ANGELERI, O DELL' ESPRIT DE GÉOMÉTRIE MULTIMEDIALE
Claudio Angeleri è stato ed è uno tra i più concreti protagonisti dell’ambiente jazzistico che ha animato i fermenti spumeggianti nelle migliori stagioni di quella che si può definire la Bergamo Felix, una città particolarmente accogliente dove creare, produrre, ascoltare questa musica con frequenza ed eccellente qualità. In questa geografia propizia, la pluralità delle sue esperienze come pianista, leader, compositore e didatta, ha ribadito il suo vitale interesse a diversi versanti estetici, raggiungendo in tutti i campi un’identità artistica modellata con mano libera e lucidità ermeneutica, nella forma necessaria ad esprimere la propria verità. Una verità che Angeleri declina con l’originalità del suo stile sin dall’inizio del suo cammino, nelle precoci fiammate giovanili che incendiavano le passioni coltivate durante l’apprentissage di musicista in cerca di sè, indirizzando la sua parabola iniziatica verso la configurazione di una cosmogonia illuminata dalla propria luce. Le risonanze primarie di quel periodo aurorale, sono state approfondite continuamente e l’audacia dei loro contenuti amministrata con sicura abilità, smussando angoli e cesellando dettagli grazie all’osservazione vigile e puntuale con cui Angeleri si è sempre interrogato per non restare uguale a se stesso, adempiendo il compito che ogni musicista di jazz contemporaneo ha il dovere di svolgere.
E questa posizione acuta, duttile e sciolta, ha contemporaneamente fatto tesoro dei riferimenti sentimentali che legano Angeleri ai jazzisti di cui si sente ammirato consanguineo. Nella registrazione di questo cd, che testimonia una delle iniziative programmate durante il 2023 per Bergamo/Brescia capitale italiana della cultura, è stato invitato un jazzista che di lui è consanguineo due volte: la prima per visione estetica, la seconda per la coincidenza delle origini bergamasche. Si tratta di Gianluigi Trovesi, vale a dire del musicista che può essere considerato il nobile emblema del genius loci bergamasco, unanimemente riconosciuto tra la ristretta cerchia dei più sensibili, fecondi, creativi jazzisti dell’intero orizzonte internazionale. Anche in questa veste di ospite la sua intelligenza musicale brilla per l’eleganza con cui lo ascoltiamo ubbidire disciplinatamente alle esigenze del collettivo che in larga parte ha accompagnato il susseguirsi dei progetti guidati da Angeleri negli ultimi decenni.
Gianluigi Trovesi con Claudio Angeleri
Questa condivisione di lungo corso tra il leader, Gabriele Comeglio, Giulio Visibelli, Marco Esposito e Matteo Milesi, è la materia prima che valorizza ancora di più il contributo già prezioso dei singoli. Un valore aggiunto percepibile dalla sintonia compatta del quintetto, che cuce con sicurezza magistrale ed elastica nonchalance tutti i fili dei disegni musicali, tessendo le maglie delle loro textures in una ponderata cornice espressiva. E’ lo spazio aperto che Angeleri ha lucidamente orientato coltivando con precisione icastica il suo esprit de géometrie, baricentro perfettamente definito del suo luogo mentale privilegiato. Forte della manifestazione sensibile di questo pensiero architettonico, la poetica della sua musica risuona nell’esattezza meticolosa che scaturisce dalle strutture, dalle prospettive, dai rapporti, dai volumi, dai pesi e contrappesi, dalle nervature con cui si presentano le composizioni. Anche in questa registrazione, che essendo ripresa durante un concerto è immersa nell’emozione viva e concreta della performance, la penna di Angeleri mette sulla carta idee musicali di plastica fluidità, carezzandole, soppesandone gli impasti effusivi, la sostanza cangiante e i suoi riverberi: coltivandole con la leggerezza erudita di un gusto sottile e sostenendole con estro melodico, raffinatezze timbriche, varietà ritmica, perizia armonica. Un materiale che ha il dono magnetico di coinvolgere i partners, creando i migliori presupposti per invitarli a liberare le loro improvvisazioni da quella polvere retorica che finirebbe per ridurle fatalmente a tòpoi, compromettendone lo spirito avventuroso, vivace e mobile, capace di distillare il suo miele in fraseggi sorprendenti. Nell’aderire a questo coinvolgimento, la sapienza di tutti i solisti è scandita con naturalezza e a turno ascoltiamo gli assoli articolare fantasie che si presentano garbatamente, per via di un virtuosismo funzionale, sobrio e quindi mai calligrafico, decorativo o imperniato su artificiose dispersioni istrioniche. Nella circostanza di questa proteiforme féeries Angeleri ha arricchito il contesto del suo quintetto strumentale non solo con Trovesi, ma accogliendo per un titolo una giovane promessa del sassofono come Nicholas Lecchi, e ampliando le potenzialità timbriche di tre temi con il contributo del folto gruppo vocale The Golden Guys Choir, diretti da Paola Milzani, la quale ha assunto anche il ruolo di voce solista.
Lo spunto concettuale che fa da comun denominatore tra le otto tracce, è quello di dedicarle ad una galleria di otto eterogenei soggetti protagonisti della secolare cultura bergamasca e bresciana, senza la presunzione di ricavarne medaglioni ritrattistici impossibili da restituire con quella magica forma dell’invisibile che è il linguaggio della musica. Si tratta piuttosto di suggerire una invitation au voyage tra intarsi di idee che nella loro realizzazione musicale agiscono in piena autonomia trasmettendo emozioni suggestive: per quel che riguarda i personaggi chiamati in causa, la loro evocazione è semplicemente esplicitata nei titoli, a cui è delegato il compito di farli emergere palesemente dal gran teatro storico delle due provincie lombarde che li possono vantare come figli illustri. Ma ad entrare nel merito di questi illustrissimi è la natura dello spettacolo dal vivo che si avvale di contributi extramusicali, dalle opere pittoriche di Gianni Bergamelli che ha partecipato anche con il quadro ripreso in copertina copertina, alle narrazioni di Maurizio Franco, fino alla danza di Adriano Merigo, mossa sulle improvvisazioni dei diversi solisti.
L’album inizia con un brano strutturato su ingranaggi sghembi annidati nel registro grave, deformati fino a sfaldarsi per ricomparire nell’epilogo che segue gli interventi solistici. Il titolo di questa apertura è Il triangolo di Tartaglia, quindi dedicato al matematico cinquecentesco che lo ha dimostrato e formulato, quel Niccolò Fontana soprannominato impietosamente Tartaglia a causa dei suoi inceppi logopedici. A seguire, l’unica composizione che non è stata scritta da Angeleri ma dal prolifico genio di Gaetano Donizetti, l’indiscusso idolo orobico del melodramma in epoca preunitaria. In questa circostanza Angeleri non prende in prestito una delle leggendarie arie d’opera del Donizzetti, ma l’estasi teneramente ariosa del suo commovente Lacrimosa, situato prima dell’ultimo numero nella solenne Messa da Requiem dedicata al collega Vincenzo Bellini. Usciti da questo climax di grazia ottocentesca, la terza traccia mostra un deciso cambiamento di carattere ed è consacrata al secondo dei due musicisti inseriti tra i dedicatari. Si tratta dell’insuperabile pianista bresciano Benedetti Michelangeli, omaggiato da un brano che in tutta semplicità porta il suo nome di battesimo, Arturo, e che dopo un superbo assolo di flauto, vede il pianoforte di Angeleri al centro di una limpida improvvisazione, dove il fraseggio si contrae e si distende attraversando i fuochi armonici e punteggiandone le parabole con passaggi d’intensa energia narrativa.
Particolare di un opera di Gianni Bergamelli
Non poteva che intitolarsi Light and dark il tema riservato a quel Michelangelo Merisi che, seppur di natali meneghini, si è presto trasferito nella bergamasca Caravaggio da cui ha preso il nome riconosciuto come quello di una delle figure centrale dell’intera storia dell’arte. Anche in questo caso la procedura della composizione prevede la melodia cantata svilupparsi sul groove creato con una figura ostinata dei bassi che nel corso del brano si modifica, si assottiglia, sembra smarrirsi per ricomparire nella sua cellula ritmica originaria per la ripresa finale del canto. Ancora un corale introduce su una progressione di due accordi l’intenso motivo intitolato Armida, riprendendo il nome della maga musulmana che si affaccia nel IV canto della Gerusalemme Liberata: siamo evidentemente approdati nell’universo letterario di Torquato Tasso che sebbene avesse natali sorrentini era di sangue brembano.
Sulla struttura del blues, solo nella parte tematica estesa da una breve appendice, è la composizione Ermitage, dedicata al virtuoso neoclassico Giacomo Quarenghi che al servizio della zarina Caterina II ha realizzato l’imponente e mitico edificio di San Pietroburgo a cui elude il titolo. Una specie di dinamico shuffle disegnato dalla mano sinistra del pianoforte fa da spunto iniziale alla struttura polimetrica che alternerà durante le improvvisazioni una sezione di otto battute in 4/4 a una sezione di 16 battute in 5/4: il suo titolo è Roots, per simboleggiare le strade del mondo intraprese dall’infaticabile esploratore liberale e carbonaro Giacomo Costantino Beltrami che, tra i molti viaggi, è giunto a scandagliare l’idrografia del Mississippi ancora semisconosciuta intorno alla seconda decade dell’800, giungendo nella città che sarebbe divenuta la culla del jazz: New Orleans.
Particolare di un opera di Gianni Bergamelli
Dopo il riferimento a questo inquieto personaggio, la chiusura scelta da Angeleri per il suo eterogeneo Parnaso locale, riguarda la memoria del contingente femminile che si è speso coraggiosamente nella resistenza e che tra Brescia e Bergamo ha contato 324 donne, su una stima ufficiale di 35.000 partigiane italiane. Il mood di quest’ultima composizione intitolata Ritratti, è quello di una riflessione sull’eterno ritorno, aprendo e chiudendo con un intervento del coro dalla archetipica coloritura del gospel e rivisitando nelle improvvisazioni il nido simbolico del blues, con il suo canovaccio modulare dalla semplicità inesauribilmente generosa. E forse in questa predisposizione a coniugare come metodo la comunicatività con la trasparenza, la personalità con la complessità, c’è il nocciolo della poetica che ha distinto il contributo più che quarantennale di Angeleri (il primo vinile di formazione è una registrazione che risale al gruppo Zigurrat del 1977), all’affermazione del jazz bergamasco nel panorama nazionale e internazionale. Nella partecipazione del pubblico accorso all’Auditorium Modernissimo di Nembro per assistere allo spettacolo multimediale che aveva come colonna sonora le composizioni riunite in questo cd, gli applausi non sono perciò solo l’abituale corollario di rito, ma il loro calore rivela l’emozione del rapporto vivo di una comunità con un artista che sente suo, e che si presenta offrendo i suoi talenti con l’umiltà dell’understatement. L’insegnamento che possiamo ricevere da questa complicità è il valore essenziale dell’empatia, senza la quale la musica corre il rischio di inaridire e di morire sotto il peso di pensieri incondivisibili, incapace di volare tra i cieli della bellezza per nutrire chi ne è raggiunto. Se, come è stato sottolineato, lo spettacolo dal vivo risultava completato da elementi multimediali, l’empatia non mancherà di calamitare anche gli ascoltatori di questo cd, incuriosendoli e coinvolgendoli.
A questo proposito le architetture icastiche del diorama composto da Claudio Angeleri, mettono sempre a disposizione lampeggianti fili d’Arianna da seguire per farsi trasportare nel cuore della musica, entrando in piena sintonia con l’ andamento ondoso della sua armonia, con i doppi fondi dei suoi ritmi, con i veli e le cortine cangianti dei suoi timbri, con il prodigioso sortilegio dell’invenzione melodica. Abbandonarsi alle scintille dei cortocircuiti scaturiti dalla concomitanza magica di tutti questi meccanismi ci fa scoprire che oltre al citato esprit de géométrie agisce anche l'esprit de finesse. Per questa somma di motivi la semplice esperienza auditiva non è affatto riduttiva rispetto a quella polisensoriale vissuta dagli spettatori raccolti il 20 maggio del 2023 nella serata di Nembro e in altre occasioni proposta come "invenzioni a più voci", quindi consigliatissima e per di più ripetibile con il valore aggiunto di scoprire ad ogni ascolto il dipanarsi di nuovi fili d’Arianna.
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