I microgrammi di Walser nascondono una musica


Robert Walser


La letteratura elvetica del ventesimo secolo offre delizie impareggiabili al lettore curioso, sia per gli autori di lingua italiana (Giorgio Orelli) che quelli di lingua francese (Phiipe Jaccottet) o tedesca. In quest'ultimo idioma si esprimeva la penna minimalista e visionaria dell'evanescente Robert Walser, protagonista di una accurata mostra alla Casa Croci di Mendrisio. 



Ilustrazione di Karl, fratello di Robert Walser, per il Fritz Kochers Aufsatze


Ho avuto il privilegio di visitarla nei suoi ultimi giorni d'apertura (si è chiusa il 12 marzo), riportando una profonda emozione. Oltre all'accuratissima raccolta di documenti, lettere, fotografie, prime edizioni (in diversi casi illustrate dal fratello Karl), il cuore dell'esposizione è costituito dai piccoli fogli unanimemente chiamati "microgrammi". Nello specifico si tratta di testi che lo scrittore ha ideato, riportandoli sulla carta con la sua minuta calligrafia. Qui Walser disegna una sorta di fitto e incomprensibile tessuto geroglifico che solo il lavoro estenuante di  Bemhard Echte e Werner Mortang è riuscito a dipanare. 
Microgrammi


Questi manoscritti a matita, coprono un arco significativo della tormentata esistenza di Walser, andando dal 1924 al 1932 e in alcuni casi anche all'anno seguente. Nel compilare questi fogli, Walser utilizza tutto ciò che ha sotto mano, pertanto, essi sono scritti su margini di giornali, buste, avvisi di pagamento, formulari, insomma su tutto ciò che gli capitava tra le mani nel momento in cui era baciato dall'ispirazione. L'insieme di queste carte riusate con i documenti che seguono Walser nei suoi vari spostamenti in varie città e nei tragici soggiorni in cliniche psichiatriche, prima a Waldau - Berna tra il 1929 e il 1933, quindi a Herisau,  fino alla sua morte nel 1956, sono testimonianze toccanti che fanno riemergere alla memoria quel suo stile di scrittura così raffinato da entrare nel cuore di colleghi illustri quali Hesse, Zweig, Canetti, Kafka, Musil, Benjamin, divenendo oltretutto uno dei principali scrittori di lingua tedesca nel novecento. 



Microgrammi


Gli sono bastate le pochissime pubblicazioni che hanno trovato un'edizione quando era ancora in vita, per diventarlo: sulla base di questa misera bibliografia, la sua gloria è stata riaccesa continuamente ogni qual volta ha visto la luce un suo scritto postumo. A suffragare la sua marginalità in vita, si legge in un passaggio certamente autobiografico del romanzo "I fratelli Tanner", che Walser è stato "sempre davanti alla porta della vita", bussando in attesa che qualcuno aprisse quel pesante chiavistello. 






E davanti questa porta che resterà chiusa, a questo estremo ed eccentrico erede dei grandi romantici, bastava poter respirare, passeggiare e scrivere sempre e solo (almeno dopo la prima tappa che ha visto la pubblicazione di tre romanzi scritti originalmente a penna) con quella matita sempre in tasca, pronta a raccontare del suo padrone, del mondo e della natura, attraverso personaggi che si assomigliano. Il loro tratto comune è l'inconcludenza dei girovaghi che non hanno mete o legami e guardano il mondo con "una qualche luce negli occhi" (Walter Benjamin). 







La parabola narrativa con cui riesce meglio ad esprimere il suo io, cogliendone "il peso della nullità" attraverso una "delicatezza inconsueta" (sempre Benjamin), è quella del "miniaturista ...che riesce a comporre in modo assolutamente disinvolto e involontario gioielli di prosa perfetti" (Stefen Zweig).Ed è nei racconti brevi che Walser riesce a intrecciare uno stile impalpabile ad un volo lirico che li spinge verso il confine con la poesia. Questa attitudine alle stesure brevi è subito emersa, consentendogli diverse collaborazioni con quotidiani a partire dal 1898 (sul bernese Der Bund), in seguito su Die Insel, quindi durante il suo soggiorno a Berlino su Schaubuhne e infine su innumerevoli testate elvetiche. La grazia poetica della sua scrittura anima il suo breve racconto intitolato "La passeggiata", forse il più celebre e riuscito. In uno dei tanti passaggi felicissimi Walser scrive: "Le note fluivano giovani e innocenti al pari della felicità stessa: felicità della vita, felicità dell'amore. Come figure d'angeli dal niveo, gioioso piumaggio, volavano verso il cielo turchino e parevano ricadere per morire in letizia. Era come la morte di struggimento, o forse per esuberanza di gioia, come un vivere e amare in esultanza, un non poter più vivere a causa di un'immagine troppo bella, ricca, dolce della vita". Ed è durante una delle sue lunghe, amate passeggiate, che lo scrittore muore il 25 dicembre del 1956 quando era ancora ospite volontario nel manicomio di Herisau, secondo una modalità che aveva descritto più volte. 






Un attacco cardiaco lo fulmina in mezzo alla neve dove viene inutilmente soccorso e fotografato in una immagine tremenda che commuove e sintetizza la solitudine ed il gelo in cui Walser ha vissuto buona parte della sua vita, riuscendo lo stesso a nutrire la sua scrittura di una leggerezza musicale. Quella musica che sin dal romanzo d'esordio (I temi di Frits Kocher) ha un posto importante nella sua sensibilità e spesso, quando l'autore la mette in evidenza, è di una bellezza struggente  legata alla morte:  "spesso quando d'estate cammino per le strade infuocate, e da una casa sconosciuta viene il suono di un pianoforte, resto immobile  emi sembra di dover morire lì sul posto. Mi piacerebbe morire ascoltando un pezzo di musica". E nel suo destino lo attendeva la musica più intensa, informale e terrificante che si possa immaginare: quella del silenzio. 

            

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