L'ESIGUO LASCITO DI JACQUES VACHE' , UNO SCRITTORE CHE NON HA MAI PUBBLICATO
Il 6 gennaio 1919, in una stanza dell'Hôtel de France di Nantes, situato nell'antico palazzo privato di Jean-Joseph Louis Graslin, curatore generale delle fattorie del regno sotto Luigi XV, al quale dobbiamo il teatro omonimo poco distante in Place Graslin e dove nell’ottocento avevano soggiornato Stendhal, Flaubert e William Turner, due giovani furono trovati morti, vittime di un'overdose di oppio. I loro nomi sono Paul Bonnet e Jacques Vaché. Ma se il primo è caduto nell'oblio del tempo, il secondo, morto all'età di 23 anni, erediterà un'eccezionale gloria postuma.
La meteora fulminea quanto inconcludente della sua biografia è ancora studiata da accademici, ricercatori e amanti di questo curioso personaggio amico del poeta Andrè Breton a cui il primario dell'ospedale di Broussais inviò il 19 gennaio 1919 un telegramma per comunicargli l'indirizzo della famiglia Vaché. E Breton risulterà essere il personaggio chiave di tutta la vicenda riguardante questo personaggio: se Vachè ha acceso la scintilla che causerà l’incendio avanguardisti del Surrealismo creato da Breton nel 1924, Breton sarà il promotore che gli aprirà le porte di un destino mitico.
Il poeta aveva conosciuto Vachè nel gennaio del 1916, quando insieme a Théodore Fraenkel prestava il suo servizio militare come stagista medico all'ospedale di rue du Boccage a Nantes. Jacques era degente in quanto aveva riportato una ferita di guerra al polpaccio a causa di una scheggia. Breton è immediatamente affascinato dall'atteggiamento di questo "giovanotto molto elegante, dai capelli rossi", che gli presenta Alfred Jarry, e che, da buon figlio di un capitano dell'artiglieria navale, si oppone a tutti con la "diserzione dentro di sé”, obbedendo solo alla legge dell’Umor, vale a dire dell’umorismo scritto per deliberato capriccio senza senza l’h prescritta e di una acidità corrosiva e antilirica.
Vachè degente a Nantes |
Forse ricordando che secondo Baudelaire Alcibiade è uno dei “splendidi tipi” del dandismo, Breton afferma senza mezzi termini: “Vaché era decisamente Alcibiade”. Un dandy che si comporta alla stregua di un elemento aggiuntivo nella denuncia contro il principio di realtà, minando quindi il confine tra immaginazione e realtà che i surrealisti sognano di abolire, facendo del suo stile di vita, dei suoi vestiti, del suo ingegno da romanziere, delle sue stesse emozioni un'opera d'arte.Nel giugno di quel terribile 1916 Vaché, che parlava correntemente l'inglese, fu richiamato al fronte come interprete per le truppe britanniche, riprendendo i contatti con Breton in ottobre attraverso una prima lettera su cui si legge: “Porto il mio monocolo di cristallo e una teoria di dipinti inquietanti dalle rovine ai villaggi - sono stato successivamente uno scrittore incoronato, un noto disegnatore pornografico e uno scandaloso pittore cubista».
Jacques Vachè, quando esercitava il ruolo di interprete a Nantes |
E questa prosa stralunata di Vachè si accompagna anche a comportamenti stravaganti come ad esempio quello di passeggiare talvolta per le strade di Nantes, alternando l'uniforme di tenente ussaro, di aviatore, di medico. Ed ecco uno stralcio da una lettera inviata ancora a Breton sempre nel 1916:"- Il mio sogno attuale è indossare una camicia rossa, una sciarpa rossa e stivali alti - è quello di essere membro di una società cinese segreta e senza scopo in Australia -“. …e nel 1917: "-Tutti uguali dalla base delle conchiglie i bianchi lillà che sudano e si rilassano di vecchi piaceri solitari mi annoiano molto - fioristi estivi d'asfalto dove i tubi da giardino spruzzano la domenica migliore“. Mentre sull’ultima lettera si legge:“…Uscirò dalla guerra dolcemente inzuppato, forse, come quegli splendidi idioti del villaggio (e lo spero)…”. Riflettendo sulla sua prosa allucinata che non è mai pubblicata in vita pur incidendo nello spirito delle rivolte logiche più radicali, Breton ne trae un paradosso scrivendo che «la fortuna di Jacques Vaché è quella di non aver prodotto nulla», tanto da incarnare idealmente quell’«assenza d’opera» di cui disquisisce Foucault collegandola così alla «ragione in fiamme»: «che cos’è dunque la follia, nella sua forma più generale, ma più concreta, per colui che rifiuta di primo acchito ogni cattura da parte del sapere? Nient’altro, senza dubbio, che l’assenza d’opera» (Préface, 1960). Anche per questo Breton ne farà la sua icona, attribuendo a lui il merito di averlo ispirato a teorizzare nel 1924 il Surrealismo, vale a dire il più sconvolgente movimento artistico del XX secolo. Una influenza che riconduce a Foucault che alla domanda su quali siano le sue ‘influenze’ risponde «Soprattutto opere letterarie… una certa forma di presenza della follia nella letteratura». (siamo subito dopo la pubblicazione della Storia, nel 1961).
Ma la performance pubblica più eclatante di Vachè avviene alla fine del primo atto del “dramma surrealista” Les mamelles de Tirésias di Guillaume Apollinaire, messo in scena il 24 giugno 1917 alla sala Renée Maubel di Parigi con la cura di Pierre Albert-Birot, direttore della rivista SIC su cui Aragon menzionò per la prima volta il nome di Jacques Vachè nel numero dedicato ai commenti su questo spettacolo. Vaché che condanna la forma poetica e letteraria di Apollinaire accusata di “rattoppare il romanticismo con il filo del telefono”, arriva nella sala accompagnato dal fedele Théodore Fraenkel, vestito con una divisa da ufficiale di ordinanza inglese. Qui, secondo il copione tipico nelle soirées dadaiste, il pubblico protesta vivacemente per la messa in scena di cui non riesce ad afferrare il senso che non c’è perchè non vuole esserci: nel bel mezzo del parapiglia, Vachè infastidito sfodera una pistola minacciando di sparare a caso sul pubblico!
E' per merito di Breton se abbiamo una traccia editoriale della scrittura di Vachè e riguarda proprio l’esiguo corpus di lettere inviate nel periodo della guerra a lui, a Fraenkel, ad Aragon, a cui si sommano alcuni disegni e qualche poesia. Le lettere, tra evocazioni epistolari della vita quotidiana della guerra e slanci poetici rivolti dal fronte a diversi corrispondenti, erano state pubblicate in un piccolo libro intitolato Lettres de Guerre di Jacques Vaché dalle edizioni Sans-Pareil nell'agosto 1919, con un’introduzione dello stesso Breton e apparse un mese prima sul n°5 della giovanissima rivista Littérature fondata da lui insieme a Philippe Saupault e a Luis Aragon.
Molte di queste lettere raccontano l'orrore della guerra con uno stile di terrificante precisione e allo stesso tempo di umorismo agghiacciante come ad esempio i punti in cui viene commentato di un inglese che si mette pantaloni corti, calze di seta e décolleté di vernice, mentre un altro compra un pianoforte che installa dieci metri sottoterra.
Commenti
Posta un commento