UNA PELLICOLA FANTASMA SI AGGIRA PER L'ARGENTINA
Pino Solanas nasce in una famiglia rigorosamente conservatrice, dove il padre è medico, direttore di un noto ospedale, la madre casalinga, nipote di uno dei direttori dei giornali più reazionari, «La Prensa». Pino ha lavorato assiduamente per demolire tutto questo anche prima di aver realizzato uno dei suoi capolavori, il vertiginoso film La hora de los hornos del 1968, che prende il titolo dai versi del poeta e rivoluzionario Josè Martì «es la hora de los hornos, en que no se ha de ver más que luz/è l’ora dei forni, quando non si vede altro che luce». da questa pellicola si fa strada l’idea di film come atto politico teorizzato poco dopo con l’idea di «cinema militante». Solanas finanziò il progetto con i lavori di pubblicitario. Le prime cose che fece furono dei jingles, suonava il piano divinamente, era un ottimo compositore. Il film contiene centinaia di documenti, immagini, fotografie, citazioni e testimonianze, finiti di montare e di ritoccare a Roma, pre presentare infine la pellicola alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dove vinse il primo premio, preambolo premio della Settimana della Critica ricevuto l'anno successivo al Festival di Cannes.
In quel 1969, sulla rivista Cinema Cubano, c'è un’intervista ai membri del gruppo Cine Liberación di cui Solanas è stato tra i fondatori, nella quale per la prima volta si fa riferimento al Terzo Cinema che La Hora de los Hornos rappresenta pienamente. In un passaggio si legge:
C’è bisogno di un Terzo Cinema, un cinema che non cada nella trappola del dialogo con coloro con cui non si può dialogare, un cinema di aggressione, un cinema che esca per rompere l’irrazionalità dominante che lo ha preceduto: un Cinema d’Azione. Ciò non significa che il cineasta debba affrontare esclusivamente il tema della rivoluzione o della lotta politica, ma piuttosto che debba addentrarsi in profondità in qualsiasi aspetto della vita dell’uomo latinoamericano, perché per farlo dovrà in qualche modo raggiungere quelle categorie di conoscenza, ricerca e mobilitazione di cui abbiamo parlato. È questo cinema, per la sua coscienza ed essenza rivoluzionaria, che dovrà ricorrere e quindi inventare linguaggi, ora veramente nuovi, per una nuova coscienza e una nuova realtà. Lungi dall’essere la negazione retrograda delle strutture, delle forme o dei concetti apportati dal cosiddetto “Nuovo Cinema”, questo Terzo Cinema dovrà approfittarne, contenerli e negarli, sintetizzandoli infine dietro una prospettiva più ampia, dietro l’unica originalità possibile ”
La concezione estetica del «Terzo cinema» militante ed autoprodotto, spiegata nel manifesto redatto dai cineasti latinoamericani, indica la necessità di superare ciò che veniva definito come Primo e Secondo cinema. Il primo cinema era il cinema statunitense «classico» di Hollywood, prodotto con budget miliardari. Il secondo cinema era costituito invece da ciò che nei Cahiers du cinéma di quello stesso periodo era stato definito come«“politica degli autori», ovvero le opere dei «registi» con ambizioni estetico-artistiche fortemente personali, anche di avanguardia, ma impegnate nel promuovere una visione esistenziale del mondo e del cinema «universale» e «astratta», slegata dalle esigenze rivoluzionarie specifiche degli oppressi. Primo e secondo cinema avevano fatto dell’arte cinematografica, come mezzo di comunicazione di massa e come linguaggio espressivo, un oggetto sinonimo di spettacolo, divertimento, profitto e consumo. Il Terzo Cinema invece agiva «al servizio della decolonizzazione culturale dei paesi del Terzo mondo e dei movimenti rivoluzionari delle metropoli», schierandosi a fianco delle masse proletarie non europee, con l'obiettivo primario di favorire la «presa di coscienza» rivoluzionaria collettiva. Nelle sue opere venivano sviluppati con altri mezzi la «pedagogia dell’oppresso» di Paulo Freire e l’idea di rivoluzione anticoloniale di Césaire e Fanon: la decolonizzazione è creazione-invenzione di «nuove anime», di nuovi modi di pensare, di nuovi modi di stare nel mondo: sostanzialmente di un nuovo uomo decolonizzato.
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Eccola:
Mentre inizio questa lettera, mi chiedo: come posso raccontare a chi è nato nei favolosi anni '60 come sono stati quegli anni epici e violenti, liberatori e repressivi, pieni di rotture, sogni e utopie? Come possiamo raccontarvi cosa ha significato per noi quel periodo in cui avevamo meno di trent'anni e, sfidando paure e divieti, ci siamo lanciati nella più bella e difficile delle nostre "avventure", ovvero concepire e realizzare Las Horas de los Hornos...?... Come possiamo raccontarvi la violenza istituzionalizzata e lo sconforto prevalente dopo più di un decennio di dittature o governi sorti sulla base della proscrizione delle maggioranze nazionali? Come posso esprimerti cosa significò la violenza dei gorilla durante il bombardamento della popolazione civile nel 1955 e le migliaia di persone rinchiuse in Patagonia; con le fucilazioni del 1956 e le torture del Piano Conintes; con la mobilitazione militare degli operai in sciopero, a cui si aggiungevano migliaia di fuorilegge e prigionieri politici che costituivano una triste consuetudine in quegli anni? Come posso spiegare lo sforzo, il lavoro, la prudenza e l'organizzazione che ho dovuto mettere durante la dittatura del generale Onganía per riuscire a produrre e realizzare questo primo lungometraggio con la mia società di produzione di film pubblicitari, per poi portare più di 200 lattine a Roma per terminare il montaggio e lanciarlo, sorprendendo il regime...? Come posso confessarti le innumerevoli crisi creative e tecniche, politiche, personali e di gruppo che Octavio Getino e io abbiamo dovuto affrontare in quella solitudine per portare avanti questa utopia fino a proiettarla al suo pubblico naturale? Come possiamo ricreare per loro quanto fosse difficile per noi entrare in contatto con la classe operaia, quando sia i delegati sia gli operai istintivamente diffidavano degli intellettuali perché vedevano in loro coloro che li avevano dimenticati o traditi nel corso della storia? Come possiamo raccontarvi la gioia profonda che abbiamo provato nell'apprendere dalla memoria popolare la storia proibita o messa a tacere del movimento nazionale, che non era altro che la continuazione della lotta per l'indipendenza e l'anticolonialità? Come possiamo trasmettere loro lo sforzo che abbiamo fatto lungo il cammino per liberarci da tutte le concezioni dipendenti, politiche e cinematografiche, e l'immensa gioia che abbiamo provato quando abbiamo cominciato a inventare il film a partire dalle esigenze e dalle priorità che avevamo in quel momento, concependo e realizzando un film che era in sé un atto di resistenza alla dittatura e uno strumento di mobilitazione, dibattito e discussione politica? Come possiamo spiegare loro che, vivendo nell'illegalità più assoluta, con il Congresso chiuso, le attività politiche e studentesche proibite, la censura imposta, l'università intervenuta e senza alcuna prospettiva di cambiare la violenza del sistema attraverso vie costituzionali o legali dal 1955, l'esperienza della lotta del Terzo Mondo ha alimentato e insegnato la via della violenza popolare come alternativa per la liberazione? Come posso dire loro che in quegli anni '60 stava emergendo una nuova consapevolezza in tutta la mia generazione, come la scoperta che solo l'oligarchia di Buenos Aires aveva fatto ricorso sistematicamente alla violenza per imporre il suo progetto fin dai tre grandi genocidi - la guerra contro il gaucho, la guerra contro il Paraguay e la guerra contro gli indios - e che in questo secolo quella stessa oligarchia aveva rovesciato con colpi di stato ogni governo costituzionale e popolare che si fosse opposto ai suoi disegni? ...non erano idee degne di essere prese in considerazione, mentre si soffriva una dittatura, quelle del generale Mitre quando nel 1874 giustificò la sua rivolta contro il governo di Avellaneda dicendo che: "Quando il diritto di voto, fonte di ogni ragione e di ogni potere nelle democrazie, è di fatto soppresso (...) la rivoluzione è un diritto, un dovere e una necessità, e non realizzarla con pochi o con molti, con le armi in mano, sarebbe una vergogna"...? Infine, come possiamo esprimere la gioia e l'entusiasmo che abbiamo provato quando abbiamo visto che il film dei nostri sogni stava diventando realtà e che la storia è stata generosa con noi, perché in pochi mesi Las Horas de los Hornos è passata dall'essere un film maledetto a un mito, una leggenda, che ha esercitato una profonda influenza non solo in America Latina, ma anche in Europa e negli Stati Uniti? Infine, come possiamo elencare l'aspetto più straordinario di questo lungo processo, che è stato quello delle centinaia di proiezioni nel nostro Paese verso coloro che avrebbero dovuto continuare la storia nel presente con la loro pratica politica…? …Come possiamo fargli provare le emozioni che abbiamo vissuto noi, ciò che abbiamo imparato in quei veri “atti di liberazione” scatenati da Las Horas de los Hornos quando veniva trasmesso nelle case famiglia, nelle parrocchie, nei sindacati, nelle scuole o nei college, dove la gente andava nonostante la repressione…? Sono passati più di vent'anni da quando abbiamo terminato Las Horas de los Hornos. Noi, quelli della generazione degli anni '60, quelli che hanno sfidato il sistema neocoloniale e sono stati fedeli al progetto di liberazione di Perón, quelli che hanno vissuto la primavera del '73, le persecuzioni e il terrore, l'esilio interno ed esterno, il ritorno, quelli che in ogni momento hanno lottato per la sovranità popolare e la democrazia e hanno avuto successi e fallimenti, abbiamo sempre agito partendo da un'etica e da principi che vivono ancora dentro di noi, in attesa di essere realizzati. Oggi il processo democratico si è consolidato, anche se purtroppo molti dei problemi denunciati nel film persistono o si sono aggravati al punto da non essere più che un pallido riflesso. Sono presenti come specchio della disuguaglianza e dell'ingiustizia di un'Argentina straniera e sottomessa che spera ancora di realizzare il suo progetto "...per la felicità del popolo e la grandezza della Nazione". Per tutti questi motivi e per comprendere meglio cosa sono stati quegli epici anni '60, riproponiamo Las Horas de los Hornos.
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