CELINE, LA FUGA, IL PROCESSO, GLI EDITORI



Quando all'inizio del giugno 1944 le coste della Normandia furono interessate all'operazione Overlord che prevedeva il piano di sbarco degli alleati, Louis-Ferdinand Céline aveva ragione di pensare che gli eventi sarebbero precipitati in favore delle forze di liberazione. Per questa intuizione aveva iniziato a progettare una fuga al fine di non rischiare il plotone d'esecuzione, visto che l'indole di anarchico pacifista che traspare nel suo primo romanzo si era trasformata, compromettendolo con i collaborazionisti e facendogli prendere le posizioni raccapriccianti che sfoceranno nella pubblicazione di violenti libelli antisemiti. Dopo aver lasciato il suo appartamento di rue Lepic trasferendosi al quinto piano del numero 4 di rue Girardon a Montmartre, Céline aveva assistito alla disfatta di una Francia spaccata in due,  con una metà  governata dal maresciallo Pétain che sosteneva gli occupanti tedeschi, mentre l'altra resistente era guidata dall'esilio londinese da un generale ancora poco conosciuto: Charles De Galulle. 

“Bouffer du Juif” di Louis-Ferdinand Céline, Le Magazine , n° 306, 16 marzo 1941, p. 2 (presentazione di estratti dell'opuscolo antisemita Les Beaux Draps ).

In questo quadro scrive il suo ultimo pamphlet intitolato Les beaux draps pubblicato nel febbraio del 1941, dove manifesta le sue posizioni anti-gaulliste e denunciando le sue opinioni in merito ad una supposta influenza degli ebrei nella guerra, glorificando la Wermacht ma allo stesso tempo maledicendo l'esercito tedesco: l'opuscolo è proibito nella zona libera e autorizzato in quella occupata malgrado una leggera reticenza delle autorità tedesche che non si fidano molto dello scrittore ritenendolo un imprevedibile anarcoide. La sua posizione non è attiva ma le sue frequentazioni avvengono nel milieu collaborazionista che può leggere i suoi saltuari contributi pubblicati sull'odiosa stampa  apertamente schierata a favore dell'antisemitismo: Céline dichiarerà in seguito di non aver mai scritto per questi giornali, denunciando il fatto che avevano pubblicato la sua corrispondenza privata senza alcuna autorizzazione.

Lo scrittore decide quindi di non restare in patria partendo in tutta fretta dalla Gare de l'Est  il 17 giugno, insieme alla moglie Lucette, al gatto Béberte e pochissimi bagagli. Ha con se l'ultimo manoscritto di Guignol's bandun lasciapassare tedesco ottenuto per intercessione del direttore dell'Istituto tedesco di Parigi, Karl Epting, e... due fiale di cianuroNel suo appartamento abbandona sopra un armadio quasi 6000 pagine di manoscritti in gran parte inediti, tra i quali La Légende du roi Krogoldframmenti e varianti di Casse-pipe, diverse versioni della Guignol's Bandun migliaio di pagine relative al romanzo London che è una sorta di continuazione di Guerre

Il Fremdenpass fornito a Céline durante l'occupazione, per consentirgli di fuggire nella Germania nazista 

Il treno  porterà la coppia a Baden Baden, prima tappa di un viaggio tormentato che approderà nella Danimarca ancora dominata dai tedeschi. Come lui, anche altri personaggi chiaramente compromessi con gli occupanti tedeschi cercarono di espatriare. Tra questi, ad esempio, Jean Luchaire, direttore del quotidiano serale Les Nouveaux Temps, fondato con l'appoggio e il finanziamento dell'ambasciata tedesca, e fino a metà agosto 1944. Il giornalista pochi giorni prima della liberazione di Parigi si era rifugiato tra gli esuli francesi a Sigmaringen nella Germania del sud, dove, insieme alla corte del maresciallo Pétain in esilio, si trovavano 1.500 civili, militari e collaborazionisti. Nella cittadina era arrivato anche Céline che ne descrive l'ambiente nel suo D'un château l'autre, prima di raccontare i cinque giorni di fuga verso la Danimarca in  Nord » e Rigodon, tre testi in cui Céline declina la cronaca di un Europa devastata e ritorna a denunciare le atrocità della guerra e tutta la sua assurdità. La ballerina Karen Marie Jensen, sedotta all'inizio degli anni '30, lo introduce nel rifugio danese e nasconde nel suo giardino l'oro che lo scrittore gli aveva affidato durante un loro incontro a Berlino nel 1942. 


Dopo la sconfitta dei nazisti, Luchaire tentò di spostarsi dalla Germania alla neutrale Svizzera ma venne catturato a Merano e consegnato dagli americani alle autorità francesi che lo condannarono a morte nel gennaio del 1946. Anche Lucien Rebatet che era riuscito a raggiungere la Germania e lì era stato catturato, viene processato in Francia con una condanna alla pena di morte, che in questo caso fu commutata ai lavori forzati a vita e dopo sette anni ai domiciliari. Rebatet sul settimanale filo nazista Je suis partout aveva recensito Bagattelles pour un massacre scrivendo: Céline, l'anarchica di Voyage , il disgustato autore del pamphlet di Mea Culpa, uno dei volti più formidabili che hanno ruggito contro la meccanizzazione dell'uomo, contro l'impostura malvagia dei sovietici, Céline semplicemente scopre l'ebreo e si lancia da sola contro questo nemico". 

Je suis partout, 21 gennaio 1938

Su questa testata, come su altre riviste fortemente implicate nel collaborazionismo, quali L'Appel, La Gerbe e  Au Pilori creato dal cocainomane e attivista antiebraico Henry-Robert Petit (sul numero del 6 settembre 1940 in una lettera di Céline si legge: “una singola unghia marcia di un qualsiasi delinquente ariano vale ancora centomila volte di più e in ogni modo, in qualsiasi momento, di centoventimila Einstein… ), Céline tra il 1941 e il 1944 pubblica la serie di ventitre lettere, che insieme ad un articolo e tre interviste che sarà l'esigua e maledetta partecipazione all'unica stampa libera in quegli anni d'occupazione. 

Au Pilori, 2 ottobre, 1941


I temi di questi interventi affrontavano la disfatta del 1940, Vichy, gli ebrei, il razzismo, la guerra, la collaborazione franco-tedesca e gli intellettuali, con affondi polemici di critica letteraria contro Proust, Coctau e Peguy. Va altresì sottolineato che contemporaneamente la diffusione di alcuni dei suoi libri sarà in più occasioni ostacolata tanto dalle autorità di Vichy (come nel caso de Les Beaux Draps) quanto dai tedeschi. 


La permanenza nella Francia occupata sarà fatale per altri personaggi schierati dalla parte degli occupanti. Robert Brasillach, caporedattore del settimanale Je suis partout, dove avevano uno spazio rilevante le delazioni contro ebrei e antifascisti, restò in patria, processato, condannato a morte per "crimini intellettuali".  Fu fucilato nel febbraio del 1945, nonostante una richiesta di grazia indirizzata a De Gaulle e firmata, da illustri intellettuali come Mauriac, Claudel, Valéry, Duhamel, Paulhan, Cocteau, Colette e molti altri…Brasillach sull'Action française si esprime così su Céline: "leggi questo libro, fallo leggere, ti porterà gioia e consolazione". Sempre sulla stessa testata Leon Daudet scrive: "si tratta, con Bagatelles pour un massacre, di un pamphlet contro gli ebrei, il loro potere e la loro malvagità  ; scritto con verve rabelaisiana, in una lingua secondo me superba, farcita di slang, condita di ironia, verde e non solo, acida, succosa, qui sporca, là barocca, sempre assertiva, sempre sfacciata, con un colorito senza eguali [. ..]. Vado oltre  : non esiste, nella nostra letteratura, dai tempi di Menippea e dei poemi di Agrippa d'Aubigné, un tale urlo di rabbia, riverberato dagli echi di una sintassi parlata, muscolosa, allegra e nuda come una figlia del grande Courbet". 

Leon Daudet, Action française, 13 gennaio, 1938

La stessa sorte di Basillach aspettava l'editore belga Robert Denoël, anche se in passato aveva inserito nel suo catalogo Antonin Artaud, Louis Aragon, Roger Vitrac, Tristan Tzara, Jean Genet, Elsa Triolet, addirittura gli ultimi due dei sei numeri della rivista diretta da Andrè Breton Le Surréalisme au service de la Révolution rilevati dall'acquisto del fondo delle Editions des Cahiers Libres. Il punto dolente riguardava il fatto che oltre ai grandi romanzi di Céline, non aveva esitato a pubblicare gli opuscoli antisemiti di quest'ultimo come Bagatelles pour un massacre del 1937 (ritirato dal mercato nel 1939, anno in cui la Francia adotta la legge Marchandeau, e tradotto in tedesco con il terrificante, esplicito titolo Die Judenverschwörung in Frankreich)e quelli altrettanto ignobili di Lucien Rebatet. 


Ma la morte di  Denoël però ha preceduto l'esito che con molta probabilità lo avrebbe atteso al processo che era in programma la settimana seguente e in cui minacciava di rivelare come durante l'Occupazione il comportamento di molti suoi colleghi fosse stato analogo al suo, benchè questi signori non fossero stati indagati. A determinare la sua fine è stato un solo colpo partito da una pistola corta di grosso calibro, durante un'aggressione senza testimoni e senza scopo di rapina: nel portafoglio della vittima era stata trovata la considerevole cifra di 12.000 franchi. Era la sera del 2 dicembre del 1945 nei pressi di Rue de Grenelle (all'angolo con Esplanade des Invalides), subito dopo lo scoppio di un pneumatico della Peugeot 302 su cui viaggiava l'editore in direzione di Montparnasse, per assistere ad uno spettacolo in cartellone al Théâtre de la GaîtéLa polizia chiuse il caso con una curiosa frettolosità e la prestigiosa casa editrice Denoël passò nelle mani della sua amante Jeanne Loviton, che per lui aveva lasciato Paul Valery dopo una relazione durata sette anni e  dopo una movimentata vita da seduttrice che ha visto cadere ai suoi piedi, tra gli altri, Giraudoux, Saint John Perse, Malaparte, Pinay, Mendès-Francechesenza farsi mancare la femminista Yvonne Dornès. Céline la prenderà subito in simpatia come si deduce dal titolo con cui l'ha apostrofata: "una troia navigata". 

Riparato in Danimarca, Céline viene arrestato a Copenhagen, dopo undici mesi trascorsi in un appartamento  al 8 Kronprincessegade, e incarcerato per diciotto mesi in una cella d'isolamento a Vestre Faengsel. Una volta rilasciato lo scrittore si sposta in campagna  in due squallide baracche senza nè acqua nè riscaldamento, a Skovly d'inverno e nei pressi del Mar Baltico a Fanehuet d'estate, dove verosimilmente trascorre il tempo divorando i libri di un'altro imprecatore apocalittico, l'altro furioso, l'altro esiliato in Danimarca: Léon Bloy. Lì, insieme a Lucette al gatto Bébert e al pastore tedesco Bessy (abbandonato dai nazisti e adottato dalla coppia), rimase come "un leone in gabbia" (Lucette)  in attesa del suo processo in contumacia che si terrà in Francia, dove il suo avvocato Albet Naud Jean-Louis Tixier-Vignancour avrebbe dovuto difenderlo dalla terribile accusa inerente all’art. 75 a all' art. 83 del Code Pénal  modificato da una ordinanza del governo provvisorio della République Française. I delitti di cui doveva rispondere riguardavano il tradimento dello stato e potevano verosimilmente  prevedere anche la pena  capitale. Nella resa dei conti che seguì la LIberazione che furono eseguite ben 7.037 condanne a morte, che colpirono anche gli intellettuali ritenuti rei di “collaborazione con il nemico”, come Robert Brasillach, Jean Luchaire e molti altri, mentre 10.000 francesi caddero vittima di esecuzioni sommarie. In Francia la giustizia incomincia ad interessarsi a Céline nell'agosto del 1944 e sul giornale Le Populaire del 5 settembre, una delle testate di punta di Parigi che in quell'anno vantava una tiratura stimata in oltre 250.000 copie, lo scrittore figura in una lista di autori indesiderabili perchè implicati nel collaborazionismo: il giorno seguente su Le Canard enchainé appare l'articolo "Louis-Ferdand Céline ou le voyage au bout de l'anschluss...", in cui si parla per la prima volta della sua fuga in Germania. Il 16 settembre Les Lettres françaises inserisce il nome di Céline nella lunga lista di scrittori che essendo implicati nel collaborazionismo, vengono "epurati", quindi estromessi da qualsiasi forma di attività di pubblicazione. A questo provvedimento censorio provvedeva del Conseil national des écrivains (CNE), che inserì nelle sue liste anche uno scrittore pacifista come Jean Giono, forse perchè durante l’Occupazione scelse l’”emigrazione interiore”, e per questo fu anche incarcerato.

Les Lettres françaises, 16 settembre 1944

In Danimarca, dopo essere uscito dal carcere Céline risponde con tutta la sua verve velenosa a un articolo del filosofo che lui chiama "lo sciacallo che non sa ridere, Jean-Paul Sarte. Sartre lo aveva pubblicato sulla rivista Les Temps Modernes nel dicembre del 1945, dove, tra le altre cose il filosofo scrive “se Céline ha potuto sostenere le tesi socialiste dei nazisti è perché era pagato». Il pamphlet che si intitolerà À l'agité du bocal sarà stampato in 200 esemplari su un libretto curato dal giovane tipografo Pierre Lanauve de Tartas, che realizza così la sua prima pubblicazione, sfuggendo all’epurazione degli scrittori “Collaborazionisti” sarà compito del Conseil national des écrivains (CNE), che stenderà, democraticamente, degli elenchi di libri e di autori “impubblicabili”, mettendo all'indice anche uno scrittore pacifista come Jean Giono, che durante l’Occupazione scelse l’”emigrazione interiore”, e che fu anche incarcerato.


Nel frattempo Cèline si comporta con una strategia astuta che cerca di minimizzare le sue posizioni antisemite, ossessionato dall'idea che si avvicinava il momento in cui i suoi pamphlet urticanti gli sarebbero costati molto cari. Così, ad esempio in una lettera dal carcere danese inviata al Maître  MIkkelsen nel marzo 1946 si giustifica così: “Ho inventato io l’antisemitismo? Non abbiamo mai sentito parlare di […] Drumont, Gobineau, Vacher de Lapouge, Drault, Pemjean e mille altri? L’antisemitismo è antico quanto il mondo, e il mio, attraverso la sua forma scandalosa, enormemente comica, strettamente letteraria, non ha mai perseguitato nessuno. Il messaggio celiniano è chiaro: l'antisemitismo “scandaloso”, “comico” e “strettamente letterario” non può nuocere a nessuno". Sempre a lui scrive a luglio sembrando addirittura convertito al giudaismo: “gli ebrei stanno facendo esplodere gli inglesi in Palestina, hanno perfettamente ragione. Lunga vita agli ebrei! Nessuno può sostituirli. Più vado, più li rispetto e li amo. […] La prossima volta che vorrò sacrificarmi lo farò per gli ebrei".  Ma non è finita lì: addirittura, nel novembre successivo, difendendosi dalle accura rivoltegli dalla giustizia francese arriva a scrivere spudoratamente che "tutto sommato, onestamente considerato, senza passione, considerate le circostanze, gli ebrei dovrebbero erigermi una statua per il male che non ho fatto loro e che avrei potuto far loro . Mi perseguitano, io non li ho mai perseguitati". La sua posizione cerca di essere chiarita da lui stesso, sostenendo di essere un uomo di stile non di idee. Uno stile, apocalittico, sfrenato, disossato, distorto, forgiato da un Céline dilaniato dall'emicrania, paralizzato dai reumatismi in questo luogo idilliaco dove altri avrebbero trovato la pace, mentre lui ricrea nel suo capolavoro poco conosciuto, Féerie pour une autre fois (I e II) , il bombardamento a Montmartre nel maggio del 1944. Il mecenate Paul Marteau, fabbricante di carte da gioco, gli comprò a buon prezzo il manoscritto, non trascurando di farlo battere a macchina dalla fedele segretaria Marie Canavaggia. Marteau ospitò Céline nei primi mesi dal suo ritorno a Parigi e, soprattutto, orchestrò nella sua villa al Bois de Boulogne l'incontro tra lo scrittore e Gaston Gallimard. Il primo tomo di  Féerie fu pubblicato nel 1952 dall'editore ma fu un flop anche perchè Céline impone a Gallimard condizioni inpossibili per la sua promozione: niente pubblicità nè interviste. Lo atesso accadde nel 1954 con il secondo volume. La risurrezione evviene nel 1957 con D'un Chateau a l'autre questa volta curato dal redattore Roger Nimier che ha preso il posto di Paulhan con cui Céline ha litigato insultandolo. Nimier mette in moto la macchina della promozione di Gallimard preparando una brochure di otto pagine e organizza un'importante intervista con Madaleine Chapsal di L'Express che metterà in moto anche l'interesse della televisione e "la biblioteca notarile del Poitou, la celebre Pléiade che però lo pubblicherà solo nel 1963.


Céline in Danimarca, 1948

Ritornando al tema di questo post dopo la digressione riguardante le vicende editoriali di Céline nel periodo del suo ritorno in Francia, oltre ai tre esempi portati in precedenza, esiste una moltitudine di scritti che hanno lo stesso tono sconcertante rispetto a quanto era stato pubblicato sui pamphlet antisemiti, amplificando una spirale che si era timidamente annunciata già nel '43 quando per il Terzo Reich le cose stavano volgendo al peggio. Ne aggiungo un'ultima, con la riflessione che Céline scrive al suo avvocato Albert Naud nell'ottobre 1948, dove si legge che il suo “unico crimine è il vigile patriottismo” e precisa: “l'antisemitismo? Non si tratta di antisemitismo, ma di filoarianesimo , tutto qui. […] Ma non sono mai stato un mangiatore di ebrei . Céline fu processato per collaborazionismo coi nazisti dal giudice Zousman della Cour de Justice de la Seine a Parigi nel 1950, mentre lui era ancora in Danimarca: la sentenza aveva stabilito la pena di un anno di prigione, 50.000 franchi di ammenda, la confisca della metà dei suoi beni presenti e a venire, e infine l'umiliazione dell'indignité nationale La rivista anarchica Le Libértaire realizzò un'inchiesta tra gli intellettuali con propensioni libertarie per scoprire cosa ne pensassero del processo. (L'articolo che ne risultò è stato ristampato di recente nella rivista A Contretemps (Parigi), no. 40 (2011). Tra i nomi chiamati in causa, quelli di  Louis Pauwels, Marcel Aymè, Jean Dubuffet, Renè Barjavel e persino di Jean Paulhan che scrive: " se l'anarchismo è un crimine, venga fucilato, altrimenti lasciamolo stare una volta per tutte". Va sottolineato che la maggioranza degli interpellati supportava lo scrittore contro la “repressione” esercitata dallo stato, ed era anche d'accordo in quasi tutti i casi sul valore letterario dell'opera di Céline e, più in generale, del valore del suo ruolo come autore di pubblicazioni anticapitaliste. 

Céline durante il processo di Parigi, nel 1950

Il 20 aprile 1951, grazie alle manovre del suo avvocato di estrema destra Tixier-Vignancour che presenterà un dossier in cui si attesta la sua medaglia militare, la sua invalidità di guerra, il suo stato di servizio e una nota in cui il Commissario del Governo Charasse si diceva favorevole ad accogliere la domanda di amnistia, Céline finì per beneficiarne dopo la decisione del Tribunale Militare. 



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