Argentini di Lombardia: il tango “del otro lao”




Il moltiplicarsi delle opportunità, la facilità con cui ci si può inventare produttori di se stessi, la naturale ambizione a conquistarsi il quarto d’ora wahroliano di celebrità, il fenomeno del tango che ha coinvolto anche le nuove generazioni, sono alcuni dei principali fattori favorevoli al proliferare delle cantanti di tango. Come è facile immaginare, i risultati di questo nuovo esercito di voci, sono fatalmente alterni anche per quelle di puro pedigree bonaerense. Una tra le più convincenti sulla scena è  Paola Fernandez dell’Erba, marplatense che dai anni vive e lavora in Italia. 
Ed è in questa seconda patria, condivisa con tanti connazionali, che Paola ha inciso il suo ultimo cd intitolandolo appunto “Del otro lao”, cioè dall’altro lato di quell’oceanica distanza che separa l’Argentina dall’Italia. E in fondo, questo suo lavoro discografico dal titolo di cortazariana memoria, non documenta atro che la necessità di rendere la vita vitale, facendosi voce e musica di un procedere per schietti passaggi di autenticità autobiografica. 
In questo senso, non è stato necessario realizzare particolari alchimie concettuali, ma un manufatto dove si proietta la vibrazione dell’ispirazione, ritmo “in battere” e “in levare” del respiro e del cuore. 
Ciò non significa che il risultato artistico si limiti a giungere all’ascoltatore come una musica semplice o ancora peggio scontata, perché tra le sue pieghe si agitano aloni segreti, s’irradiano tinte e ombre, si annidano trasparenti riverberi e si riflettono iridescenti fate morgane: piccoli miracoli che il vero tango offre pur conservando la sua essenza di cultura popolare. Questo dono, è ancora più prezioso quando alla sua sostanza inquieta si somma il senso narrativo che i parolieri del tango hanno intrecciato alle melodie immortali composte dai suoi autori. 
Poeti del tango capaci di ideare situazioni che dalla letteratura popolare sanno passare alla vita con la rapidità di una vertigine. 




A questo proposito ascoltiamo i dieci gioielli raccolti nel cd, incantati per come Paola sa fare suoi i versi,trovandone la cadenza più adatta al proprio respiro, sentendoli procedere nel loro suono e in quel loro ritmo che è come una vera e propria forma di vita. 
Così il suono ritmico di eccelsi poeti quali Discepolo, Manzi, Exposito, Ferrer, Castillo, Contursi,… si sposta in quello della loro interprete, stabilendo una risonanza spirituale che giunge al nucleo dei sentimenti. Sono essi a nutrire un’interpretazione dove la voce sembra raccogliere nella sua espressione, il tattile, l’olfattivo, il visivo, lasciando decantare il vissuto, dando forma ai sogni, modulandosi empaticamente con il pianoforte di Hernan Fassa che svela la sua impronta stilistica originale ed insieme rispettosa del linguaggio tanguero
Paola condivide con lui uno spazio d’intesa che conserva la ruvida porosità delle parole e delle note, nell’orizzonte di leggerezza dove si pratica il gusto magico dell’azzardo, corteggiando i rischi del confrontarsi con i classici supremi e decisivi del tango. E di tutta la leggerezza del bianco si tinge la fotografia di copertina, magnificamente realizzata da Paolo Araldi che come un medium ha trasferito in un’immagine il significato di ciò che attende l’ascoltatore. 
Bianco il muro, ricamato dai casuali segni del tempo; bianchi la camicia e l’abito dei due protagonisti ripresi di profilo: intenso e diritto quello di Hernan, delicato e timido quello di una Paola resa floreale da un delizioso disegno a inchiostro. Il bianco che la natura notturna del Tango ha sempre sentito estraneo, ma che in questa occasione sembra addirittura indispensabile. 
Lo è perché ci troviamo di fronte ad una sorta di elogio alla purezza che nell’aspetto musicale sentiamo declinarsi con la complice trasparenza interiore accesa tra i due interpreti. E quello che palpita all’unisono è l’emozione comune di condividere una sorta di irrimediabile distanza, vale a dire quella che i due protagonisti sentono nel vivere, cantare, suonare “dal otro lao” la loro musica nativa. 
Per entrambe, il repertorio registrato è uno dei tanti possibili viaggi del pensiero che, illuminato dalla fiammella della grazia, fa ritrovare le tracce di un’identità irrecuperabile se non dalla lontananza. Per questa ragione, i dieci gioielli registrati testimoniano l’incontro artistico dei due artefici nella forma essenziale del duo, peraltro già sperimentata in passato con successo da altri grandi interpreti. Ne scaturisce un’atmosfera che raramente la proiezione contemporanea e universale del tango ha saputo documentare, fuori dall’Argentina, in maniera così vera. 
Considero quindi un privilegio essere cullati tra le bolle impalpabili e gli echi di questo cd, per farsi trascinare nei voli fatali della rêverie a cui ci invita la musica e nella danza rapinosa delle immagini evocate dai testi poetici. 
In un silenzioso e drammatico esegro, Paola ed Hernan hanno deciso di raccontarci con le parole di Manuel Castilla che “la vita, la unica vita sta nel cielo grigio del pomeriggio, andandosene”. 
Oggi, in un pomeriggio grigio di Lombardia autunnale, l’infinitesimo della mia unica vita che se ne andava, non poteva essere speso meglio: scrivendo le impressioni su questo cd di Paola ed Hernan, che sà dare un senso alla vita che se ne va.

Commenti

Post più popolari