Pierre Rabhi e l'oasi che non c'è
De ses propres mains, Pierre Rabhi a transmis la Vie au sable du désert... Cet homme très simplement saint, d'un esprit net et clair, dont la beauté poétique du langage révèle une ardente passion, a fécondé des terres poussiéreuses avec sa sueur, par un travail qui rétablit la chaîne de vie que nous interrompons continuellement". Yehudi Menuhin
Fondatore di Colibris, Mouvement pour la Terre et l'Humanisme, riconosciuto esperto internazionale dei problemi inerenti alla desertificazione, Pierre Rabhi è un pioniere dell’agricoltura ecologica in Francia che lui stesso descrive così: "l’agroécologie è molto più che una semplice alternativa agronomica ; essa è legata ad una dimensione profonda del rispetto della vita e sostituisce l’essere umano nella responsabilità al riguardo del vivente.
Quindi, la presa di coscienza è lo strumento necessario e propedeutico a interrompere il degrado del nostro pianeta che si sta rapidamente trasformando in un inferno di sofferenza e distruzione. I’invito è quello di uscire dal mito della crescita indefinita per inaugurare una nuova etica di vita verso una “sobrietà felice”….temi che abbiamo imparato ad apprendere dalle teorie sulla decrescita, ideate da un altro personaggio certamente più mediatico di Babhi: Serge Latouche.
Mantenendo toni pacati, sia nella scrittura che nell’attività di conferenziere, Rabhi continua la sua marcia verso la solidarietà e la fraternità che ha come traguardo l’utopia di un mondo degno della migliore intelligenza, capace di aspirare a quel punto di equilibrio dove l’umanità e il cosmo, come il Nord e il Sud, possono riconquistare un’armonia che lo sviluppo industriale, con le sue aberrazioni tecnologiche, ha permesso di smarrire per glorificare il profitto.In un passaggio del suo libro Le Recours à la Terre (Éditions Terre du Ciel, Lyon, 1995) leggiamo: “ la natura resta una costante, un punto di riferimento portatore di certi segni e di leggi rigorose suscettibili di aiutarci a ritrovare un po’ di equilibrio….l’accelerazione e l’efficenza senza limiti sono incompatibili con la realtà vivente e cadenzata da cicli biologici e cosmici.”
Parole che suonano sagge e critiche verso una civilizzazione che vuole dominare la Terra, mutilandola, torturandola e desacralizzandola. Forse i popoli dei paesi sviluppati come siamo noi europei, poco sanno della sofferenza e dell’abbandono che colpisce il Sud del mondo, sottomesso alla spirale infernale e disastrosa del produttivismo agricolo orientato a soddisfare e implementare il sovraconsumo in società senza gioia e non senza miserie materiali come la nostra.
Per godere la bellezza della “sinfonia della vita”a cui tutti siamo invitati, Rabhi pone delle domande alla nostra coscienza rimettendoci in contatto con quello che manca di più nel nostro mondo: l’umano, l’umanesimo, l’umanità…parole che etimologicamente rimandano alla parola humus, vitamina della terra indispensabile che assicura la nostra sopravvivenza. La riflessione è rivolta soprattutto ai giovani, affinchè realizzino la speranza di riconciliare l’umano con la natura, coltivando in ogni luogo dove vivono, "un’oasi di umano nel deserto dell’inumanità”.
Nella riconciliazione con l’umanesimo Rabhi vede la via per innescare una forza di liberazione psichica e morale che è anche un atto politico di legittima resistenza contro quella formidabile macchina di distruzione del pianeta e di alienazione umana che è il capitalismo bulimico, oggi degenerato nel cannibalismo liberista. La ricetta comporta azioni concrete indirizzate in favore della sobrietà, valore di equilibrio e di benessere improntato ad una forma di semplicità che annuncia la leggerezza, la serenità e la felicità. Tutto può veramente dipendere da noi… e secondo Rabhi i tempi sono maturi per liberarsi dalla condizione artificiale in cui l’uomo si è auto imprigionato, dando vita a oasi di benessere e gioiosa sobrietà.
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