ASTRAZIONE MATERICA COME SEMANTICA POLITICA


Durante la lunga e solitaria permanenza in un sanatorio per via di una malattia polmonare che lo colpì sin dagli anni ’40, Tàpies coltivò insieme all'interesse per le arti visive la presa di coscienza politica e  una profonda riflessione filosofica, alimentata dalla lettura di Marx, Nietzsche, Proust e Sartre. Tàpies ci racconta che nel periodo  parigino in cui tra il 1950 e il 1951 vive e lavora al numero 8 di avenue Eugénie a Saint-Cloud, nasce il suo interesse per il movimento dialettico della società, la lotta di classe, la Guerra Fredda, la lotta Ying e Yang, l'opposizione dei sessi, "che in modo semicosciente si mescolava con altre idee di dialettica e di materialismo storico che poi crebbe in me». Il suo atteggiamento nei confronti del franchismo è ribelle, oppositivo, e viene ascritto a un "sinistrismo" che si concretizza in un approccio al "frutto proibito", al "comunismo": "Anche se non sembrava, questo era conseguenza degli stessi slogan di estrema destra, con le famose dicotomie “Franco o comunismo”, ecc. E opposizione e comunismo ci sembravano equivalenti". Il filosofo Ludwig Wittgenstein diceva che l’estetica è etica, e Tàpies aveva ben chiaro che la sua produzione artistica poteva essere anche un’arma di combattimento politico, dichiarando che ''l'arte ha funzione sociale, trasforma comportamento e coscienza'', riconoscendo nella natura dell’attività artistica un atto di ribellione tanto profondo da diventare politico.  

Novembre 1950 [bis], Copertina di Dau al Set, Nov.1950,  con autoritratto di Antoni Tàpies, testo "Oracolo su Antoni Tàpies" del poeta Joan Brossa

Dal punto di vista artistico, superate le influenze avanguardistiche, condivise esteticamente con il gruppo Dau al Set, dei primi lavori figurativi ossessionati per la dimensione fisica dell’autoritratto in una dimensione onirica, nel 1950 emerge soprattutto una forte attenzione per la materia. La si riconosce nelle opere esposte in occasione della prima personale alla Galleria Laietanes di Barcellona, ancor prima che questo interesse esploda tra il 1953 e il 1954, coincidendo con esperienze coeve come quelle dei Sacchi di Burri, degli Otages di Fautrier o delle Hautes pâtes di Dubuffet. 



L'austerità spartana della pittura materica di Tàpies che inserisce al suo interno materiali  poveri quali cartoni, fogli, fagotti, abiti usati, giornali, si dipana dopo la sua mostra alla Jackson Gallery di New York nel 1953, per concretizzarsi pienamente dopo il Carnegie Prize di Pittsburgh nel 1958. Fino a questo anno le opere di Tàpies furono usate dalla diplomazia culturale franchista, dopodichè l'artista prese le distanze rompendo definitivamente con il regime e rifiutando le opportunità che inizialmente continuavano ad essergli proposte: nel 1962 rifiutò il permesso di esporre i suoi quadri alla Tate Gallery nella mostra Modern Spanish Painting organizzata dal Governo spagnolo e quando un collezionista offrì di prestare quattro opere in suo possesso, Tàpies denunciò la Tate vincendo la causa.



L'orientamento materico dell'artista catalano diventerà il medium con cui realizzare il desiderio di militanza, in una situazione terribile e in cui l'attività politica è vietata: la purezza formale dei suoi soggetti astratti convertono in materia elementi come il silenzio, la morte, la tortura e la libertà d’espressione, collegando l’intimo con il politico, il materiale con lo spirituale, le radici individuali con un mondo alla ricerca della solidarietà internazionale. La sua opera polisemica viene costellata da frammenti, tracce, impronte e gesti che emergono sulla tela come i graffiti sulle pareti delle strade. Tàpies durante le conversazioni con Manuel Borja-Villel riunite nel volume Il tatuaggio e il corpo, spiega: "Questo gusto per materiali specifici, diversi da quelli comuni, era anche il risultato della mia opposizione all'arte ufficiale di quel tempo, alle opere provenienti dalle accademie, o al Post-Impressionismo, che era popolare in la mia città allora. Ovviamente trovavo ripugnante quel tipo di arte e l'ho espresso con l'uso di materiali irregolari". Quei segni  ambigui che sembrano distaccati dalla realtà secondo Argan non costituiscono un sistema simbolico bensì "una semantica dell'angoscia" che testimonia memorie ed evocazioni attivando nuovi significati che coinvolgono lo spettatore, spronandolo a combinare l'esperienza estetica con la sensibilità politica. Lo stesso Tàpies nel 1969 riflette sulle sue opere scrivendo che "non sono mai state un fine a sé: bisogna considerarle dei trampolini, un mezzo per raggiungere degli oggetti più lontani". 

Antoni Tàpies, Revista Dau al Set, 1956

I suoi impasti pesanti costituiti prevalentemente da polvere di marmo, collante e pigmenti, vengono battezzati dai critici come "la poetica del muro", dove la materia  sembra testimoniare clausura e separazione, disordine e rovina, lacerazione e meditazione. Le composizioni visionarie che sono depositate sulla tela costituiscono il processo materico attraverso cui esprimere il peso dell'esperienza di una realtà dolorosa, rivelando qualcosa di nascosto, ma allo stesso tempo lasciando quella sensazione di cancellazione e azzeramento. Renato Barilli ne parla scrivendo che le opere di Tàpies sembrano metterlo di fronte ad “un’intercapedine, una distanza, uno sbarramento che si erigeranno sempre, tra noi e il segreto da svelare”. Dal canto suo Giulio Carlo Argan è uno dei primi a sottolineare come su questa pittura ermetica agisca l’influenza della condizione oppressiva vissuta durante la situazione politica spagnola. Insomma, attraverso i suoi muri Tàpies (tapies è una delle parole che in catalano significa proprio muri) manifesta una voglia di riduzione, regresso, assenza di vita. Nel conferire alle opere connotati esistenziali che trasudano tragicità, Tàpies denuncia la sofferenza di un popolo a cui viene negata la libertà. 

 

L'assemblea alla Caputxinada de Sarrià

Ma la sua partecipazione antifranchista non è stata solamente quella che poteva desumersi simbolicamente dalle sue opere, ma anche quella della partecipazione attiva. Già nel 1963 l'artista firmò insieme ad altri intellettuali spagnoli, un documento di protesta contro gli abusi inflitti dalla polizia sui lavoratori e sulle donne coinvolti scioperi dei minatori delle Asturie La lettera era indirizzata direttamente a Manuel Fraga, che all’epoca era di Spagna Ministro dell'Informazione e del Turismo, e ha denunciato i forzati la rasatura dei capelli delle donne asturiane, la violenza fisica contro gli uomini lavoratori, e la detenzione di vari intellettuali coinvolti nella causa. Tre anni più tardi Tàpies, insieme a oltre 450 rappresentanti di studenti, professori, intellettuali,  partecipava alla convocazione clandestina di un'assemblea conosciuta come la Caputxinada de Sarrià, dove presso l'omonimo convento dei Cappuccini veniva costituita l'Unione Democratica degli Studenti dell'Università di Barcellona: in quell'occasione venne letto il Manifesto per una Università Democratica (pubblicato per la prima volta su Realidad , n. 10, giugno 1966, rivista di formazione politico-filosofica del Partito Comunista spagnolo che essendo illegale, riusciva a pubblicare all'estero, come in questo caso dove l'Editorial Ebro stampava a Roma e tramite il PCI). Con questo atto emergeva la resistenza culturale e universitaria dell'antifranchismo e per avervi partecipato Tàpies è stato trascinato in prigione per tre giorni e multato. Sia lui che gli studenti furono multati e per aiutare questi ultimi, il pittore ed ad artisti quali Picasso, Miró o Chillida, hanno donato disegni e acqueforti alle aste organizzate per questo scopo.


Nello stesso anno Tàpies aveva risposto per iscritto ad un questionario inviatogli da Josep Carles Clemente, esprimendo in modo così esplicito le sue opinioni politiche che alla fine ha prudentemente deciso di non spedirlo: ancora oggi il questionario è un documento inedito. È proprio nel 1966 che Tàpies dipinge Blau amb quatre barres roges, un'opera che rivendica la memoria proibita rappresentata dalle quattro barre rosse che simboleggiano la bandiera catalana bandita sin dal 1939. 

Blau amb quatre barres roges

Sempre nel 1966 Tàpies realizza la copertina del numero 82 della rivista Cavall Fort. specificando il significato delle barre rosse, qui su sfondo giallo, e rivendicando la legittimità del dipinto ad “essere tutto ”,  cioè dando alla pittura il potere di dire ciò che non poteva dire, mostrare ciò che non poteva mostrare e, in definitiva, incanalare la volontà collettiva che la dittatura cercava di reprimere.


Nel 1967 Tàpies approda alla Galerie Maeght di Parigi  per la sua prima delle diverse mostre personali tenute in questa prestigiosa galleria. Le opere esposte hanno una chiara dimensione politica e manifestamente catalana. Il critico comunista Raoul-Jean Moulin recensendo la mostra su Les lettres françaiseslegge i suoi dipinti materici come “muri di miseria, facciate lebbrose,lacerate da crepe crudeli". Jacques Michel, nel suo articolo intitolato “Le réalisme d’Antoni Tàpies”, pubblicato su Le Monde il 10 novembre 1967, ribadisce la valenza politica delle opere dell'artista catalano scrivendo: "un mur tout bleu avec en haut ses barreaux sanglants. C’est le souvenir d’un séjour dans une prison barcelonaise à la suite de manifestations d’étudiants".

Galerie Maeght, affiche 1967

Dal 1968, il pittore ha prodotto e donato una notevole quantità di opere grafiche dedicate ad eventi il cui scopo era quello di sostenere la cultura catalana schiacciata dal franchismo: tra questi La Prima Festa Popolare della Canzone Catalana (1968), il Terzo Festival Internazionale di Cadaques (1972) la XXIII Fiera del Libro Usato Antico e Moderno di Barcellona (1974),ovvero la cerimonia commemorativa del cinquecentesimo anniversario della il primo libro stampato in catalano (1974), furono tra queste occasioni.





Nel 1970 Tàpies figurava tra i trecento intellettuali presenti al sit-in nell'abbazia di Montserrat dove la manifestazione culminò con i protestatari che di rinchiusero nell'edificio, chiedendo l'amnistia contro la dura sentenza della corte marziale tenutasi a Burgos rivolta ai militanti dell'ETA, otto dei quali condannati a morte. 

Mirò e Tàpies (in piedi) all'assemblea permanente nell'Abbazia di Montserrat

Inoltre, Tàpies partecipava regolarmente alle riunioni degli intellettuali, a quelle della cellula clandestina del PSUC con personaggi quali Pere Ardiaca, accoglieva a casa sua gli attivisti dell'opposizione, firmava petizioni, realizzava manifesti di protesta e approfittava dei suoi viaggi a Parigi per pubblicizzare la situazione esistente sotto il regime insieme ai gruppi di resistenza franchista. All'estero, nelle interviste che rilasciava Tàpies informava che con il suo lavoro desiderava esprimere una volontà collettiva. Tra le tante dichiarazioni, in un'intervista pubblicata sul quotidiano Le Monde dice: "cerco di integrare nella mia pittura tutto ciò che si può sentire oggi a Barcellona: sofferenza, avversità, prigione, un gesto di rivolta". Del 1970 è anche Pintura amb manilles che rappresenta una denuncia al giro di vite della repressione che ha colpito gli oppositori del regime, molti dei quali rinchiusi in prigione durante le manifestazioni popolari che protestavano contro i fatti di Burgos. Tàpies suddivide la superfice dell'opera in quadrati che alludono alle sbarre di una prigione, aggiungendo un paio di manette (manillas) applicate attraverso un foro nella tela.

Pintura amb manilles

Sempre del 1971 è  una grande tavola in legno (200 x 275,3 cm)  intitolata L'esperit català, in cui Tàpies registra, su uno sfondo giallo brillante, parole e concetti che compongono una vera e propria petizione politica rivolta attraverso l'arte.  Tra le altre, queste parole sono Llibertat, Democràcia, Visca Catalunya, Justícia, Igualtat social, Dret de rebutjar la llei, Elogi de la disobediència, Il potere non governa la legge, Sovranità popolare e governo del popolo. Sopra queste parole graffite spiccano le quattro strisce rosse, che dominano la composizione e rimandano ancora ai colori della bandiera catalana. A proposito di questo ricorso al grafitissmo Tàpies dice: «già dal 1945 le mie opere avevano qualcosa a che vedere con i graffiti della strada e con tutto il mio mondo di protesta repressa, clandestina, però piene di vita».

L'esperit català

Altre opere significative dal punto di vista della militanza politica sono '7 de novembre'  (1971) e A la memoria de Salvador Puig Antich (1974). La prima, oggi appesa sotto la rotonda ricoperta di vetrate colorate che si trova al piano nobile del Parlamento della Catalogna,  ricorda la data del 1971 in cui dopo vari tentativi riuscì a tenersi l'incontro clandestino delle forze antifranchiste nella chiesa di Sant Agustí Nou, a Barcellona, organizzato per formare l'Assemblea della Catalogna. Sarà il primo organismo unitario, ovviamente non riconosciuto dal regime, che Tàpies ricorda essere stato composto da "diverse ma omogenee ideologie nella volontà di porre fine alla lunga dittatura in cui abbiamo vissuto e di attuare un sistema politico democratico". 

                      

La seconda, come si evince dal titolo, è dedicata a Salvador Puig Antich, il giovane studente  militante nel Movimento Ibérico de Liberacion (MIL), giustiziato con l'anello di ferro della garrota al collo che gli ha spezzato la spina dorsale: siamo nel marzo del 1974 e la salma viene frettolosamente sepolta nel cimitero di Montjuic senza che sulla lapide venga indicato il suo nome ma semplicemente il numero 2737. Al crepuscolo del regime franchista l'opera di Tàpies era diventata un'icona in grado di coniugare l'interesse estetico con la motivazione politica, mostrando come fosse possibile essere moderni sotto un regime fascista che reprimeva sistematicamente ogni tentativo di esercitare la libertà predicata dalla modernità critica. Tuttavia il suo immaginario segnico risponde essenzialmente alla necessità di ricerca espressiva, mentre la sua valenza politica di denuncia sociale è come immersa cripticamente nell'astrazione di un linguaggio che non è palesemente decifrabile dallo spettatore, ma piuttosto rintracciabile solo come sottotesto. Questa scelta di posizionarsi agli antipodi delle espressioni artistiche affiliate al realismo socialista che considerava "caricatura del arte", emerge da una dichiarazione emblematica dell'artista: "quando l'arte è messa al servizio della politica smette di essere arte". 

A la memoria de Salvador Puig Antich

Nel 1974 alla Galerie Maeght di Parigi Tàpies porta la sua testimonianza umana esponendo una serie di 36 monotipi intitolata Assassins in cui la loro semantica plurale è diretta implicitamente contro i falangisti, denunciando pubblicamente tutte le morti causati dagli abusi di potere del franchismo. 




Dopo la morte del Caudillo avvenuta nel 1975, Tàpies  fece pubblicare la sua autobiografia che aveva iniziato a scrivere già nel 1966: intitolata Memoria personal, sarà pubblicata solo nel 1977. In essa il pittore sentiva l'urgente bisogno di esprimere finalmente la sua posizione politica.  In un passaggio scrive: "Ho capito che, nel profondo, quella condizione di uccello solitario, di ribelle indipendente, che a volte dobbiamo dolorosamente assumere come artisti, può essere anche all'origine delle stesse non conformità e speranze che proprio ispirano tante idee che poi diventino militanza". 


L'anno precedente a questa pubblicazione, in un periodo di tumultuosa transizione democratica, la Spagna non cessava di essere interessata da eventi tragici come quando la fuga di 29 prigionieri politici dal carcere di Segovia si concluse con la morte del giovane anarchico Oriol Solé Sugranyes, ucciso a colpi d'arma da fuoco dalla Guardia Civil e sepolto in un tumulo. Anche in questa occasione Tàpies si sentì di dipingere la grande tela intitolata Composició amb numers (Composizione con numeri), in cui si trovano le tracce di riferimenti collegati a questa vicenda, tanto che la madre di Sugranyes si è espressa dicendo "questo dipinto parla di mio figlio". Su un fondo monocromo d'ocra Tàpies disegna poche linee con il carboncino che stilizzano una bara trapezoidale tumulata. L'opera è completata da una serie di numeri corrispondente quello dei prigionieri in fuga: numeri che vanno dall'1 al 29, dove uno di questi è macchiato di rosso sangue. 


Composizione con numeri (1976)

Tàpies è un'esempio paradigmatico di come sia imprescindibile la profonda relazione tra biografia e opera, dove la biografia spiega l'opera in quanto si è convertita in essa. E la sua biografia è così immersa nella libertà anarchica della creazione che i segreti di quest'ultima si fanno essi stessi biografia rivelandone la  più radicale verità. Forse è proprio per questo "contenuto di verità" (Adorno) che Antoni Tàpies riesce a infondere alla materia inanimata delle sue composizioni astratte e ai segni graffiti che feriscono le loro morbide superfici, l’irradiazione di un'aura metafisicamente trascendente, congiunta ad una potente capacità di evocazione sensoriale e spirituale. E la tremenda energia dei suoi enigmatici esiti plastici che, come sostiene Adorno nella Teoria estetica 1 ci lasciano comprendere esclusivamente la loro incomprensibilità, ha rarissimi eguali tra i colleghi a lui contemporanei.


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