Un documentario sull'inattuale Renoir
Phil Grabsky ha diretto un documentario su Pierre-Auguste Renoir accompagnando gli spettatori alla Fondazione Barnes di Philadelphia dove sono esposti 181 dipinti dell'artista di Limoges, una concentrazione che non ha rivali nel mondo. Albert C. Barnes, attraverso i suoi successi economici nel campo dei medicinali ha potuto permettersi di donare alla principale città della Pennsylvania il museo dove è collocata questa galleria di dipinti, accompagnati da 69 Cezanne, 59 Matisse, 46 Picasso, 16 Modigliani e 7 Van Gogh. Il collezionista ha patito una particolare ossessione verso Renoir accaparrandosi un ingente numero di opere che, purtroppo per lui, appartengono al periodo in cui il controverso maestro dell'impressionismo aveva intrapreso una deriva di maniera, risultando meno interessante di quanto lo fosse stato all'epoca leggendaria dei Salon parigini.
Una sala della Barnes Foundation |
La svolta ha una precisa coincidenza con il suo ritorno dal viaggio in Italia (1881-1882) in quanto da quell'esperienza, l'artista sposta radicalmente la sua ispirazione dai memorabili soggetti parigini verso temi più classici in cui è protagonista il nudo femminile nella natura, interpretato con voluttuose pennellate più materiche. E' un passo indietro se partiamo dal presupposto novecentesco che esige dall'artista una ricerca estetica innovativa: e questa è la posizione pressochè unanime presa dalla critica verso le opere del tardo Renoir. E' un passo laterale se consideriamo invece la formidabile influenza che queste opere hanno avuto su Matisse e Picasso. Perchè? Perchè la loro composizione è senza tempo.
Gli abiti, le situazioni, l'architettura ottocentesca che riprendeva la vita coeva durante l'apogeo impressionista, avevano lasciato il posto al nudo femminile e ad una natura che sprigiona un'aura mitologica anche con elementi di astrazione: e questo era interessante per un Picasso o un Matisse in quanto interpretare un soggetto diffuso fino all'usura, consentiva loro di utilizzare un linguaggio personale ed avere immediatamente un parametro comparativo. Purtroppo, se potersi soffermare su particolari ingranditi di certi dettagli è sicuramente un'occasione interessante, sotto il profilo dell'analisi critica, il film di Grabsky è veramente imbarazzante. Infatti le testimonianze degli esperti intervistati, seppur dalle didascalie fossero indicati come collaboratori di istituti e quotidiani prestigiosi, hanno ridotto la prospettiva delle loro tesi ad un chiacchiericcio ripetitivo con argomenti sfuocati se non fuori fuoco.
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Barnes Foundation |
Addirittura la continua ripetizione del nudo femminile di Renoir, nasconderebbe un malcelato comportamento vizioso da parte del pittore: ci si domanda, ma allora Ingres, Fragonnard, Courbet, e molti altri appassionati del nudo femminile...sono tutti debosciati?). Oppure il discredito delle opere tarde è dovuto ad una lettura femminista che identificava nel nudo femminile un'oggettivazione del corpo. Bastano queste due perle per immaginare il tono degli altri interventi. Visto che i il titolo scelto per il film è stato "Renoir: oltraggio e seduzione", viene facile dedurre come l'oltraggio riguardi i commenti che punteggiano le riprese e la seduzione riguardi le splendide immagini dei dipinti.
Per questo credo che si è persa un'occasione per sviluppare il tema dell'inattualità di Renoir nella sua epoca post impressionista, con un'analisi comparata ad opere coeve. Così sarebbe stata provata la tesi sostenuta dai commenti secondo cui, sostanzialmente, la collezione Barnes è sì la più corposa quantitativamente ma è contemporaneamente una raccolta Renoir meno interessanti. Bastava per esempio analizzare il classico soggetto delle bagnanti, comparando le opere dello stesso periodo realizzate dai due ammiratori di Renoir, Picasso e Matisse, inserendo nella dialettica anche Cezanne che è per molti versi l'opposto e il complementare a Renoir.
Mr, Albert C.Barnes in una sala della sua fondazione |
Cezanne realizza tra il 1898 e il 1906 otto diverse tele con il tema delle bagnanti. Le grandi bagnanti, che è l'ultima, è un'opera dove il primitivismo ed il razionalismo convivono in un equilibrio magico.
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Paul Cezanne, Le grandi bagnanti, 1906 |
Picasso realizza le Demoiselle d'Avignon nel 1907 inaugurando con questo dipinto che è tra i più significativi del '900, il cubismo: quest'opera deriva chiaramente dal trittico di Cezanne ma cambia il quadro della scena: non siamo di fronte a bagnanti nella natura, ma a prostitute in una casa d'appuntamento.
Nel 1907 è Matisse a riprendere il soggetto delle bagnanti con uno stile espressionista, per un quadro intitolato Le bonheur de vivre, dove le figure stilizzate e deformate in una prospettiva bidimensionale, sono immerse in un contesto che ricorda Gauguin e la sua vivacissima tavolozza polinesiana.
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Pablo Picasso, Les demoiselle d'Avignon, 1907 |
Nel 1907 è Matisse a riprendere il soggetto delle bagnanti con uno stile espressionista, per un quadro intitolato Le bonheur de vivre, dove le figure stilizzate e deformate in una prospettiva bidimensionale, sono immerse in un contesto che ricorda Gauguin e la sua vivacissima tavolozza polinesiana.
Le bonheur de vivre, Henry Matisse, 1907 |
Le grandi bagnanti, Pierre-Auguste Renoir, 1887 |
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Le bagnanti, Pierre-Auguste Renoir, 1918 |
Credo che la lettura delle immagini sia la rappresentazione palese di come Renoir, ad un certo punto della sua vita abbia preferito esprimersi attraverso un'arte che non aveva più nulla di contemporaneo, concentrandosi sul tema che nella sua casa di Cagnes sur Mer, gli era piombato in casa. La giovane modella Andrée Heuchling, l'ultima, che con i suoi luminosi capelli rossi ed una grazia delle forme ha infuso un nuovo estro al vecchio maestro.
Diventerà la moglie del figlio Jean appena tornato dal fronte della Grande Guerra e destinato a una brillante carriera di regista cinematografico...e nelle prime due opere (Fille de l'eu e La petite marchand d'allumettes) la moglie recitò la parte della protagonista. Sono convinto che il film "Renoir" di Gilles Bourdos dove vengono raccontati gli ultimi anni del pittore, renda il giusto merito alla sua figura e alla sua opera, rispetto al lento, noioso, tecnico e fuorviante documentario di Phil Grabsky dopo il quale viene da chiedersi con una specie di brivido: ma è questo il livello della critica d'arte statunitense? Meglio concludere con un'altra bagnante che, probabilmente, non farebbe pensare ai critici statunitensi di essere di fronte all'opera di un pervertito.
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Bagnante, Jean Mirò, 1925 |
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