che adesso abbiamo troppo individualismo, quindi necessitiamo di maggiore responsabilità sociale. Però ciò sta all’interno del campo; al contrario, la rivoluzione è laddove a cambiare sono le regole su cui si fonda la società. Questo è il motivo per cui il capitalismo è stato una rivoluzione radicale, perché l’intera nozione di stabilità si è modificata con il capitalismo o perfino con la democrazia capitalistica: solo con il capitalismo un certa dinamica è diventata parte della stabilità. Se le cose non cambiano, precipitano. Il capitalismo ha trasformato l’intera logica dello spazio sociale. Quando si parla di stabilità, oggi, si intende la stabilità dello sviluppo dinamico. È una logica di stabilità totalmente differente da quella dei tempi premoderni.
14
Il possibile e l'impossibile, oggi, sono distribuiti in modo strano. Nei domini delle libertà individuali e della tecnologia scientifica l'impossibile sta diventando sempre più possibile (o così dicono). Ma nei domini delle relazioni sociali ed economiche siamo costantemente bombardati da "Non si può..." Non si può impegnarsi in gesti politici collettivi (perché portano allo spettro del totalitarismo), o difendere il vecchio Stato sociale (perché ci rende non competitivi e porta alla crisi economica). Oppure ci dicono semplicemente che "bisogna fare così". Forse è venuto il momento di capovolgere le coordinate di quello che è possibile e impossibile.
15
L'attuale politica statunitense - aggiunge il filosofo -, nella sua struttura intrinseca, è una specie di equivalente politico della pedofilia cattolica. Il problema di questo nuovo vigore morale non è che la moralità viene sfruttata e manipolata, ma che viene chiamata in causa direttamente; il problema dell'appello alla democrazia non è che semplice ipocrisia e manipolazione esterna, ma chiama in causa direttamente, facendovi riferimento, aspirazioni democratiche "sincere".
16
La fondamentale lezione della globalizzazione è che il capitalismo può adattarsi a tutte le civiltà, da quella cristiana a quella induista o buddista, da Ovest a Est: non esiste una "visione capitalistica del mondo", una "civiltà capitalistica" in senso stretto. La dimensione globale del capitalismo rappresenta la verità senza il significato.
Commenti
Posta un commento