THE CONCERTS, PRIMATISTI DI INSUCCESSO DISCOGRAFICO
Lexington è una cittadina dell’Alabama dove agli inizio egli anni ’60, Woody Richardson istalla uno studiolo di registrazione domestico e crea un’etichetta discografica che chiamerà Woodrich Records. Il produttore incoraggia i The Concerts a cimentarsi nell’incisione di un long playng mettendoli nelle sapienti mani del sound engineer Ken Beavers, per una storica sessione che testimonierà gli inizi di una carriera fulminante che la scrupolosità con cui è stata realizzata la copertina faceva presagire. Nella foto, due ragazzoni che hanno scelto con cura la più raggelante camicia all’ultima moda, accompagnano rocciosi e cocciuti con una Gibson ES-335TD e un Fender Jazz Bass, la grazia di una fanciulla in fiore. Lei sembra orgogliosa del suo abito morigerato che non ha nulla di proustiano ma ricorda meglio Rossella O’Hara. Non è assolutamente impacciata dal peso dell’acconciatura che una donna può sopportare solo come prezzo per la sua bellezza. Per completare il quadro di tanto sforzo estetico, la pettinatura fa scendere da lassù due lunghe trecce che finiscono per incorniciare un visino monello. A tutti coloro avvezzi all’arte, non può essere sfuggito come la sua grazia avrebbe ispirato un ritratto a Lorenzo Lotto, come quelli enigmatici che dopo le idealizzazioni di Tiziano hanno segnato il ritorno franco della realtà. Nulla è lasciato al caso, vista l’importanza della produzione. Il marketing è poderoso. Così un attento studio di mercato fa emergere l’opportunità di utilizzare uno sfondo che faccia risaltare i protagonisti nella foto da pubblicare in copertina. La soluzione è geniale: viene scelto un anonimo paesaggio dove The Concerts sono sul prato prominente una boscaglia. Anche sulla scelta del font, l’attenzione è massima. Lo studio fa scegliere un carattere tipografico che richiama in rosso quello del New York Times. L’idea del grafico è inattaccabile: è necessario conferire quel prestigio necessario a distrarre dall’idea che il prodotto sia provinciale. Ma trascura un dettaglio fondamentale e cioè che l’imponenza metropolitana di quel richiamo newyorkese è contraddetta dall’aria bucolica che nemmeno la ricercatissima eleganza dei nostri The Concerts riesce a neutralizzare. E’ una confusione favorita dall’entusiasmo che in alcuni casi inibisce senza speranza la ragione o è il geniale gesto che anticipa certa arte concettuale, superando sdegnosamente la pop art? E qui si vedono tutti i limiti della critica. Nessuno si è fermato a riflettere per formulare la teoria necessaria a spiegare tanto spaesamento. Intanto la macchina della produzione era partita e la Woodrich Records festeggiava insieme agli artisti il suo primo long playng che sarebbe stato l’unico dopo il fracasso economico da cui Richardson non si è potuto sollevare se non con il singolo di Malcom “Hi Pockets” Miller dove figurava, sulla facciata A, Susie's Poodle Dog….la storia di Susie, e del suo barboncino rosa, che risuonava per le strade di Lexington fuoriuscendo dai mangianastri domestici e dai saloni affollati dei parrucchieri. The Concerts apparvero e scomparvero allo stesso momento con il loro disco “Oh What A Savior”. Il bassista, con l’irresistibile charme comune a tutti i membri della categoria… e ancor più facilitato dalla vaga somiglianza ad Antony Perkins, conquistò il cuore di una donna che sembrava a tutti gli effetti irraggiungibile. Lei folgorata da un cupido burlone, aveva smesso i suoi incerti gorgheggi a indirizzo divino per dedicarsi alle ripetute attenzioni sessuali che gli dedicava il suo partner, allegrie che gli dettero la gioia di procreare quindici volte. L’avete riconosciuta? E’ lei: l’affascinante musa dei The Concerts! Il chitarrista, dopo una dieta da cavallo e grazie all’intensità magnetica di uno sguardo che solo lui riteneva irresistibile, ça va sans dire, provò a intraprendere la strada del cinema trasferendosi nella banlieu di Hollywood. Pochissime particine e solo suonando la chitarra durante feste di passaggio al bordo di piscine turchesi o in scene dove l’attenzione del pubblico era calamitata dai veri protagonisti della pellicola. Deluso, si reinventò barman con obbligo di chitarra. Scoprì di essere omosessuale. Morì alcolizzato. Lasciando questo resoconto melanconico, e tornando ai tempi del brevissimo sodalizio dei The Concerts, va sottolineato che l’inciampo discografico in cui è incappato Woody Richardson e la sua Woodrich Records un suo primato l’ha strappato anche alle major e di agilità: quello dei long playng meno venduti nella storia dell’industria discografica statunitense. Pochi parenti, neanche tutti; il Pastore della Green’s Chapel di Lexington in nome della misericordia; qualche confratello che ascoltava i The Concerts, ammirato, durante le funzioni religiose della comunità; una parrucchiera.
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