Il Mundial dimenticato, ovvero il calcio romantico attraverso un monkumentary surreale
La storia del documetarismo nel cinema ha una nicchia creativa in cui il lavoro degli autori che vi operano amplia l’orizzonte della realtà a quello della fiction, raggiungendo in alcune circostanze un risultato filmico di valore assoluto: a questo genere conosciuto come “monkumentary” si rifà, tra gli altri, l’esilarante Zelig di Woody Allen.
Come approfondendo il tema di questa opera sul calcio, il pisano Lorenzo Garzella ed il fiorentino Filippo Macelloni, si sono ispirati per il loro ultimo lungometraggio intitolato El Mundial dimenticato, ai tre racconti brevi che Osvaldo Soriano ha dedicato al sedicente figlio di Butch Cassidy.
Queste fonti letterarie erano state originariamente scritte per il periodico argentino Pagina/12 nel 1993 e quindi inclusi nella serie Cuentos de los años felices (successivamente tradotti in italiano nella raccolta “Pensare con i piedi”, Einaudi, 1995).
La trama del lavoro cinematografico ispirato ai personaggi di Soriano, parte ancora dalla coppa creata da Jules Rimet nel 1929, ma si focalizza sulla misteriosa competizione del 1942 che lo scrittore argentino ambienta nella Patagonia, lontanissimo dai fronti della guerra che allora infuriava in Europa.
Risalire ai fatti di questa improbabile manifestazione sembrava impossibile fino a quando, durante gli scavi paleontologici nello splendido sito di Villa El Chocón nella provincia di Nequen, tra gli innumerevoli e giganteschi dinosauri fossili viene ritrovato anche uno scheletro umano al fianco del quale è conservata una macchina da presa risalente agli anni ‘40.
Dalla scoperta di questo apparecchio e del prezioso filmato contenuto, parte l'indagine su cui è fondato il documentario.
La cinepresa si era miracolosamente salvata dalla tremenda alluvione che interessò la zona provocando il crollo di uno stadio i cui resti sono tutt’ora sott’acqua.
Proprio in quello stadio e proprio nello sciagurato 19 dicembre in cui fu inondato, si giocava la finale della fantomatica coppa Rimet del ’42, mai riconosciuta dagli organi ufficiali.
Con grandissima sorpresa la qualità cinematografica delle immagini storiche di quell’evento non si limitava ad essere quella di un semplice resoconto sportivo. Infatti, una serie di sconcertanti invenzioni nel sistema di ripresa, rimandano addirittura ad un inimmaginabile linguaggio d'avanguardia.
Lo sviluppo delle indagini guidate dal giornalista argentino Sergio Levinsky, avrebbero spiegato il perché di una creatività così debordante, a partire dall’identità dell'irrequieto cineoperatore.
A scegliere questo personaggio eccentrico era stato direttamente l'organizzatore dell’evento calcistico: il Conte Vladimir Otz,stravagante mecenate illuminista di origini balcaniche, emigrato in Argentina negli anni '30, appassionato di calcio e faraonico collezionista, Ministro del IV Re di Patagonia in esilio a Parigi e amico personale del fondatore della Fifa Jules Rimet.
Nei piani del Conte, il prescelto avrebbe dovuto reinterpretare su un piano interraziale e pacifista quello che la gelida Leni Riefensthal aveva fatto magistralmente per i Giochi Olimpici del 1936 svoltisi a Berlino.
Imprevedibilmente, Guillermo Sandrini, è risultato essere all'altezza delle aspettative del Conte riuscendo a "filmare il Mundial in modo memorabile e rivoluzionario" come egli chiedeva nella lettera inviata a Rimet. Infatti l'immigrato italiano era riuscito ad affacciarsi con sicurezza alla sperimentazione attraverso una serie di curiose invenzioni e nonostante lo scoraggiante curriculum di cineoperatore di provincia e di fotografo specializzato in matrimoni.
Sandrini non smentì la sua fama di “abuelito loco”, creando filmati originalissimi grazie ad una serie di tecniche di ripresa che supplivano alla povertà dei mezzi disponibili con una sorprendente fantasia inventiva.
Se non avete mai sentito parlare di tecniche come quella del “cine-casco”, della “camera fluttuante”, della “trampilla” e della “cine-pelota”, potrete vederne i risultati nella testimonianza che Sandrini ha lasciato nel suo filmato.
Il contenuto della pellicola ritrovata ci svela che furono 12 le squadre di calcio che si disputarono il titolo.
Nelle formazioni improbabili che scesero in campo, figuravano solo due professionisti ingaggiati attraverso una colletta dagli immigrati italiani per rinforzare la nazionale azzurra: il "toro" Puricelli ed il “pavone” Bernini che non riuscirono comunque a essere così decisivi da portare l'Italia in finale.
Per il resto le squadre erano composte da giocatori racimolati in loco tra gli immigrati e giunti a quella manifestazione sportiva dai più disparati mestieri: operai, ingegneri, minatori, religiosi, pescatori, artisti circensi, rivoluzionari in fuga, indios Mapuche, militari.
Tra questi ultimi un infiltrato mandato da Hitler per giocare con a squadra tedesca, il soldato Klaus Kramer che parallelamente ai suoi compiti di giocatore-spia, flirtava con Helena Otz, figlia del Conte dalla bellezza magnetica e fotografa d’avanguardia che era anche oggetto dell’attenzione di un giocatore dei Mapuche detto “El Tigre” e di un sentimento d’amore mai dichiarato da parte di Sandrini.
E, mentre il Fuhrer in persona attende con ansia di apprendere il risultato vittorioso da una telefonata che Kramer doveva fare immediatamente dopo il termine dell’ultima gara, proprio i Mapuche riescono ad aggiudicarsi la Coppa battendo in finale la Germania.
L’arbitraggio della fangosa partita che si era giocata sotto un diluvio tanto burrascoso da far scomparire le porte, fu ad opera di William Brett Cassidy… che si presentava come figlio naturale del celebre cowboy Butch Cassidy, arbitrando con la pistola.
Nel raccontare tutte queste vicende surreali, i registi hanno avuto la brillante idea di intervistare campioni quali Roberto Baggio, Jorge Valdano, Gary Lineker, che si sono prestati a fornire la loro testimonianza in merito a quella competizione strampalata.
Mentre la cosiddetta pubblicità virale lanciata nella rete ha conquistato un seguito inimmaginabile per un film italiano prodotto dalla Verdeoro di Daniele Mazzocca con il badget ridottissimo di 800 mila euro, il film ha iniziato ad essere distribuito nelle sale di alcune città a partire dall’8 giugno.
Cosa resta agli appassionati del calcio se non tifare Sant Pauli e incuriosirsi per un fantamondiale come quello che ci propongono Garzella e Macelloni?
Lo stile etico della squadra tedesca e i novanta minuti di questo gioiello cinematografico, riportano uno sport dilaniato dalle scommesse e dalle organizzazioni criminali, nella sua dimensione più romantica: quella del gioco dove a volte anche una squadra Mapuche può vincere.
DOVE SONO HELEN OTZ....
RispondiEliminadove sono HELEN OTZ.....DOVE SONO SUO LABORO FOTOGRAFICO....
RispondiEliminaLamentablemente no conosco Helen Otz, y te agradezco mucho para escrivirme y dejarme una informacion creo importante: podes ayutarme en la busqueda de informaciones. Gracias Franco
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