BARUCHELLO E L'INGEGNERE DELLA PAROLA

In un passaggio di uno scritto in cui Baruchello ricapitola gli eventi che si sono succeduti costituendo la sua personalissima traiettoria artistica si legge: "alla fine degli anni ‘50 gli elementi dai quali partire per met­tere insieme le prime immagini di un linguaggio personale furono - per me - di natura tecnica e scientifica. Tecnici i mate­riali, scientifiche le letture. Vedere migrare su carte cromato­grafiche macchie colorate di sostanze radioattive, sentirne i colpi nel contatore Geiger e contemporaneamente leggere Darwin e Oparin sulle origini della vita, stimolava la mia immaginazione in una direzione precisa". In quegli inizi niente gli avrebbe potuto far supporre che nel 1975 una rivista di poesia ideata dal geniale Adriano Spatola e intitolata proprio Gaiger avrebbe dedicato a lui un numero speciale. In quel n°28 tirato in 250 copie,  Baruchello nomina il testo pubblicato Come ho dipinto certi miei quadri. 

 La scelta riguarda la parafrasi del titolo di un autore patafisico di assoluto insuccesso presso i lettori ma adorato oltre che da Baruchello anche da Jean Cocteau, Andrè Breton e i surrealisti: Raymond Roussel. Quel libro era Comment j'ai écrit certaines de mes livres, la cui prima edizione di pregio su carta giapponese, a tiratura limitata, risale al 1935 presso l'editore Alphonse Lemerre di Parigi, quando l'autore era mancato da due anni... trovato senza vita nella camera 224 del Grand Hotel des Palmes di Palermo e così misteriosamente da suggerire a Leonardo Sciascia l'approfondimento raccolto in una cinquantina di pagine pubblicate nel 1971 con il titolo Atti relativi alla morte di Raymond Roussel.


La descrizione che Baruchello propone ai lettori è innervata da un pensiero critico riguardante la mitologia borghese del "vedere", secondo una articolazione che ha previsto di  un meccanismo  ironico e autoironico di ingegnosa, paradossale naturalezza. E in questo procedere, si percepisce come proprio Raymond Roussel sia stato uno dei principali punti di partenza da cui Baruchello ha edificato la sua poetica. Sembra emblematico un passaggio che Michael Foucault scrive nel suo saggio dedicato a Roussel, che potrebbe benissimo valere come descrizione delle attitudini e dell'estetica di Baruchello: si potrebbe benissimo scambiare il nome di Roussel con quello di Baruchello e l'analisi non farebbe una piega diventando la testimonianza del "doppio" così importante per questi due personaggi.


“Questo Raymond Roussel ossessionato dalla medicina, questo ossessionato dal linguaggio, dall'identità e dal doppio, ha costruito un prodigioso labirinto di ghiaccio dove le cose vengono catturate, riflesse, schivate, divise, nascoste e mostrate dalle parole che sono il loro specchio. E in questo gioco semplicissimo ma dotato di uno straordinario potere vertiginoso, la meticolosa percezione della realtà e il viaggio astrale della fantasia sono entrambi inseparabilmente prigionieri. Attraverso il gioco dell'identico e della ripetizione, dello stesso e del doppio, il linguaggio è capace di tutto questo allo stesso tempo. Dal semplice guscio della parola può scaturire un'esplosione che in un solo lampo ci regala il colore reale e modesto delle cose e la grande luce del sogno". 

Raymond Roussel

Sepolto al Pere Lachaise, Roussel è stato un calembourista e un testardo cesellatore di parole e frasi, nella condizione di permettersi un atteggiamento dandistico nei confronti della vita anche grazie alla sua enorme ricchezza che gli consentiva di vivere negli hotel più lussuosi circondandosi di opere d’arte straordinarie. Personalità complessa ed eccentrica, segretamente omosessuale e consumatore di sostanze psicotrope, nevrastenico e agorafobo, oltre ad essere un vero e proprio ingegnere della parola che di versare "sangue su ogni frase", indirizzava le sue attività in diversi campi, competente scacchista, inventore,  matematico, medaglia d’oro di tiro a segno, criptico autore teatrale, viaggiatore instancabile verso paesi esotici. I suoi labirinti verbali con situazioni intricate, personaggi ridicoli e grotteschi, macchine strane di disordine delirante, non sono frutto di un cervello malato ma di costruzioni meticolose realizzate con la logica imperiosa di un’equazione matematica o disegnate nella forma di rebus che chiedono di essere decifrati dal lettore. 

                  


Proprio questa attitudine verso situazioni in cui la parola acquisisce un potere di visione, è la lente attreverso cui  scoprire le analogie tra la scrittura di Roussel e quella che costella le opere d'arte di Baruchello anche quando queste parole si uniscono nella composizione di un libro. L'artista sente un legame fortissimo tra la parola e la sua forma d'espressione dove il caos ha una precisione chirurgica, con mappe mentali composte da geroglifici e disegni miniaturizzati che si alternano a frasi sospese nel vuoto di spazi bianchi. Rispetto all'inserimento della parola in questi suoi caleidoscopi frammentati che propongono un decentramento concettuale dello spazio, durante un'intervista dichiara: "forse la parola è la cosa più pratica per rappresentare il proprio cervello, non invecchia; ho usato la parola nella pittura, nel disegno, nella poesia, e anche per fare dei lavori particolari, basati sulla parola, come nei progetti che sono diventati libri: Avventure nell’armadio di plexiglass oppure La quindicesima riga, tutti lavori nei quali la parola era importante…".


Nel suo libro La quindicesima riga (1968) Baruchello realizza una singolare opera-collage che Nanny Cagnone presenta così in una nota introduttiva: "Avere una biblioteca personale. Entrarci. Togliere dagli scaffali 400 libri in lingua italiana. Prelevare a caso da ognuno 15 quindicesime righe in 15 pagine diverse. Impadronirsi di una macchina da scrivere. Copiare le righe con i dati relativi (titolo autore pagina). Fino ad avere 400 cartelle di 15 righe. Ritagliare le righe, mescolarle, estrarle a sorte e incollarle, 30 per cartella. Non stancarsi. Visitare un notaio e depositare le 400 cartelle di 15 righe coi riferimenti. Obliterare i riferimenti delle 6000 righe sorteggiate. Recarsi (su invito) a un congresso letterario (non stancarsi) e distribuire agli scrittori presenti 102 cartelle (= 3060 righe). Tornare dallo stesso notaio, salutarlo e depositare le residue 98 cartelle (= 2940 righe). Trovare senza indugio un editore fino al raggiungimento del presente risultato..." .









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